a canestro
L'Italia del basket è un'esperimento che funziona
Con il capolavoro sulla Spagna, Gianmarco Pozzecco ha trovato e forgiato la propria riserva aurea. L'ultima follia del coach azzurro è stata quella di tentare di replicare il gruppo dell’Europeo con un pugno di ragazzini al debutto o quasi in Azzurro. C'è riuscito
Annunciate le convocazioni c’era perfino chi brontolava. Commento dell’utente medio sui social: “Va bene, ai Mondiali siamo già qualificati, però così andiamo a fare figuracce”. E invece. La Nazionale italiana di basket dimostra che si può essere giovani e belli, cinici e sperimentali, consapevoli e sognatori. È il nuovo capolavoro di Gianmarco Pozzecco, che dopo un Europeo da antologia chiude col botto le qualificazioni al torneo più prestigioso. E per certi versi l’impresa è ancora più notevole: un conto è riuscire a far giocare alla morte dei cestisti maturi, abituati ai palcoscenici di Eurolega o Nba; tutt’altra cosa è ripetersi, iniettando quello stesso spirito in un gruppo di ragazzini alle prime armi. Perché questo erano gli Azzurri che domenica hanno vinto 72-68 in casa della Spagna campione d’Europa e del Mondo in carica.
I segnali positivi c’erano stati, qualche giorno prima. Ma se nel successo sull’Ucraina a tirare la carretta ci aveva pensato la vecchia guardia (Mannion-Spissu-Tessitori, 60 punti su 85 totali), in Estremadura è andato in scena un copione inedito. Protagonisti mai visti, clutch-player inaspettati. Su tutti Guglielmo Caruso, agile centro della Pallacanestro Varese da 19 punti e 7 rimbalzi. E Davide Casarin, figlio d’arte scuola Reyer Venezia, che al debutto assoluto in Nazionale ha toccato la doppia cifra in appena undici minuti sul parquet. Il primo è un classe 1999, l’altro un 2003. Insieme a loro hanno brillato Severini, Bortolani, Visconti, Diouf, Woldetensae: hanno tutti tra i 21 e i 26 anni, il più avviato veste la maglia di Tortona. Nessuno, in Azzurro, aveva disputato più di dieci partite totali. Spissu e gli altri si sono limitati a fare da chioccia, perché la macchina filava che era un piacere.
Per questo, quando a fine partita dice che “i miei ragazzi giocano con il cuore”, il Poz va capito. È una retorica abusata a qualsiasi latitudine dello sport, ma questa Italia vale bene un’eccezione. Altrimenti non si spiega, dati alla mano. L’ultimo successo sulla Spagna risaliva al 2015 e portava la sontuosa firma delle superstar Nba (Bargnani, Belinelli, Gallinari). Oggi è cambiato tutto. Quest’ultimo match avrà avuto il valore di un test anche per la Roja di Sergio Scariolo, già prima in classifica e capace di difendere in volata la differenza canestri (amen). Ma tra le due squadre del futuro, con tanto di +15 in apertura di quarto periodo, ha fatto meglio la nostra. Considerata la profondità del movimento cestistico iberico, non è un dettaglio da poco.
E adesso? Da qui al 25 agosto, sarà solo preparazione ai Mondiali di Filippine-Giappone-Indonesia. Già blindati con due turni d’anticipo. Così per quest’ultimo round di qualificazione, per scelta tecnica o forza maggiore, il coach ha potuto guardarsi attorno. E risparmiare la fatica ai vari Pajola, Fontecchio, Tonut, Polonara, Melli, Datome. I pretoriani dell’Eurobasket, insomma. Molti di loro saranno all’ultima grande occasione dopo anni di onorata carriera in azzurro. Senza contare il doppio sogno americano: Danilo Gallinari, se recupererà dal grave stop al crociato, e Paolo Banchero, se effettivamente deciderà di abbracciare la Nazionale.
Pozzecco ne dovrà scegliere dodici. E venire insidiato dall’abbondanza sarebbe senz’altro uno scenario per cui mettere la firma. Di certo, le nuove leve sono le prime a saperlo: in pochi, forse nessuno, farà parte della grande spedizione. Ma in caso di infortuni altrui, imprevisti o defezioni last-minute, il Poz sa già di poter contare su una riserva aurea forgiata su misura. A immagine e somiglianza di un allenatore che a furia di grinta e convinzione per poco non sorprendeva l’Europa. Chissà il mondo, presto.
Il Foglio sportivo - In corpore sano