ciclismo
Parigi-Nizza. Jonas Vingegaard-Tadej Pogacar, primo atto
Lo sloveno ha staccato il danese nella quarta tappa della corsa francese. Fino a domenica le loro strade procederanno parallele, poi si divideranno per rincontrarsi al Tour de France.
L’appuntamento giusto, quello che si erano dati e segnati fin dal luglio di un anno fa, è francese ed estivo. Tour de France, anno del Signore 2023. È uno spreco però dover aspettare così tanto. Lo sapevano i tifosi, lo sapevano pure i diretti interessati. E così si sono concessi una prova tecnica di trasmissione, un regalo che quei due, Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, hanno deciso di fare agli appassionati del ciclismo e soprattutto a loro stessi. Hanno deciso che la Parigi-Nizza poteva essere una buona occasione per incrocare le loro ruote. Hanno deciso che i sei virgola otto chilometri de La Loge des Gardes potevano essere un buon palco per far vedere cosa sanno fare.
Poteva non esserci tutto questo. Poi lo sloveno ha preferito correre in terra francese, dando buca alla Tirreno-Adriatico. Ha cambiato piani, consapevole che a lui serviva soprattutto una cosa in questo inizio di stagione: dimostrare all’altro, e forse soprattutto se stesso, che la seconda posizione in classifica al Tour de France 2022 era una posizione in meno di quella che meritava. Ovviamente Jonas Vingegaard è di opinione opposta.
Poteva non esserci, c’è stata. E ha detto quello che voleva sentirsi dire Tadej Pogacar e quello che invece non voleva sentirsi dire Jonas Vingegaard. Il danese ha attaccato lo sloveno presto, per concedere loro il “lusso” di una passerella lunga cinque chilometri. Non è andata come da piani del corridore della Jumbo-Visma. Sono rientrati i terzi quarti e via così incomodi. Addirittura David Gaudu ha provato a prendersi la scena. Poi lo Tadej Pogacar ha pensato che tutto questo non andava bene, ha attaccato, ha staccato Jonas Vingegaard: uno scatto secco a millenovecento metri dal traguardo. Uno scatto nel momento giusto, quello, l’unico, nel quale il danese s’era leggermente distratto. Ha provato a inseguire Jonas Vingegaard, era quasi riuscito a raggiungere lo sloveno, non ce l’ha fatta. Lì è sopraggiunta la fatica e forse un po’ di sconforto. Basta poco a volto per impallare le gambe e quelle del danese si sono indurite più del necessario: ha superato la linea d'arrivo con quarantatré secondi di distacco.
Quarantatré secondi che vogliono dire tanto e allo stesso tempo non vogliono dire niente. Un po’ perché è la Parigi-Nizza e non il Tour de France; un po’ perché siamo a marzo e non a luglio; un po’ perché Jonas Vingegaard è corridore che ha bisogno di più strada di Tadej Pogacar per trovare il ritmo giusto e il meglio lo dà su salite lunghe.
Tadej Pogacar ha vestito la maglia gialla della Parigi-Nizza. Ha piacere a vestire la maglia gialla. Lo stesso piacere che prova Jonas Vingegaard e che vorrebbero provare, probabilmente, anche tutti gli altri. Con quei due in giro tutto si complica, si sa mai però in corsa. A volte i più forti si guardano, si studiano, considerano nulla all’infuori di loro due. È andata così molte volte in passato. Difficile che accadrà a loro: non è mai stato affar loro l’attesa, il voyeurismo di coppia. È andata sempre così finora, con ogni probabilità continuerà allo stesso modo. Anche a questa Parigi-Nizza, che dopo aver provato a restaurare la cronometro a squadre – missione non del tutto superata –, ora vuole godersi il tentativo di ribaltamento di quello che la scorsa stagione ha detto.
Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar hanno mesi davanti per confermare e ribaltare quello che ha messo in scena la quarta tappa delle Parigi-Nizza. Mesi nei quali scatteranno e cercheranno vittorie uno lontano dall’altro almeno fino al Tour de France. Perché è quello il grande obbiettivo: replicare alla prossima Grande Boucle quello che hanno messo in scena alla scorsa, meravigliosa, edizione. Rendere il loro duello il grande duello di questi anni. E chissà, magari un giorno estenderlo a Remco Evenepoel, Egan Bernal e a chiunque voglia prendere parte alla sfida. Perché per questa generazione di corridori vale soprattutto una regola: più siamo e meglio è, a dirla con Rosa Chemical.