Ma torna?
Paul Pogba è l'incertezza della Juventus
Il francese non ci sarà nemmeno stasera, per gli ottavi di ritorno d’Europa League a Friburgo. La storia della sua stagione è lo specchio di quella bianconera. Si attende il suo ritorno in campo, così come si aspettano sentenze e ricorsi. Nel frattempo si naviga a vista
E pensare che per arrivare a Torino, ha rinunciato al Paris Saint-Germain e a qualche milione. Secondo alcune ricostruzioni avrebbe potuto pure andare al Real Madrid. Invece l’estate scorsa ha scelto Torino, una scelta di cuore, doveva essere il punto cardine del nuovo corso. Doveva essere insomma la Juventus di Paul Pogba: uomo immagine e di sostanza, respiro internazionale, già campione del mondo, quel centrocampista che ai bianconeri mancava, appunto, dai tempi di Paul Pogba - del ragazzone arrivato giovanissimo da Manchester, quel Pobga.
Ci si è messa di mezzo la sfortuna, certamente. E forse non solo quella. Tanto che a un certo punto della stagione la domanda non è stata più: “Quando torna a giocare?”. Piuttosto: "Siamo sicuri che torna?". Così la Juventus effettivamente è diventata un po’ la Juve di Pogba. Ma non nel senso che ci aspettava, s’intende. Per paradosso il centrocampista francese ne è diventato il simbolo: di quello che non funziona, di quello che non ha funzionato. Dell’incertezza che accompagna le vicende bianconere, in campo e fuori.
Il francese non ci sarà nemmeno stasera, per gli ottavi di ritorno d’Europa League a Friburgo, dove la squadra di Massimiliano Allegri proverà a difendere il vantaggio di misura maturato all’Allianz stadium. Fuori per infortunio, un’altra volta: un problema gli adduttori e 20-30 di stop. Forse. Chissà. Perché sin dall’inizio della stagione Pogba insegue i tempi di recupero, con il ritorno sul prato verde perennemente ritardata. Complicanze su complicanze.
“Scusate, non ho la testa”, ha detto il campione (ex?) ai tifosi che gli chiedevano un autografo all’uscita dal J-medical pochi giorni fa, dopo l’ultima diagnosi. Troppo grande la delusione per un nuovo infortunio e l’aria mesta, quasi smarrita. Un po’ la stessa dipinta sui volti dei bianconeri dopo una sconfitta. Anche quando il risultato negativo arriva nel mezzo di un periodo buono, anche quando si arriva da un filotto vincente. Basta un nulla ed è tutto da rifare.
Vale per l’infortunato di lusso, vale per la società bianconera costretta a inseguire un ricorso – quello sulla penalità di 15 punti legata al caso plusvalenze – e ad attendere una sentenza, la prossima, relativa alla manovra stipendi per capire lo stato dell’arte. Sarà anche per questo che Allegri ha voluto sottolineare come la Juventus “è seconda” in campionato. Lo dicono i punti ottenuti, ma lo rinnega la classifica.
Il mister cerca punti fermi, indispensabili per un finale di stagione in cui la squadra di Torino, tra Coppa Italia ed Europa League, può ancora dire la sua. Punti fermi che avrebbero dovuto essere i piedi e la visione di gioco di Pogba e che invece ha dovuto cercare in quei due giovani di sicuro talento, ma ancora un po’ acerbi, che sono Fabio Miretti e Nicolò Fagioli. O in Adrien Rabiot che un po’ alla volta – e probabilmente con un certo ritardo - si è fatto spazio tra le critiche, prendendosi la Juve, a suon di prestazioni e pure di gol. L’ex Psg è però in scadenza: pare che a Torino stia bene ma il rinnovo per il momento non è in agenda. “Se ne parlerà a fine stagione”, ha fatto sapere. Dipenderà molto, se non tutto, da quel che ne sarà della Juventus. Se giocherà in Europa la prossima stagione e quale coppa. Ragionamenti su cui pare arrovellarsi pure Angel Di Maria.
Eccola di nuovo, l’incertezza. Che a ben vedere, è la stessa con cui è stato gestito il primo infortunio di Pogba, quello al ginocchio durante la preparazione estiva. Si era scelta la terapia conservativa, per evitare l'operazione e giocare i Mondiali del Qatar. E' finita con il calciatore sotto i ferri qualche mese dopo, niente Doha e tempi di recupero inevitabilemente più lunghi. Era il presagio di quel che sarebbe stato, e non solo sul rettangolo verde. Da allora, il centrocampista è sceso in campo per 35 minuti complessivi, subentrando contro Torino e Roma.
Alla Juve lo aspettano, lo aspetteranno ancora, nonostante non sia mancata una certa insofferenza. Così come si attendono le decisioni della giustizia, che potrebbero rianimare o far precipatare ogni residua prospettiva. Nel frattempo "conta il campo", per usare un concetto caro ad Allegri. Ovvero: si naviga a vista.