Foto Epa, via Ansa

dopo i sorteggi

Lisbona si gode l'Europa. Benfica e Sporting sono due capolavori aziendali

Francesco Gottardi

Affronteranno Inter e Juventus, ai quarti di Champions ed Europa League. Ci sono arrivate comprando bene e vendendo meglio, anno dopo anno: se tre indizi fanno una prova, tre portoghesi figurano fra le prime otto squadre di questa speciale classifica. E la guida il Benfica

Lisbona spera. Non succedeva da più di un decennio, annata 2011/12, che Benfica e Sporting fossero entrambe ai quarti di finale delle principali competizioni Uefa. L’una in Champions, l’altra in Europa League. L’una da dominatrice, l’altra da lucida sofferente. C’è voluto questo e quello per realizzare una congiuntura astrale preparata da lontano. Perché le due squadre della capitale portoghese, nello stesso periodo, sono anche fra le migliori otto in bilancio – Benfica primo, Sporting settimo – tra spese e acquisti sul mercato.

    

La punta dell’iceberg è il gioco di Gonçalo Ramos e compagni all’Estadio da Luz, dove con il 5-0 sul Bruges hanno blindato il passaggio del turno ritoccando numeri sbalorditivi: il Benfica ha il miglior attacco della Champions (35 gol, preliminari inclusi), secondo di tutti i primi cinque campionati europei (107, soltanto il Bayern Monaco ha fatto meglio). Allo spettro opposto c’è la turbolenta scalata dello Sporting, che fa, disfa e rifà: gli uomini di Ruben Amorim hanno dilapidato un vantaggio di due vittorie nelle prime due ai gironi di Champions, ma un torneo più sotto hanno appena eliminato a domicilio l’Arsenal capolista di Premier League. Un duello deciso dal golaço da centrocampo del promettente fantasista Pedro Gonçalves e dalle parate del veterano Antonio Adan, rigori compresi – anche nei progetti che funzionano, il fattore c non guasta.

   

Quelli di Águias e Leões resistono alle sirene del calciomercato fin dove possibile, disegnano cessioni extralarge e con quei proventi sanno rinnovarsi sempre. Lato Benfica si pensi a Joao Felix, Enzo Fernandez, Darwin Nunez, Ruben Dias: 400 milioni di euro soltanto da loro. O a Bruno Fernandes e Joao Mario (oltre 100 milioni), due esempi clou in casa Sporting: entrambi incompresi dal calcio italiano, che li ha liquidati male e in fretta. Oggi il primo è fra i leader tecnici della Nazionale e del Manchester United, il secondo, rimpianto nerazzurro, un trascinatore del Benfica – già 21 reti in stagione. Sono soltanto alcune storie dei cicli virtuosi delle due squadre. I dati, da Transfermarkt: dal 2011 il Benfica ha totalizzato 823 operazioni di mercato per un utile da 741,47 milioni (595,43 di spese e 1,34 miliardi di incassi); lo Sporting invece 740 e 298,92 milioni in attivo (327,63 spesi, 626,55 incassati). Andrebbe incluso anche il Porto, ora fuori dall’Europa, dove però aveva alzato quattro trofei fino al 2011: è secondo nella graduatoria delle plusvalenze negli ultimi 25 anni – non cambiano le posizioni delle altre due. Insieme fanno Os Três Grandes del calcio portoghese. E non solo per meriti sportivi.

   

Il prossimo obiettivo? Non fermarsi qua, come invece accadde nel 2012. Sorprendere nel doppio confronto con la nostra Serie A. E rompere l’incantesimo che dura dagli anni Sessanta, perché è da allora che Sporting e Benfica non alzano una coppa internazionale. I biancoverdi ai quarti affronteranno la Juventus, di nuovo da gran sfavoriti. Il Benfica si prepara invece all’affascinante sfida amarcord contro l’Inter. “Speriamo di onorare i racconti di Mazzola”, ha detto il vicepresidente Zanetti ricordando la Coppa dei Campioni 1965. Fu la seconda delle undici finale europee consecutive perse dal Benfica dal ’63 al 2020 – a Lisbona la chiamano maledizione di Béla Guttman, l’allenatore dei due trionfi continentali che lasciò il club sbattendo la porta. L’anno scorso la squadra U19 ha sfatato il tabù, conquistando la Youth League. E oggi, cinque gol in una sola partita, il Benfica di coppa non li segnava dai mitici tempi di Eusebio. Forse ne stanno arrivando di nuovi.