calcio internazionale
Messi e Mbappé sembravano perfetti, hanno deluso Parigi
In Qatar erano i signori del mondo. Al Paris Saint-Germain sono il simbolo di un progetto naufragato attorno a loro e fra loro mai sbocciato. Nonostante qualche assaggio di pura classe
C’era stata l’illusione dell’intesa perfetta. Con tanto di sprazzi di finale mondiale: Messi che segna di destro, Mbappé al volo dopo un micidiale uno-due. Soltanto che stavolta si mandano in porta a vicenda, Leo e Kylian. Irresistibili per chiunque, compreso il Marsiglia secondo in Ligue 1 e demolito 0-3 a domicilio. Accadeva questo, meno di un mese fa. Oggi invece il Paris Saint-Germain è fuori dalla Champions con largo anticipo, in campionato ha perso la sua prima partita in casa dopo 35 (non succedeva dal 2021) e il Parc des Princes fischia i suoi campioni da fantascienza. Soprattutto quello col 30 sulla maglia, fresco del successo di una vita.
A Doha, la partita del secolo aveva segnato una congiuntura storica: non era mai successo, nella storia dei Mondiali di calcio, che i leader tecnici delle due nazionali finaliste giocassero nella stessa squadra di club – figurarsi realizzare una cinquina in due. E con grande diplomazia, la famiglia Al-Khelaifi era a riuscita a riportare i suoi gioielli a Parigi in piena unità d’intenti, pregustando un 2023 da sogno. Qualcosa però è andato storto. Anche se stando ai dati non si direbbe: da gennaio in poi, nelle dieci gare disputate insieme, Messi ha segnato 5 reti e servito 3 assist, tutti per Mbappé. Che a sua volta è a quota 6 più 2, compreso il passaggio per la 700esima rete in carriera dell’argentino nei club. Sono numeri da gemelli del gol. Ma che hanno fallito l’esame clou – il doppio confronto europeo contro il Bayern Monaco, a secco sia all’andata sia al ritorno – e che al netto degli scintillanti highlights tendono più che altro a sopportarsi.
A rompere gli equilibri c’era stato anche l’infortunio di Neymar, il terzo tenore, a febbraio contro il Lille. Messi risolverà quella partita su punizione al 94’, scacciando in un primo momento le nubi sul Psg. All’improvviso però, l’intera pressione di una rosa dal peso d’oro si era è accumulata su un duo. E se negli ultimi 30 metri basta il pallone per capirsi, tutto il resto si è rivelato al di là delle competenze (e forse dell’interesse) di Leo e Kylian. Allestire una squadra da Playstation – mancando però l’assalto al vero goleador da videogioco, Haaland – implica rovesci della medaglia reali: uno spogliatoio stretto, tra primedonne (o Donnarumma) di ieri e di domani, divise in gruppetti (francesi, spagnoli, portoghesi) o ingombranti organismi unicellulari – non solo i big three: si pensi a Sergio Ramos, reo di aver maledetto “a todo Paris” dopo l’uscita dalla Champions.
In questo senso, scommettere su Cristophe Galtier non ha pagato. L’allenatore, arrivato in estate dal Nizza e alla prima esperienza in una big, ha deluso soprattutto sul piano gestionale degli innumerevoli talenti mal tradotti in squadra. È già tempo di tirare le somme: una Supercoppa di Francia, due eliminazioni agli ottavi, la Ligue 1 in arrivo, salvo suicidi sportivi – il Psg è a +7 su un gruppetto di non irresistibili inseguitrici. Il minimo sindacale. Dopo l’ultimo ko, in queste ore la società ha deciso di procedere comunque con Galtier fino a fine stagione. Ma per l’estate il destino dell’intero progetto tecnico sembra segnato.
A partire da quei tre. Neymar, nel suo consueto saliscendi di prodezze balistiche, guai fisici e piagnistei, è già dato in partenza. Poi c’è il nodo Messi: fino al mese scorso filtrava ottimismo sull’opzione di rinnovo del contratto, le recenti contestazioni dello stadio mentre il fuoriclasse fila da solo negli spogliatoi pesano almeno quanto i richiami del Barcellona – che quello stesso giorno, via Sergi Roberto, l’ha invitato a “tornare a casa”. Senza contare i rapporti con Mbappé, nel migliore dei casi di cortesia – ma neanche troppo: ai Fifa football awards, settimane fa, Leo gli ha pubblicamente preferito Neymar e Benzema. Resta dunque Kylian, il calciatore più pagato al mondo e il miglior marcatore della storia del club (202 reti). Anche per questo, dovendo scegliere, gli sceicchi ripartirebbero da lui. E lui, prima di affrontare il Bayern, ha fatto capire perché: “Se avessi legato il mio futuro alla Champions sarei andato molto lontano da qui”. Chi ha orecchie per intendere.