Bojan Krkic e la scoperta della libertà della bicicletta
L'attaccante spagnolo poteva diventare un campione. Poi sono arrivate le aspettative, la pressione, l'ansia. A trentadue anni ha deciso di smettere con il pallone e concedersi a ciò che ha trovato più appagante: pedalare una bici gravel tra stradine e sterrati
C'era un tempo nel quale una grandissima parte di chi si diceva, dice, "esperto di calcio" considerava Bojan Krkic un giocatore in rampa di lancio per diventare uno dei migliori attaccanti al mondo. Previsione scontata, o così sembrava, per un giocatore che segnava un gol dietro l'altro con la maglia delle giovanili del Barcellona. E allora la cosiddetta "cantera" del Barcellona era considerata il massimo del massimo del calcio giovanile europeo, una sorta di Eden dello scouting di futuri campioni. Bojan Krkic segnava così tanto – in otto anni alla Masia ha messo a segno 648 reti in partite ufficiali, in media quasi tre gol a partita – che sembrava destinato a essere un altro Messi. Mica male avere due Messi in squadra, pensavano a Barcellona.
Non ci furono due Messi in maglia blaugrana. Bojan Krkic fece un buon primo anno: 10 gol in 31 partite nella Liga, un gol in nove gare in Champions League, niente male per uno che diventò maggiorenne in quella stagione. A rimettere in fila ricordi e dati è stata anche l’unica. Non iniziò a passarsela bene Bojan Krkic. Poi iniziò a non passarsela bene neppure il Barcellona.
Bojan Krkic ha girato qua e là in Europa prima, nel mondo poi, non è mai riuscito a realizzare i progetti che gli altri avevano per lui e che probabilmente lui stesso aveva per sé. A tirar le somme è poca roba novantatré gol in carriera per uno come lui. Non se lo aspettavano, non se l’aspettava, che andasse a finire così. Perché è finita così. Bojan Krkic ha deciso di ritirarsi dal calcio. A trentadue anni, dopo una vita nella quale non ha vissuto l’adolescenza, nella quale si è trovato al centro di aspettative più grandi di lui. Abbastanza facile per uno che è alto un metro e settanta per una sessantina di chili.
Il problema è che Bojan Krkic non ha mai avuto pace, forse non se l’è neppure concessa. Ha rincorso per tutta la carriera, o almeno gran parte di essa, un ritratto di se stesso che non gli calzava. S’è ritrovato aggrovigliato in un gomitolo di speranze andate a male, promesse non mantenute, entusiasmi svaniti. Ha cercato una soluzione, non l’ha trovata. Ha capito che non sarebbe riuscito a trovarla, non almeno con il pallone tra i piedi.
Bojan Krkic ha capito però che una via di fuga a tutto questo c’era. E ce l’ha sempre avuta lì davanti, in quelle biciclette che teneva in garage, sulle quali pedalava e aveva sempre pedalato. “La bici mi è sempre piaciuta, anche come mezzo di trasporto. Ogni volta che potevo mi mettevo in sella, non era un problema per il calcio: la bici è meglio per la mia professione che correre o nuotare, ti permette di prepararti o addirittura di recuperare se hai qualche problema. Non ha alcun impatto”, ha detto a Marca. “Prima andavo soprattutto in mountain bike, ma poi mi sono innamorato del gravel (cioè, in estrema sintesi, quelle biciclette che sono a metà tra bici da corsa e mountainbike e che permettono, grazie a pneumatici più larghi di pedalare con facilità anche su strade non asfaltate, ndr). Solitamente faccio percorsi di due o tre ore, soprattutto nei fine settimana, ma spesso anche di mattina negli altri giorni. Mentre si pedala ci si sente liberi”.
Ha trovato nella bicicletta quello che il calcio non gli riusciva più a dare. La serenità mentre si fa qualcosa che piace. Trentadue anni è una buona età per cambiare, per buttarsi a capofitto in una nuova occupazione. Soprattutto quando la si è già intrapresa anni prima senza averne del tutto accortezza. L’anno scorso aveva deciso di investire in un marchio di biciclette, che è stato lanciato a febbraio: GUAVA. L’idea era stata di David Álvarez e Nacho Suárez, due amici con 25 anni di esperienza nel settore delle bici, ed è stata resa realtà anche grazie la Never say never Ventures (NSN), l'incubatore di imprese di Andrés Iniesta.
L’addio al calcio potrebbe essere un’occasione per fare altro, non solo l’imprenditore. "Non ho ancora nulla di definitivo in programma, ma qualche idea. L’essere entrato in questo progetto mi dà la possibilità di legarmi al ciclismo. È un buon modo per combinare sport e attività sociale. Poi chissà”. Potrebbe gareggiare. Potrebbe. C’ha pensato, ci sta pensando. Il gravel è un mondo in espansione, anche nelle competizioni. C’è stato un tempo nel quale anche Bojan Krkic è stato un mondo in espansione. Non è andata davvero così. Ma forse aveva sbagliato soltanto sport.
Il Foglio sportivo