Mateo Retegui (Foto Ansa)

verso Euro 2024

La via (necessariamente) global dell'Italia di Mancini

Giovanni Battistuzzi

La Nazionale affronta l'Inghilterra nella prima giornata del girone di qualificazione agli Europei 2024. La necessità per gli Azzurri di affidarsi alla "globalizzazione" per affrontari i problemi del calcio italiano che è restio a cambiare

Per una nazione che tra l’Ottocento e Novecento ha visto partire trenta milioni di persone in cerca di fortuna o condizioni di vita migliori non è poi così difficile trovare qualcuno con un nonno o un bisnonno italiano da poter convocare in Nazionale quando c’è necessità. La sezione Football Analysis del Club Italia, l’organismo che riunisce e coordina le attività delle squadre nazionali, lo sa bene, per questo è da anni che monitora in tutto il mondo, soprattutto in Sudamerica, i migliori talenti che hanno la possibilità di richiedere il passaporto italiano. Legittimo, soprattutto in un calcio che è sempre più globalizzato e nel quale il tempismo, ossia l’arrivare prima nello scorgere un talento e “farlo proprio” – pare forse brutto ma è così –, è determinante e può garantire vittorie importanti.

 

Roberto Mancini l’aveva detto all’alba del suo mandato da commissario tecnico che la Nazionale doveva ragionare come un club. Si riferiva anche a questo. E’ persona concreta Mancini, sa che se c’è un problema, questo non va ignorato o sottostimato, ma serve trovare il modo di risolverlo. Aveva suggerito alle squadre di Serie A di prestare più attenzione ai vivai e non si è fatto problemi a dare lui stesso il buon esempio prendendo proprio dai vivai i migliori prospetti – da Nicolò Zaniolo a Simone Pafundi –; aveva esternato più volte la necessità di una riforma del calcio italiano, sottolineato l’utilità delle seconde squadre per i club (sa di cosa parla, ha allenato in Inghilterra), e per la Nazionale; ha cercato, molto pacatamente a dire il vero, di spingere verso un allargamento della cittadinanza. Il mondo del calcio e quello della politica non hanno ritenuto di seguirlo. Liberi di farlo, è pur sempre soltanto un ct.

 

Mancini ha guidato una Nazionale che in due anni ha vinto l’Europeo e non si è qualificata ai Mondiali: sintomo che di giocatori validi ce ne sono, ma anche tanti, tantissimi, problemi. Problemi ai quali però non sempre, quasi mai, si è prestata la giusta attenzione, perché in Italia si credono risolti alla prima vittoria. Lo stiamo assistendo anche in questi giorni di grandi applausi per le sei italiane ai quarti delle coppe europee.

 

Mancini ha così deciso di fare ciò che aveva fatto Antonio Conte. Affidarsi agli oriundi. All’epoca fu critico nei confronti delle convocazioni di Eder e Franco Vázquez: “La mia opinione è che meriti la maglia azzurra un giocatore nato in Italia, non chi ha parenti italiani”. Se accorgimenti non ci sono stati dal mondo del calcio, allora tanto vale riconsiderare le proprie opinioni. Alla Nazionale serviva qualcuno che facesse gol. Mancini se l’è andato a prendere in Argentina. Mateo Retegui lo conoscevano in pochi, è cresciuto nel Boca Juniors, è stato scaricato dai Xeneizes in quanto non adatto alla Bombonera. Ha girovagato qualche anno con poche fortune, ma è da un anno e mezzo che segna parecchio. A volte un attaccante matura dopo aver conseguito la maggiore età. Compirà 24 anni tra pochi giorni, ha una carriera davanti. Quanto sarà azzurra lo si inizierà a scoprire da stasera: alle 20,45 l’Italia gioca contro l’Inghilterra la prima partita del girone di qualificazione agli Europei 2024.