Il Foglio sportivo
Questa volta non ha scelto Egonu
Dietro al ritorno di Paola a Milano c’è soltanto la scelta dei turchi del VakifBank di non confermarla. Non le vanno fatti trattamenti di favore: le regole valgono anche per lei
La rappresentazione è importante. Ma anche la realtà. E quando si parla di Paola Egonu, da un paio d’anni a questa parte le due cose non sempre coincidono. A volte stridono. Il più, sono fuorvianti. Le ultime notizie la danno di ritorno in Italia dopo un solo anno a Istanbul. Il VakifBank allenato dal modenese Giovanni Guidetti non eserciterà l’opzione di rinnovo del contratto e l’ha, elegantemente ma inequivocabilmente, messa alla porta. Ci ha provato più volte il suo procuratore a far cambiare idea al club turco ma senza successo e quando il Vero Volley Milano l’ha saputo ha messo sul piatto un ricco contratto e il definitivo approdo in città. Così dal prossimo anno la Monza di Orro e Sylla, sarà la Milano di Egonu. Il ritorno a casa dell’eroina fa contenti tutti, ma perché una delle giocatrici più forti del mondo, che è stata inseguita per anni dai turchi, fa la valigia dopo una sola stagione?
Guidetti risponde così: “Non c’è un unico fattore: Paola è straordinaria, molto intelligente e mi sento fortunato ad allenarla. Ma probabilmente il VakifBank non è l’ambiente ideale per lei. Ci sono giocatori che vanno bene per certe realtà e altri per altre”. E se fai a una giocatrice come lei un contratto di un anno con l’opzione per il rinnovo, sei consapevole delle contraddizioni di Egonu: un’abitudine sedimentata a ritmi più leggeri e una certa inclinazione al vittimismo. Perché il servizio si corregge, la rincorsa si aggiusta e le unghie si tagliano. Ma queste caratteristiche, comuni anche ad altre e ad altri campioni, beninteso, si sarebbero potute attenuare (data la giovanissima età che aveva Paola quando è arrivata in cima) e invece in troppi, preoccupati solo dell’oggi, della partita o della competizione da vincere, hanno assecondato.
Paola Egonu è, per tutti, la gallina dalle uova d’oro: per le squadre perché è fortissima. Per i procuratori perché strappa contratti milionari. Per le agenzie di marketing perché assecondando la sua natura di ragazza schietta e trasparente, le hanno tirato fuori una sparata al mese. Il che forse va bene per andare in tv o condurre Sanremo, ma per mettersi al collo una medaglia olimpica o una Mondiale, forse no. E alla fine è questo di cui si occupa la ragazza: gioca a pallavolo. Questo volerla far diventare la nuova Federica Pellegrini senza avere le vittorie della Pellegrini alle spalle è dannoso per la Nazionale. Che infatti da quest’estate vuole più centralità per il gruppo. Poi è il suo ruolo, inevitabilmente, che la fa essere una accentratrice. Perché è la schiacciatrice che attacca più palloni di tutte e attacca quelli più importanti. A Paola, semmai, non vanno fatti trattamenti di favore, al netto degli orsetti gommosi che mangia prima delle partite. A Conegliano l’hanno saputo fare. Perché le regole devono valere per lei come per le altre (che non sono tutte impeccabili intendiamoci). E il metodo Fefè De Giorgi dovrebbe trovare un equivalente anche per la Nazionale femminile.
La storia di Paola Egonu un è unicum. Nasce in provincia di Padova nel dicembre del 1998. I genitori, entrambi nigeriani, la crescono in una realtà fatta di tradizioni africane “a tavola si mangia in silenzio” e abitudini italiane “mi sono innamorata della pallavolo guardando Mila e Shiro”. Ha sempre sentito stretti i legami con la terra della sua famiglia e ha iniziato a giocare a pallavolo spinta dai genitori, perché non sprecasse i pomeriggi a casa. Tutto nella norma, fino a qui. Solo che le sue caratteristiche fisiche fuori dal comune le aprono le porte del Club Italia – un collegiale permanente della nazionale juniores – dove, ancora bambina, entra in una squadra selezionata e d’eccellenza che vive e si allena a Milano. Quando Egonu arriva da Padova non ha ancora il passaporto italiano, ma lo prenderà nel 2014 grazie alla cittadinanza ottenuta dal padre. La prima “ribalta” la conquista già nell’estate del 2015 quando vince il premio di Mvp al Mondiale Juniores. Da lì alla vetta è solo questione di tempo. C’è un primo turning point però nella sua vita. All’inizio del 2016 i genitori e i due fratelli si trasferiscono a Manchester. Paola al Club Italia ha tutto quello che le serve per diventare una campionessa, ma forse la lontananza dai genitori la condiziona dal punto di vista umano. Quando l’allora ct azzurro Bonitta decide di puntare su di lei e lei risponde da talento puro, cristallino, incontrovertibile quale è, intorno tutti cominciano a stenderle tappeti rossi. È il diktat: assecondarla. E questo è il secondo punto di svolta. Condito, dopo l’argento al Mondiale del 2018, dall’inizio del circo mediatico: il bacio alla fidanzata, il razzismo riproposto ad ogni intervista, la tv, i social, gli attacchi beceri e i difensori d’ufficio, quelli per cui sarebbe un peccato perdere ciò che ha da dire, Paola, invece che sottolineare quanto sia decisivo, con il suo talento, non sprecare quello che potrebbe vincere, Egonu.
Adesso il compito più difficile ce l’ha la Nazionale italiana (ma inserire in pianta stabile la figura di uno psicologo no?). Dato per scontato che salti la Nations League (torneo vetrina massacrante) in questa stagione ci sono Europei e qualificazioni olimpiche. Verosimilmente le sparate di Egonu dopo i Mondiali di qualche mese fa rientreranno e lei sarà regolarmente in campo per entrambi gli appuntamenti. Ma nel frattempo vanno ricuciti i rapporti e ristabiliti i ruoli all’interno della Nazionale. Perché quello che è cambiato rispetto al passato è che più di qualcosa è trapelato. Il nocciolo della questione è vecchio come il mondo da cui proviene, lo spogliatoio: finché si vince ci facciamo andare bene lo status quo. Ma quando, nonostante le differenze di trattamento, non si vince (e non è la prima volta) allora tanto bene non va più. Il che, ovviamente, dimostra come anche chi guida le azzurre, dai dirigenti al ct Mazzanti fatica a gestirla, la ragazza. Nel futuro di Paola Egonu c’è quindi Milano e Alessandra Marzari, la presidente del Vero Volley. A lei il compito, alla fine di questa estate e prima dei Giochi di Parigi, di far maturare Egonu. Se ci riesce, l’Italia gliene sarà grata. Altrimenti, tutto resterà uguale fino a quando non arriverà un’altra giocatrice a conquistare il cuore dei tifosi. Che si chiami Ekaterina Antropova (talento di Scandicci, 5 anni meno di Egonu) o no.