serie a
Tra il Napoli e lo scudetto è rimasto soltanto Sarri
La vittoria della Lazio nello scontro diretto, un mese e mezzo fa, ha minato le certezze degli azzurri e saldato la nuova anima dei biancocelesti: pragmatica, imperforabile, a metà strada fra allenatore e squadra. Che ormai è l’unica a poter ritardare i festeggiamenti del Napoli
L’ultima volta che Maurizio Sarri ha salutato la sua vecchia squadra diceva di essere invidioso. “Invidioso perché questo Napoli, a differenza del mio, andrà a vincere lo scudetto”. Era il 3 marzo scorso. La sua Lazio aveva appena sfoderato una prova tattica esemplare, portandola a profanare il campo del Maradona come nessuno fino ad allora aveva fatto in questa stagione. Tutta la Serie A ad applaudire l’allenatore: finalmente, dopo un anno buono di rodaggio, il sarrismo – o quel che ne sarà – era riuscito a emergere anche nella delicata piazza romana. “Ma ci mancano i punti”, l’amara constatazione. “Siamo soltanto all’inizio del percorso”.
Da quel giorno il Napoli si è fatto maltrattare in casa, ha visto sfumare il sogno Champions – incubo rossonero in tre atti – e delle ultime cinque gare ufficiali ne ha vinta una soltanto: non succedeva dal febbraio 2022. Da quel giorno la Lazio ha sacrificato con cinismo la Conference League – “preferisco il derby”, Maurizio dixit –, è salita al secondo posto diventando la miglior difesa del campionato e vanta una striscia aperta di quattro vittorie consecutive: non era mai successo nell’èra Sarri. Oggi tra le due squadre di punti ce ne sono ancora tanti, 14. Eppure se a Fuorigrotta non si sono ancora accesi i fumogeni tricolori, molto lo si deve all’indimenticato timoniere degli azzurri.
Sia chiaro: il Napoli ha dominato il campionato e al 99 per cento lo vincerà. La notizia è che però resiste un minimo margine di incertezza grazie a un’outsider come la Lazio. Che si aggrappa all’aritmetica. In questi giorni ha fatto il giro del web la rimonta disegnata per filo e per segno da un tifoso biancoceleste: da qui alla fine Milinkovic e compagni le vincono tutte, la banda Spalletti racimola solo otto punti in altrettante partite. E il 4 giugno Lazio 85, Napoli 83. Poco meno che fantacalcio. Ma anche solo poterci scherzare su, fino a quello scontro diretto era impensabile. Invece il Napoli ha dismesso i panni del rullo compressore. Smarrendo smalto e certezze, complice un po’ di flessione sul piano fisico – fisiologica, dopo un’annata a mille.
La Lazio di Sarri intanto si sta compiendo. Forse è meno estetica di quel che ci si aspettava, ma dannatamente pragmatica. Nonostante una panchina cortissima e la tormentata stagione di Immobile. L’allenatore si è reinventato Felipe Anderson falso nove, ha trovato l’intesa coi suoi fini cervelli di centrocampo. E soprattutto ha blindato la difesa: le 58 reti subite nella scorsa Serie A finora sono soltanto 20. I biancocelesti non ne prendono (e non perdono) dallo scorso 11 febbraio, 0-2 contro l’Atalanta. La porta di Provedel è rimasta imbattuta in 18 gare su 30. Il 60 per cento. Roba da stropicciarsi gli occhi: se in questi anni la Lazio è rimasta un’eterna incompiuta è perché dietro faceva acqua spesso e volentieri, vanificando gli sforzi di una comprovata macchina da gol. Ora ha cambiato pelle. E Sarri con lei, adattandosi ai suoi nuovi interpreti. Non arriverà lo scudetto, ma già questo è un mezzo capolavoro.