Il personaggio
David Logan continua a sfidare le leggi del tempo
A quarant’anni suonati, la guardia di Scafati è reduce da una prestazione mostruosa all’interno della stagione più prolifica della sua carriera: guardandolo giocare ci si dimentica di cosa sia l’età
Il 40 sulla maglia, come gli anni sul groppone. Ma la leggerezza è senza tempo: di tripla in tripla, con tanto di schiacciatona a due mani – difficile pure da ragazzino, se sei alto un metro e 85. Il bello è che David Logan ha sempre fatto valere soltanto i numeri che voleva lui. Ultimi nella lista: i 31 punti con 11/15 al tiro che domenica hanno permesso a Scafati di espugnare il PalaOlimpia di Verona, in un fondamentale scontro salvezza. Nove canestri da tre, in una sola partita, la guardia di Chicago non li aveva mai segnati. E in questa Serie A ci era riuscito soltanto Marco Belinelli – altro vecchietto per finta del nostro basket. Si spendano dunque i soliti paragoni col vino, che più va in là più diventa buono. Ma cosa ci possiamo fare se Logan, classe 1982, è il secondo miglior realizzatore del torneo (dietro al triestino Frank Bartley) con 17,6 punti di media? E se quei 17,6 punti rappresentano la sua miglior stagione di sempre in Italia?
Ce ne sono pochi, di giocatori così. Capaci di accendersi all’improvviso, entrare in trance agonistica e non guardarsi più indietro. Musica per ogni spettatore. Logan ci aveva abituato bene sin dal 2015, quando trascinava Sassari al tricolore al termine di una leggendaria finale contro Reggio Emilia. Ma l’ha fatto dappertutto, nel lungo peregrinare della sua carriera: Polonia, Israele, Grecia, Germania, Francia. Più o meno ovunque abbia calcato il parquet, Logan ha alzato almeno un trofeo. Si capisce allora che il suo unico grande rimpianto – parole odierne alla Gazzetta dello sport – sia “non aver giocato in Nba”, anche se forse l’avrebbe meritato.
A quanto sopra si è aggiunta la sua proverbiale capacità di fermare le lancette. Consacrata dall’exploit di Verona. Logan era dato per bollito già nel 2018, quando aveva accettato l’esotica chiamata di un club sudcoreano. E di nuovo una stagione più tardi, sceso in Serie A2 a Treviso – dove ha vinto la sua ultima coppa. Dicevano che a fronte di un potenziale offensivo da fuoriclasse assoluto, la sua fragilità dall’altra parte del campo ne avrebbe compromesso il rendimento. Soprattutto in odor di ritiro. Invece oggi David corre da primatista di triple in Serie A (specialità della casa, step-back e rilascio da distanza siderale) fra i giocatori attualmente in attività: domenica è arrivato a quota 607. E quando sarà, avrà il lusso di congedarsi sulla cresta dell’onda: “Questa potrebbe essere la mia ultima stagione”, ha ammesso. “Devo riflettere se continuare. Prima però voglio salvare Scafati”.
Sarebbe quasi un nuovo scudetto, visto il budget dei campani, di ritorno ai vertici della pallacanestro dopo 14 anni. “Ma più è difficile, più David Logan tende a riuscirci”. È una telecronaca Rai di Edi Dembinski, durante uno degli show-time dell’americano: quel 18 giugno 2015, la Dinamo Sassari era sotto di 13 punti a sette minuti dalla fine e prossima a un mortifero 0-3 nella serie scudetto contro la Reggiana. Poi s’è acceso il ‘piccoletto’. Ora la sua squadra è decima in classifica, con due partite di vantaggio sulla zona retrocessione e altrettante gare da disputare: in confronto, l’impresa sembra perfino banale.