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Il Foglio sportivo

Per l'Argentina è sempre festa mundial

Alberto Facchinetti

Il paese è in crisi come il campionato, ma quattro mesi dopo si balla ancora per il terzo titolo. Le immagini dei giocatori sono ovunque, dai murales ai tatuaggi e perfino nei campi di grano. Lo sport nazionale è sentito più di ogni altra cosa e le scuole calcio sono piene

Poche ore dopo il rigore decisivo realizzato da Gonzalo Montiel nella finale mondiale vinta dall’Argentina, l’artista Maximiliano Bagnasco era già in strada per dipingere il primo murale di Messi con la coppa in mano. Da quel momento c’è stata un’esplosione di colori raffiguranti la vittoria della Selección sulle pareti di Buenos Aires e di tutte le altre città del paese. Dall’opera realistica situata nel quartiere Palermo inizia un percorso di una decina di chilometri con tutta una serie di murales con lo stesso tema. Dall’altra parte della strada c’è la paratona di Dibu Martínez su Kolo Muani. Poco distante, stesso barrio, un lavoro di Uasen con protagonisti Messi e Maradona che alzano le rispettive coppe vinte. Copre l’intera parete di un ristorante. Spesso i due capitani sono disegnati insieme, ma Diego rimane ancora l’argomento numero uno della street art argentina. Non esiste provincia in cui non appaia almeno una volta el Diez: il più grande in assoluto rimane quello di Martin Ron nel quartiere Constitución, lo si può vedere nel tragitto che dal centro porta all’aeroporto Ezeiza. Una foto di quest’ultimo è finita anche sulla copertina del libro appena uscito, “Murales de D10S”, a cura di Nicolas Reyes e Maximo Randrup, in cui sono censiti più di 300 murales maradoniani. 

 

In Argentina la vittoria del terzo Mondiale si festeggia ancora a distanza di quattro mesi. Nelle ore successive è stato dappertutto un delirio totale. Milioni di persone sono scesi per le strade della capitale già sul 2-0, poi dopo l’ultimo rigore è stato un caos neanche così tanto organizzato. Niente al confronto con le Coppa America vinte, ma neanche rispetto al primo titolo del 1978 quando c’era al potere la dittatura militare e non era il caso di lasciarsi andare in troppi festeggiamenti. Per quella in Messico c’era già stato più movimento ma non erano passati troppi anni dal primo successo del ’78. Invece a trentasei anni dal 1986 è stato un putiferio. E il party continua, malgrado una situazione economica del paese drammatica.

 

Nei bar delle città si parla più della Selección che delle squadre di club. Il campionato argentino sta vivendo una crisi profonda. Il torneo è a 28 squadre, con gare di sola andata, e il livello è molto basso. I calciatori se ne vanno all’estero, spesso anche la Serie B ecuadoriana paga meglio, eccetto Boca Juniors, River Plate e poche altre eccezioni. Qui rimangono i giovani, ce ne sono ancora di talentuosi, e tornano i vecchi dall’Europa. L’uruguaiano Godin è al Velez, Maxi Moralez al Racing, Romero al Boca, Sosa e Boselli all’Estudiantes. Dei campioni del mondo gioca in patria solo Franco Armani, che difende la porta del River e che nella Nazionale ha lasciato il posto, causa covid, al Dibu Martinez già prima della Coppa America 2021.

 

La prima gara della Selección argentina post mondiale è stata un’amichevole contro Panama (vinta 2-0, gol di Thiago Almada e Messi) e ha visto il tutto esaurito al Monumental con un costo del biglietto elevatissimo, anche rispetto a un’inflazione da paura. Il 5 aprile scorso è stata inaugurata la mostra “Campeones del Mundo – Exhibicion Oficial Afa” nella quale i visitatori possono toccare fino al 10 maggio le tre coppe del mondo, la Coppa America e la Finalissima.

 

A tre ore d’auto, nella città di Rosario, dove vicino al Monumento alla Bandiera c’è un murale dedicato a Messi di sessantanove metri di altezza ma antecedente al Mondiale, viaggiano bus cittadini nei quali sono raffigurati gli attuali eroi. Inizialmente apparivano su un lato delle linee 153 e 103 solo Leo Messi e Angel Di Maria, espressioni a livello locale di Newell’s Old Boy e Rosario Central. Poi dopo alcune polemiche, in Argentina per il futbol sembrano non mancare mai, è stato aggiunto anche Angel Correa, tifoso del Central anche se qui non ha mai giocato. Non è stato contemplato Lisandro Martinez, oggi al Manchester United che con il Newell’s ha fatto le giovanili e debuttato in Primera. Va detto che in Argentina quasi sempre il cuore dei calciatori (ricambiato dai tifosi) batte per la squadra per cui fa il tifo, magari per discendenza familiare, e che non è necessariamente quella con la quale ha esordito. Sul bus azzurro c’è la scritta “Rosario Capital Mundial del Futbol”.

 

Le immagini dei campioni le puoi trovare perfino sui corpi della gente. La stagione estiva, appena conclusa ma fa ancora caldo, ha messo in evidenza tantissimi tatuaggi riguardanti la Scaloneta. La fotografa Luciana Demichelis aveva notato che già nelle prime ore di festa a La Plata in tanti avevano iniziato a tatuarsi. È riuscita in questi mesi a fare un censimento, fotografando uomini e donne tatuati di tutte le età e classi sociali. Ma in Argentina non bastano i tattoo sulla pelle. Ci sono anche quelli sui campi. Un contadino nelle campagne di Cordoba, grazie a una semina di grano, ha ricreato il volto del capitano dell’Argentina su un terreno di mais. L’idea gli è venuta prima del Mondiale, il risultato si è visto qualche settimana dopo la vittoria ed è stato uno spettacolo un po’ folle, come tutto il resto d’altronde.

 

Questa perenne fiesta albiceleste, in un periodo in cui il numero di poveri che dorme per strada sta crescendo a vista d’occhio, ha anche una sua colonna sonora. Nei luoghi pubblici, nei supermercati, in Corrientes, l’Avenida di Buenos Aires che non dorme mai, si sentono con frequenza “La cumbia de los trapos” messa dalla Fifa quando Leo ha alzato la coppa, “Pa’ La seleccion” di La T y La M, e soprattutto “Hoy me vuelvo a emborrachar” de La Mosca Tse-tse, uscita nel 2003 ma trasformata in “Muchachos, ahora nos volvimos a ilusionar”.

 

Questo entusiasmo forsennato, in cui papà e figli girano perennemente con la camiseta albiceleste, porterebbe in qualunque altro paese del mondo a un conseguente aumento della pratica calcistica tra i bambini. Se non fosse che qui sono già piene. A Puerto Iguazu dove ci sono le famose cascate ma non si fa calcio ad alti livelli le escuolitas de futbol sono già full. Jorge Garcia, il cui padre aveva un tempo aperto una scuola calcio a Misiones con Tito Cucchiaroni, grande idolo sampdoriano, è il direttore di tutti i “Deportes de la Municipalidad de Puerto Iguazu”. Al Foglio Sportivo dice: “La passione qui è la stessa che si respira in qualsiasi altro posto in Argentina, dove in primis c’è il futbol, poi il futbol e al terzo posto ancora il futbol. Le scuole calcio sono piene di bambini, mondiale vinto o meno. Anche i potreros, dove si gioca il calcio libero, esistono ancora nel nord del paese”.

 

Non si è creato almeno per ora un vero boom letterario sulla vittoria del Mondiale. Ma il libro “La Tercera” di Alejandro Wall e Gastón Edul così come “Messiánico” di Sebastian Fest e Alexandre Juillard non mancano nelle vetrine delle migliori librerie (ce ne sono ancora tante a Buenos Aires) e nelle edicole.

 

In ottobre sono previste in Argentina le elezioni presidenziali e l’onda lunga della vittoria mondiale riuscirà probabilmente a far navigare a vista il paese fino a quel momento. Poi servirà qualcosa di più di un Messi e un Maradona dipinti su un muro.

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