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Olive #32

Mathias Olivera è (diventato) un passista di talento

Giovanni Battistuzzi

Il terzino del Napoli nel 2017 era stato visionato a lungo da molti grandi club europei. Poi venne acquistato dal Getafe perché poco propenso a difendere, Da allora ha imparato a farlo e domenica ha rischiato di diventare l'uomo decisivo per lo scudetto

Nell’estate del 2017 Mathías Olivera era considerato potenzialmente uno dei migliori terzini sinistri del Sud America, tra i migliori prospetti al mondo. Era veloce, aveva piedi più che delicati, aveva visione di gioco e capacità di inserimento, la bravura di saper dare il pallone nel modo migliore agli attaccanti. Aveva soprattutto disputato un Sudamericano under 20 – il suo Uruguay aveva vinto il titolo – e un Mondiale under 20 quasi perfetti. Paris Saint-Germain, Barcellona, Porto e Manchester United lo avevano seguito a lungo, nessuno però presentò un’offerta. Il motivo era uno solo: il ragazzo è forte, ma ha diverse lacune difensive. Venne acquistato dal Getafe. Con gran dispiacere di Edinson Cavani, all’epoca grande protagonista a Parigi, che aveva sponsorizzato – da ben prima del Sudamericano u20 – il suo ingaggio e quello di un altro connazionale, coetaneo di Olivera: Federico Valverde (acquistato l’anno prima dal Real Madrid).

A volte nemmeno le raccomandazioni per merito dei campioni servono. Soprattutto quando di mezzo ci sono i pregiudizi sulle capacità di adattamento al calcio europeo dei terzini sudamericani che giocano all’attacco e che spesso si dimenticano di difendere.

Praticamente quasi ogni grande squadra europea può vantare un rumoroso fallimento di mercato in questa particolare casistica e il pregresso ha insegnato essenzialmente una cosa: se un terzino non è attento alla fase difensiva a vent’anni, difficilmente imparerà a esserlo dopo.

Mathías Olivera a Getafe ha però imparato a difendere per bene, a concedere la stessa attenzione a quando la palla ce l’ha lui o i suoi compagni e a quando ce l’hanno gli avversari. In cinque stagioni (mezza in prestito all’Albacete in Segunda División, la Serie B spagnola) è migliorato partita dopo partita, ha rimodulato il suo gioco e un po’ pure se stesso, tanto che José Bordalás, che il Getafe l’ha allenato tra il 2016 e il 2021, al termine della stagione 2020-2021 commentò: “Mathías era arrivato qui giovane e convinto di poter spaccare la fascia, selvatico come certi cavalli. Ora la fascia la vuole ancora spaccare, ma ha imparato che la libertà è utile solo se funzionale al benessere di tutti. Si è fatto ammansire, ha imparato a essere un giocatore vero”.

Cristiano Giuntoli lo seguiva da ben prima delle parole di Bordalás. Aveva provato a convincere il presidente Aurelio De Laurentiis di acquistarlo nell’estate del 2021, ma le cose non andarono bene. Poi arrivò il non rinnovo di Faouzi Ghoulam, Axel Tuanzebe non si rivelò abile a giocare sulla fascia, spostare a sinistra Giovanni Di Lorenzo era un peccato, soprattutto il Benfica si fece avanti per l’uruguaiano. Giuntoli ritornò dal presidente e questa volta lo convinse, complice anche l’entusiasmo di Luciano Spalletti per il possibile arrivo. Venne tutto concluso a gennaio, ma con data d’arrivo per l’estate successiva.

Mathías Olivera al Napoli ha vissuto una stagione da semititolare, più che un’alternativa a Mario Rui, meno di un titolare inamovibile. Ha continuato il suo percorso di maturazione e crescita, ha proseguito nella sua scalata tranquilla, da passista di talento. Senza fretta, limando continuamente ciò che non andava, come ha sempre fatto, insistendo a fare ciò che aveva imparato in Spagna: il bene di tutti è sempre più importante del bene personale. Domenica era riuscito a segnare. E non un gol qualsiasi, quello decisivo per dare il via a una festa che Napoli aspettava da trentatré anni. L’attaccante della Salernitana Boulaye Dia l’ha però stoppata e rinviata sul più bello.

   


      

Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia (Napoli), nella seconda di Emil Audero (Sampdoria), nella terza di Boulaye Dia (Salernitana), nella quarta di Tommaso Baldanzi (Empoli), nella quinta di Marko Arnautovic (Bologna), nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto (Udinese), nella settima di Christian Gytkjær (Monza), nell'ottava Armand Laurienté (Sassuolo), nella nona Sergej Milinkovic-Savic (Lazio), nella decima Sandro Tonali (Milan), nell'undicesima Cyriel Dessers (Cremonese), nella dodicesima Tammy Abraham (Roma), nella tredicesima Stefano Sensi (Monza), nella quattordicesima Federico Baschirotto (Lecce), nella quindicesima Moise Kean (Juventus), nella diciasettesima Rasmus Hojlund (Atalanta); nella diciottesima M'Bala Nzola (Siena); nella diciannovesima Federico Dimarco (Inter); nella ventesima Cyril Ngonge (Hellas Verona); nella ventunesima Riccardo Saponara (Fiorentina); nella ventiduesima Perr Schuurs (Torino); nella ventitreesima Ola Solbakken (Roma); nella ventiquattresima Riccardo Orsolini (Bologna); nella venticinquesima Henrikh Mkhitaryan (Inter); nella ventiseiesima Rolando Mandragora (Fiorentina); nella ventisettesima Zlatan Ibrahimovic (Milan); nella ventottesima Nemanja Radonjić (Torino); nella ventinovesima Mattia Zaccagni (Lazio); nella trentesima Maxime Lopez (Sassuolo); nella trentunesima Lazar Samardzic (Udinese).

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