Serie A
La redenzione di Paulo Sousa
Dopo l'addio alla Fiorentina nel 2017 l'allenatore portoghese aveva girato il mondo inanellando esoneri e delusioni tra Cina e Brasile, Francia e Polonia. Alla guida della Salernitana però sembra essere tornato il tecnico intravisto a Firenze
Tianjin Quanjian, Bordeaux, Polonia, Flamengo. Dal momento dell’addio alla Fiorentina, un biennio aperto con sei vittorie nelle prime sette giornate e chiuso con un ottavo posto che aveva indotto la società viola a puntare su Stefano Pioli, la carriera di Paulo Sousa aveva preso una deriva incerta, difficile da spiegare, con tappe che apparivano sconnesse tra loro, un Risiko impazzito senza che fosse possibile anche solo intuire l’obiettivo finale di un tecnico che alla sua prima esperienza italiana era parso non solo solido, ma anche affascinante. Nel momento in cui è arrivata la chiamata della Salernitana, a metà febbraio, i dubbi su Paulo Sousa erano così intensi e per certi versi giustificati da dipingere uno scenario allarmistico sul futuro del club campano.
Arrivare al posto di un allenatore come Davide Nicola, esonerato (per la seconda volta in poche settimane) dopo aver guidato la Salernitana a una salvezza così straordinaria da averlo portato a giungere secondo nelle premiazioni per la Panchina d’Oro proprio a poche ore dall’addio, rappresentava un’eredità allo stesso tempo difficile da raccogliere eppure estremamente interessante: non una squadra allo sbando, ma una formazione che aveva una base sulla quale diventava più facile lavorare. Senza disperdere la bontà del lavoro di Nicola, dunque, Paulo Sousa ha potuto costruire: due trequartisti alle spalle di un’unica punta, e se c’è un piccolo appunto che si può fare al portoghese è di non avere intuito immediatamente il potenziale devastante di Boulaye Dia in quel ruolo. L’ex Villarreal ha dato il massimo quando è stato schierato da centravanti e non nel duo di trequartisti alle spalle di Piatek: nelle cinque gare giocate da unica punta agli ordini di Sousa, sono arrivati sette gol e un assist.
A Salerno, Sousa ha cercato immediatamente di reimpostare la squadra sul modulo che aveva scelto ai tempi della Fiorentina. Senza contare il passo falso al debutto contro la Lazio, lo score è immacolato: dieci partite di fila senza sconfitte, anche se con otto pareggi. La Salernitana si è riappropriata di un oggetto decisivo per il gioco del calcio: il pallone. Fin dalle prime conferenze, ha cercato di trasmettere un concetto chiave: la squadra non deve aver paura di gestire il possesso palla. Ha riportato Candreva sulla trequarti, come a inizio carriera; rilanciato Bradaric a sinistra e restituito fiducia a Vilhena e Bohinen, entrambi usati con la protezione dell’agonismo di Coulibaly; sperimentato nuove strade tattiche per Kastanos e Botheim. I punti di vantaggio sul duo Verona-Spezia sono diventati otto, con Empoli e Lecce a fare da cuscinetto. La salvezza pare dunque dietro l’angolo anche se contro la Fiorentina non è arrivato un successo che a un certo punto pareva cosa fatta, ciliegina sulla torta preparata con pazienza e decorata nei dettagli nel giorno della festa scudetto sottratta al Napoli con una partita di esemplare serietà. Proprio Empoli-Salernitana potrebbe chiudere il discorso lunedì, ma la sensazione che è la seconda permanenza in A consecutiva sia ampiamente alla portata a prescindere dall’incrocio del Castellani, con affanni decisamente minori rispetto a quelli di un anno fa. Paulo Sousa, finalmente, sembra pronto a mettere radici.