il commento
Nel gioco nuovo e innovativo del Napoli c'è un esempio da seguire per la città intera
Per noi meridionali la vittoria è la risposta che da anni aspettavamo. Per una terra bistrattata e sbeffeggiata. Ma soprattutto che si è fatta male da sola. E allora venite a festeggiare in questa splendida città azzurra
Se oggi andate a Napoli da qualunque spazio geografico noterete festoni azzurri. Sia negli angoli più reconditi (quelli dei vicoli) sia nei quartieri bene, perché Napoli è costruita anche, anzi soprattutto, su colli. Dunque, a Napoli ci sono pure i quartieri alti, anche se non vengono mai rappresentati, vuoi mettere il fascino della sana rappresentazione popolare? Se siete in città potete vedere una nave azzurra, una costruzione di cartapesta ma luminosa e spavalda che gira tra i vicoli. Se siete su una nave vera, sul mare in avvicinamento, noterete che la città è più azzurra del cielo e dell’acqua marina, se giovedì sera passavate in aereo su Napoli, subito dopo il pareggio con l’Udinese e dunque quando avevamo in tasca la matematica certezza che nessuno ci prendeva più, ebbene la città sotto di voi sarebbe apparsa come una fioritura botanica di fuochi, luci accese ad libitum – così giurano quelli che stavano in aereo giovedì sera. Se siete invece fuori città, a parte che di sicuro avrete notato la quantità di meme che gli inventori del web stanno pubblicando in queste ore, e per ora il più noto vede un Mattarella con la maschera nera e i capelli biondo platino di Victor Osimhen, ma se siete fuori Napoli, non siate smaniosi di tornare al più presto per non perdervi la festa, tifosi o meno che siate del Napoli. Perché questa storia andrà avanti per un bel po’ e vedrà accensioni di petardi e fumogeni, esplosioni di batterie di fuochi costruite per l’occasione e dunque diossina nell’aria che altro che termovalorizzatori in piena attività, poi esplosioni di gioia che i media definiranno incontenibili, cori e coretti di giubilo e di sfottò all’intera gamma della tifoseria italiana, soprattutto (e qui mi associo) ai salernitani.
E poi manifestazioni improvvisate, marketing spinto che bisognerebbe studiarlo nelle scuole di finanza. Vedrete infatti il numero tre diventare un numero così magico che altro che quelli del lotto con i significati ermeneutici nascosti, altro che i fanatici dell’esoterismo con quei trip mentali, il numero tre diventerà il simbolo della città. Per lungo tempo lo troverete sulle torte, sulle scarpe, sulle magliette, sugli adesivi vicino alle immagini votive di san Gennaro e Padre Pio, sarà un tre ovunque. Queste manifestazioni erano in nuce da tempo e già segnavano un cambiamento antropologico del napoletano che all’improvviso, in barba alla nota scaramanzia, era diventato un illuminista, uno scientista, un fine dicitore delle probabilità statistiche, roba che il noto sito americano FiveThirtyEight, fondato dallo statistico di grido Nate Silver, non si sarebbe mai immaginato né sarebbe stato capace di scrivere con la stessa foga. Allora, uno che non è proprio addentro, uno che non è napoletano, uno che non capisce questa way of life, anzi magari è anche critico, tutti questi si chiedono: ma perché? Per una vittoria in campionato? Sono gli stessi che si sono chiesti ma perché? Quando l’Argentina è diventata campione del mondo, e allora sono scese in piazza più persone di quante siano scese per problemi vari e molto più cogenti, tanto che una foto che rappresenta un pullman zeppo di tifosi così contenti da essere trasfigurati, una foto così ha vinto l’apposita sezione del World Press Photo 2023. La vittoria del campionato di calcio, al netto della straordinaria bravura del gruppo, così misto e così ben assortito, così serio, al netto della bravura di Luciano Spalletti che tra l’altro ha capito che o si vinceva d’inverno, acquisendo un notevole vantaggio o finiva che non avremmo retto quei ritmi, e infatti le ultime partite stanno lì a dimostrarlo, con le misure prese nei riguardi di Kvaratskhelia, uno dei ragazzi più ingenui (che belle lacrime di gioia) e straordinari del calcio italiano, senza quella buffoneria brasiliana, i palleggi inutili, uno che ricorda il calcio atavico, scartare l’avversario e vincerlo sulla corsa, e comunque al netto di tutto questo, per quanto strano possa essere, la vittoria è la risposta semplificata all’annosa questione meridionale: finché dureranno i festeggiamenti, finché non si riprenderà a lavorare, finché la memoria di tutti non sarà danneggiata dalla demenza, questa vittoria sarà la risposta che da anni aspettavamo.
La questione meridionale è fondata su tre ipotesi. La prima ipotesi attribuisce la colpa all’unificazione, e dunque ai piemontesi. Avevamo ferrovie e industrie e terra felix, poi il disastro. Questa ipotesi è di stampo reazionario ed è portata avanti dai neoborbonici, sia di nuovo sia di vecchio conio. La seconda ha una matrice terzomondista, il nord avrebbe colonizzato il sud, o meglio: l’origine dei mali del sud (e dei sud) va rintracciata nelle relazioni di scambi internazionali che portano i paesi arretrati a specializzarsi in esportazioni a basso valore aggiunto (materie prime) per sostenere lo sviluppo del nord: non solo merci ma anche movimento di persone, sfruttamento della manodopera. In Italia gli spunti per questa ipotesi li ha forniti Gramsci: “La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento”. Poi c’è l’ipotesi geografica, che però di volta in volta assume tratti diversi: o la geografia ci penalizza, lontani dai commerci, terra amara e poco fertile, oppure al contrario, la geografia ci aiuta, anzi, al sud si vive meglio, tanto mare e Sole, tanta lentezza e spazio per godersi la vita al riparo dalla nevrosi. Quest’ultima ramificazione deriva in massima parte da una cattiva lettura di Camus, insomma il pensiero meridiano (quello della misura, di stampo greco) che tuttavia Camus – in “L’uomo in rivolta” – usava per difendere la democrazia partecipativa in opposizione alle palingenesi rivoluzionarie. Ognuna di queste ipotesi muove gli animi, nessuna è veramente soddisfacente e regge alla prova dei fatti, sicuro il sud si è fatto male da solo ogni volta che ha cercato un nemico oltre i suoi confini e ha fatto a meno di una profonda analisi delle proprie dinamiche e delle proprie mancanze, e dunque oggi che siamo in festa e vi invitiamo a partecipare tutti, sarebbe bello che il sud prendesse esempio dal gioco di squadra del Napoli, in quel gioco c’è tanto di nuovo, tanto di innovativo, tanto da imparare, e soprattutto tanto di vecchio da dimenticare.