Gran calma #34
Per salvarsi e andare in Europa servono le gambe
Ancora quattro partite e ancora tre posti in Champions e due in Serie A da assegnare. Tra cali di forma e ritorni di orgoglio come cambiano i valori in campo
I risultati della 34esima giornata di Serie A
Empoli-Salernitana 2-1 38′ Cambiaghi, 63′ Caputo, 85′ Piątek (S)
Udinese-Sampdoria 2-0 9′ Pereyra, 34′ Masina
Sassuolo-Bologna 1-1 15′ D. Berardi, 42′ Domínguez (B)
Milan-Lazio 2-0 17′ Bennacer, 29′ Theo Hernández
Roma-Inter 0-2 33′ Dimarco, 74′ Lukaku
Cremonese-Spezia 2-0 41′ Ciofani, 77′ J. Vásquez
Atalanta-Juventus 0-2 56′ Iling-Junior, 98′ Vlahović
Torino-Monza 1-1 46′ Sanabria, 86′ Caprari (M)
Napoli-Fiorentina 1-0 74′ rig. Osimhen
Lecce-Verona 0-1 71′ Ngonge
La classifica della Serie A dopo 34 giornate
Napoli 83; Juventus 66; Lazio 64; Inter 63; Milan 61; Atalanta e Roma 58; Fiorentina, Udinese, Bologna, Torino e Monza 46; Sassuolo 44; Empoli 38; Salernitana 35; Lecce 31; Verona 30; Spezia 27; Cremonese 24; Sampdoria 17
Perché a quattro giornate dal termine il livellamento dei valori si sfarina, e qualcosa traspare
I verdetti in Serie A arrivano con il contagocce, ma arrivano. Dopo il Napoli tricolore, la scontata retrocessione della Sampdoria, mentre la vittoria dell’Empoli lo avvicina di molto all’obiettivo salvezza (manca solo un punto). Per il resto si addensano le gerarchie dei valori, e in attesa delle eventuali decisioni giudiziarie riguardo la Juventus c’è il sorpasso dei bianconeri al secondo posto, ai danni della Lazio. Che certo, se il campionato finisse oggi sarebbe qualificata alla prossima Champions League: ma gran calma, perché la distanza dalle milanesi è minima, rispettivamente un punto sopra l’Inter e tre di vantaggio nei confronti del Milan. Ma soprattutto, ed è un indicatore tanto recente quanto efficace: la squadra di Maurizio Sarri ha perduto in una settimana per due volte a San Siro, e sempre con due reti di scarto. Segnali da non sottovalutare, in vista del rush finale: a partire dal prossimo weekend, quando i biancocelesti affronteranno un Lecce che torna ad avere l’acqua alla gola dopo gli exploit di Hellas Verona e Cremonese nei bassifondi. Disperato lo Spezia, che riceverà proprio il Milan in un match a tinte forti, sicura l’Inter che ospita il tranquillo Sassuolo. Nel mezzo, quella bazzecola denominata semifinale di Champions, ovvero euroderby…
Perché la Genova blucerchiata spera che la discesa appena imboccata si fermi alla Serie B
Quando una grande del calcio si trova in difficoltà, in questo caso ben oltre quelle sportive, spiace sempre per le centinaia di migliaia di persone coinvolte. La fine della stagione per la Sampdoria, si teme, è appena iniziata: non già la sconfitta di Udine a sancirne in ritorno in cadetteria, dodici anni dopo la sciagurata stagione 2010-2011, quanto gli inevitabili strascichi e le corse contro il tempo per prevenire la definitiva crisi d’impresa (secondo le nuove regole dell’ex codice fallimentare), con il tentativo di salvare il salvabile. Cioè il titolo sportivo, ovvero la possibilità di continuare a disputare il campionato meritato sul campo: in questo caso, appunto, la Serie B. A Genova hanno già individuato il colpevole, e non può che essere Massimo Ferrero: ma a differenza di allora, e nonostante un proprietario così, questa retrocessione sta avvenendo sotto il profilo della dignità sportiva. La squadra, pur fortemente deficitaria, ancora si batte e non prende imbarcate; l’allenatore, Dejan Stanković, ci mette la faccia fino all’ultimo. E la bandiera, Fabio Quagliarella, a quarant’anni non piange di coccodrillo come Angelo Palombo ma sceglie il basso profilo, anche in memoria di Gianluca Vialli. L’uomo che, fosse stato in salute, tutti stavano aspettando. Dall’altra curva, com’è logico, rispondono funerali e cortei per l’altrettanto meritato ritorno in Serie A del Genoa. Ma intanto gran calma, perché la conclusione della vicenda è tutt’altro che prossima.
Perché vogliamo più bene a Kvicha Kvaratskhelia adesso che nei mesi della sua esplosione
Ci siamo occupati tante volte, negli scorsi mesi, dell’alieno Kvicha Kvaratskhelia e del suo impatto devastante nel campionato italiano. Non credevamo in tanti che un atleta proveniente da tornei secondari (eufemismo), pur ricchi di storia calcistica, e sfuggito ai radar dei più potesse inanellare una serie di prestazioni tatticamente ineccepibili, agonisticamente efficaci, tecnicamente magnificenti. Né, a scudetto raggiunto, scorgere tra le sue statistiche la “doppia doppia” cifra di gol e assist, come per i campioni del basket Nba con i rimbalzi, in una Serie A dove otto squadre su venti non vedono alcuno dei propri giocatori almeno a dieci reti. Eppure, dopo aver riaffermato l’ovvio sulla scorta dell’esperienza, gran calma perché c’è ancora un aspetto di “Kvara” da dover esplorare: la sua umanità. Cioè le pagelle di colpo striminzite, il feeling diradato con la porta, la mancata decisività, pure l’errore fatale (leggi il rigore in Champions League contro il Milan). Kvicha non è un robot, non è una macchina, e per questo si apprezzano di più ora i suoi tratti da uomo medio, la barba che pochi nel calcio portano ancora, l’ininfluenza freschissima nei tabellini prima dominati. Solo così sono in grado di risaltare ulteriormente i tanti, sfarzosi attimi di possibilità che il numero 77 georgiano ha donato a chi ama il pallone lungo la cavalcata verso lo scudetto. E per il quale va ringraziato, a prescindere da ogni tifoseria.
Perché il campionato è pieno di storie in corsia di sorpasso, di Franco Bitossi e Marino Basso
Scrivevamo che, mentre si attendeva il boom di Fabio Miretti, è arrivato a Torino quello di Nicolò Fagioli. I più maturi ricorderanno quando il terzino sinistro del post Antonio Cabrini per l’Italia pareva essere Giovanni Francini, e chissà per quanti decenni: arrivò il ventenne Paolo Maldini a ribaltare il quadro e il pronostico. Ora la storia si ripete a Empoli, dove dall’inizio vengono giustamente magnificate le doti di Tommaso Baldanzi, ma a fari spenti subentra Nicolò Cambiaghi e si porta via tutta la considerazione a suon di gol e prestazioni convincenti: bravo il suo allenatore, Paolo Zanetti, ad aspettarlo e a trovargli lo spazio. Perfino a cambiare modulo per assecondarli entrambi, allargandoli contro la Salernitana e facendoli coesistere con un trequartista più ordinato e classico come Liam Henderson, stravolgendo il marchio di fabbrica del 4-3-1-2 che fece la fortuna empolese di Maurizio Sarri, Marco Giampaolo, Aurelio Andreazzoli. Emblematica un’azione nel primo tempo, quando Baldanzi viene respinto dalla difesa ma la palla giunge a Cambiaghi, il quale sferra un fendente respinto a fatica dal sempre ottimo Guillermo Ochoa. Gran calma, quindi, non appena si pensa di aver scoperto il totem di una stagione: perché nel calcio la storia la scrivono quelli che non erano stati visti arrivare…
Perché ora più che il blasone e gli obiettivi contano i garretti e la testa concentrata
Quattro giornate alla fine, un mese di passione per chi ha ancora qualcosa da giocarsi. Sopravvoliamo sugli effetti delle coppe europee, che possono riverberarsi anche nelle partecipazioni del prossimo anno, a questo punto della stagione conta più la forma che non la carta o gli stessi mismatch tra obiettivi divergenti. Sono i bioritmi del campionato a dire che l’Inter ha vinto le ultime quattro partite, mentre lo Spezia ha conseguito solo un punto in cinque incontri. Anche il prodigioso Bologna di Thiago Motta sta segnando il passo (tre pareggi nell’ultimo mese), mentre Monza, Milan e Napoli rimangono in serie positiva. Gli incroci di calendario faranno il resto: il peggio è trovare contro squadre schizofreniche come il Torino, che non riesce a dar sèguito ai buoni propositi manifestati sul campo solo una settimana prima, ma sa quasi sempre riprendersi dopo una sconfitta. E per l’imponderabile, gran calma: maggio è solitamente il periodo in cui si danno da fare coloro dei quali ci si ricorda solo quando terminano nel bollettino dei marcatori, a dispetto di classe, longevità o carattere. Un nome su tutti: Roberto Pereyra.
Il foglio sportivo - calcio e finanza