Un altro Giro
Il Giro di Morena Tartagni, pioniera del ciclismo rosa
È la più giovane partecipante ai mondiali, Nurburgring 1966, la prima italiana a medaglia, Imola 1968, Corridora con la benedizione di Ercole Baldini. "Correvamo da professioniste, ma eravamo dilettanti, e spesso allo sbaraglio. Dovevamo mantenerci facendo un altro lavoro e allenandoci la mattina presto prima di entrare in fabbrica o in ufficio"
La corsa rosa è un giro di ricordi e sogni, avventure e disavventure, imprese e crisi, storie e passioni. Un altro Giro è la rubrica di Marco Pastonesi che ci accompagnerà strada facendo sulle strade del Giro d'Italia 2023.
La più giovane partecipante ai Mondiali: accadde in Germania, sul circuito del Nurburgring, era il 1966, e lei non aveva ancora compiuto 17 anni. E la prima azzurra medagliata ai Mondiali: fu a Imola, era il 1968, arrivò terza, e poi si migliorò, seconda nel 1970 in Inghilterra, a Leicester, e ancora seconda nel 1971, in Svizzera, a Mendrisio.
Morena Tartagni voleva fare “la corridora”: “Avevo otto anni, abitavo a Predappio con la nonna perché i miei genitori erano emigrati in Svizzera per lavorare. Finiti i compiti, dalla finestra vidi arrivare sulla strada sterrata quattro ciclisti, sudati e stanchi, tutti su biciclette da corsa color verde oliva, con la scritta Legnano e il manubrio piegato all’ingiù. La nonna, che gestiva un’osteria, li salutò con grande rispetto, li fece sedere in uno dei tavoli migliori e chiese alla zia di portare subito una brocca di acqua fresca e mettere su un disco, un liscio dell’Orchestra Casadei. Mi avvicinai al più loquace dei quattro, parlava con l’accento forlivese, e domandai da dove venissero. ‘Dalla Rocca delle Caminate, ci stiamo allenando perché dobbiamo partecipare al Giro di Romagna’. Non sapevo che fossero corridori veri, professionisti, e che quello che mi parlava un anno prima aveva vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Melbourne in Australia, poi la medaglia d’oro ai Mondiali di Copenaghen, e l’anno dopo avrebbe vinto il Giro d’Italia. Intanto sul grammofono c’era già un altro disco: ‘Il treno di Forlì’. ‘E tu che farai da grande?’, mi domandarono. ‘La corridora!’. Grandi risate. Ma l’uomo che gli amici chiamavano Ercole, e che tutti chiamavano Baldini, era serio: ‘Brava, una buona scelta. È però un percorso difficile: bisogna avere tanta passione spirito di sacrificio, ma se tu ci credi davvero, sono convinto che ce la farai’”.
Baldini fu buon profeta: “Un po’ mi è andata bene, un po’ sono stata brava anch’io. Oltre ai podi mondiali, anche i titoli italiani su strada e su pista, i record mondiali su pista, le vittorie su strada, come il Trofeo Alfredo Binda, che c’è ancora. Eravamo pioniere. Non proprio come Alfonsina Strada, l’unica donna che abbia mai partecipato al Giro d’Italia degli uomini, nel 1924, ma quasi. Tant’è che il Giro d’Italia per le donne non esisteva. Correvamo da professioniste, ma eravamo dilettanti, e spesso allo sbaraglio. Dovevamo mantenerci facendo un altro lavoro e allenandoci la mattina presto prima di entrare in fabbrica o in ufficio. Spesso i premi - camerette, cucine componibili, divani - servivano proprio come corredi per sposarci e quindi abbandonare le corse. Alcune di noi si vergognavano a uscire in bici nei propri paesi con i pantaloni corti, ritenuti scabrosi per delle signorine, qualcuna era addirittura stata licenziata dalla sua ditta dopo che il principale aveva visto il suo nome nella griglia di partenza di una gara, certi spettatori ci insultavano urlando ‘andate a casa a fare la calza’. Gli stessi giornalisti scrivevano nei loro articoli commenti tristi e domande retoriche: ‘Come faranno queste ragazze a mantenere la messa in piega e il trucco rovinato dalla fatica?’”.
Da un anno Morena fa il giro d’Italia per presentare il libro “Volevo fare la corridora” (Ediciclo), scritto con Gianluca Alzati: “Racconto la mia storia. Non per mostrarmi, ma per spiegare, descrivere, ricordare. Da Senago, dove abito, a Predappio, dove sono cresciuta, da Milano a Reggio Emilia, anche a Napoli e Crotone in videoconferenza, in librerie e biblioteche, musei e soprattutto scuole. Chi interessato alla mia vita agonistica, per la passione, chi a quella sentimentale, per la delicatezza. Sposata con un’altra donna, mai nascosto niente, sentivo il bisogno di raccontarlo perché silenzi, misteri e sottintesi creano equivoci, preconcetti e pregiudizi. E invece abbiamo tutti bisogno di chiarezza, trasparenza e sincerità per goderci la libertà”. L’amore è amore, a prescindere.
“Volevo fare la corridora” si sta rivelando, nel suo piccolo, un grande successo: “Il libro è in ristampa. E forse potrebbe arrivare in un teatro con Rita Pelusio, una delle attrici di ‘Giovinette – le calciatrici che sfidarono il Duce’”. La corridora corre, la corridora vola.