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Il Foglio sportivo

È tempo di divertirsi con il basket

Bernardo Cianfrocca

Gianmarco Pozzecco lancia i playoff: “Milano più favorita della Virtus, ma...”, la difficile selezione per i Mondiali la battaglia per l'Eurolega

Il Foglio a San Siro, ma idealmente anche al Forum di Assago e alla Segafredo Arena di Bologna. E perché no, pure alla Philippine Arena e all’Araneta Coliseum di Manila, i palazzetti dove l’Italia giocherà la prima fase dei Mondiali di basket in programma dal 26 agosto al 10 settembre tra Filippine, Indonesia e Giappone. C’è stata molta pallacanestro nell’evento di giovedì. Inevitabile, con la stagione italiana che sta per entrare nel vivo: i playoff partono oggi e tutti non si aspettano nulla di diverso da una finale tra l’Olimpia Milano e la Virtus Bologna, le due grandi favorite, le due squadre nostrane di Eurolega. Lì nessuna delle due ha raggiunto i playoff e con la Coppa Italia in bacheca a Brescia, lo scudetto è l’unica soluzione per rendere accettabile la stagione.

“Meritiamo di finire quest’annata con un titolo per come abbiamo lavorato, poi ognuno sarà libero di giudicarla come meglio crede”, dice Gigi Datome, campione in carica con Milano.

“Spero di giocare in finale contro Milano e spero vinca il migliore, anche se credo loro abbiano qualcosa in più di noi”, afferma Massimo Zanetti, proprietario e artefice della rinascita della Virtus Bologna degli ultimi anni.

Potrebbe sembrare scaramanzia, ma anche Gianmarco Pozzecco, ct dell’Italia ed ex vice di Ettore Messina a Milano, la pensa allo stesso modo: “Milano più favorita della Virtus, ma può succedere di tutto”.

Chi si nasconde meno di tutti è Umberto Gandini, presidente della Lega: “Vorrei la finale tra le due squadre migliori e che arrivino in equilibrio all’ultimo minuto di gara 7. Senza polemiche? Fanno parte della nostra cultura sportiva”. Insomma, tanto vale non farsi illusioni sull’assenza di veleni e frecciatine, come quella dello stesso Zanetti lo scorso anno contro la sudditanza verso Milano e coach Messina. Saranno proprio questi ultimi ad aprire la corsa al titolo, oggi alle 18 ad Assago contro Pesaro. Alle 20.30 seguirà Bologna contro Brindisi. A completare il quadro ci saranno Tortona-Trento nella parte di tabellone della Virtus e Venezia-Sassari in quella dell’Olimpia. I veneti hanno vinto nel 2017 e nel 2019, Sassari nel 2015. Era già pienissima era Armani, ma se prima per vincere “bastava” l’impresa contro Milano, ora ne servirebbero due, perché la Virtus per blasone, risorse economiche, qualità e profondità di roster non ha nulla da invidiare alla creatura di Re Giorgio. Un confronto tra due ricche proprietà (Armani vs Zanetti/Segafredo), tra i due coach italiani più vincenti (Messina vs Scariolo) e tra i giocatori italiani più forti e famosi degli ultimi anni (Melli e Datome vs Belinelli e Hackett).

Di questi quattro però, solo il primo è sicuro di volare nelle Filippine per i prossimi Mondiali: “È una domanda che mi mette in difficoltà, sono ragazzi con cui ho giocato, con cui ho ottimi rapporti e che adoro. Per me è complicato non chiamarli, ma il presidente mi dà un sacco di soldi per fare una squadra forte. Devo essere cinico, ma il cinismo non comporta mancanza di rispetto”, dice Pozzecco. All’evento del Foglio è un fiume in piena, ma la domanda sulle convocazioni è la croce per ogni selezionatore. Uno dei diretti interessati, allo stesso microfono, risponde qualche ora dopo: “Ho parlato con Poz, ho avuto una stagione travagliata e ci rifletteremo solo alla fine dei playoff”, dice Datome. Lui c’era all’Europeo un anno fa, Hackett e Belinelli da un po’ si sono chiamati fuori da soli.

La loro assenza non comporta però la presenza di Paolo Banchero. Prima scelta dello scorso draft Nba e miglior rookie dell’ultima stagione, sembra essere diventato troppo forte per non sperare nella chiamata degli Usa. Gianni Petrucci, presidente della Federazione, lo ha coccolato a lungo e tra le righe sembra aver abbandonato le speranze: “Se non ci sarà lui, nessun problema, abbiamo Pozzecco. Copre ogni deficit, da quando c’è lui tutti hanno entusiasmo nel venire in Nazionale, lo vedo nei suoi allenamenti”. L’entusiasmo, d’altronde, è sempre stata la cifra distintiva della carriera del Poz: “Ho sempre rappresentato qualcosa di strano, un nano che si divertiva. Gli allenatori soffrivano, perché esigevano professionalità e non la concepivano associata al divertimento. Io ero diverso, la mia grande fortuna era quella di divertirmi. Ora da coach esigo che i miei giocatori si divertano”. E da allenatori ci si può divertire? “Sì, soprattutto durante la settimana nella preparazione, poi la partita ti stressa”. La speranza è che Angola, Filippine e Repubblica Dominicana, avversarie abbordabili dell’Italia nel girone mondiale, lo stressino poco: “Un bene essere considerati favoriti, ma la componente culo è meglio averla nelle fasi successive. Nel 2004 fummo fortunati beccando Portorico ai quarti”. D’altronde, resta quella l’ultima medaglia azzurra in una competizione internazionale. “Sei popolare nel mondo solo se vinci con la Nazionale, nulla ti dà un’emozione maggiore. Noi siamo l’immagine del movimento, nelle coppe contano le singole società”, sentenzia Petrucci.

 

Le coppe portano però prestigio e introiti alle società. Massimo Zanetti sta lavorando affinché la sua Virtus Bologna possa essere riconfermata in Eurolega con una licenza: “La nostra squadra era allestita per vincere l’Eurocup e ci siamo riusciti. Quest’anno abbiamo fatto qualche rinforzo per provare a centrare i playoff anche in Europa League, ma ci siamo resi conto presto del livello della competizione, ci attrezzeremo per l’anno prossimo. Sono quasi certo che ci saremo”. Ciò non cozza con il suo contributo alla causa italiana: “La mia Virtus ha un blocco italiano importante, abbiamo riportato Belinelli e Hackett e rinnovato da poco Pajola fino al 2026, anche nella squadra femminile abbiamo puntato su Cecilia Zandalasini. I giocatori italiani meritano fiducia”. Pozzecco aveva espresso lo stesso concetto: “Non conta tanto il minutaggio, ma bisogna dar loro delle responsabilità”.

 

Gigi Datome suggerisce a quelli più giovani di lui un modo per prendersele. Ha appena scritto un libro a fumetti, Il gigante del campetto. “Il campetto è il posto più inclusivo che c’è, non ci sono arbitri e allenatori, è spensieratezza. Chiami il fallo e giochi come vuoi, è una dimensione ideale per crescere”. Lui ha l’aria di uno che ci tornerebbe volentieri: “Il basket è cambiato molto, lo vedo in maniera meno romantica. È diventato più fisico e c'è molta più attenzione per l’evento dal vivo”. Gandini lo conferma: “La fruizione dello sport cambia, allo sport abbiniamo l’intrattenimento. L’ultima Coppa Italia è stata un ottimo esempio”. L’obiettivo è “trasformare gli interessati in appassionati di basket”. Gli influencer-testimonial possono aiutare, ma dei playoff spettacolari e un Mondiale con l’Italia protagonista sarebbero il vero traino.

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