Il saluto veneziano della Coppa del mondo di calcio femminile
I Mondiali si giocano quest’estate in Australia e Nuova Zelanda. Più squadre (da 24 a 32), più risorse (da 30 a 150 milioni di montepremi), più iniziative di corredo. Come il giro del mondo del trofeo: “Questo torneo ha finalmente le dimensioni per incidere sui diritti delle donne”, dicono i delegati Fifa e Figc
Fino a pochi anni fa era difficile immaginare il Mondiale di calcio femminile tra i main event dell’agenda sportiva globale. Oggi invece il trofeo, che verrà assegnato a Sydney il prossimo 20 agosto, fa il giro dei cinque continenti. Ha fatto tappa in Italia, a Venezia, in piazza San Marco. “È la prima volta nella storia che questa coppa va a trovare tutti i 32 paesi che se la contenderanno”, dichiara il segretario generale della Figc Marco Brunelli, durante la cerimonia di presentazione all’Ateneo Veneto. “Poterla esporre in questa città a vocazione cosmopolita è un motivo d’orgoglio. E la testimonianza che in Australia e Nuova Zelanda ci saremo anche noi: non solo come Nazionale, ma anche in qualità di movimento sportivo, strutturale e dirigenziale in costante crescita”.
Per tutta la mattinata di martedì il trofeo è rimasto ‘coperto’, nell’aula magna dell’istituto culturale veneziano. Poi a Milena Bertolini e Ilaria Mauro l’onore di togliere il telo. “L’attesa si vive con entusiasmo”, dice il commissario tecnico che guidò l’Italia fino ai quarti di finale nel 2019. “Sappiamo quanto sia difficile per noi fare parte del Mondiale. Ancora di più in questa fase di transizione: alle reduci di quattro anni fa stiamo inserendo alcune giovani, presto convocherò le nostre 23, scegliere è sempre difficile ma avere ampie possibilità fa bene al nostro calcio. Il primo obiettivo è passare il girone”, dove le Azzurre affronteranno Svezia, Sudafrica e Argentina. “Abbiamo perlustrato la nostra base di Auckland, lavoriamo duro per abituarci al fuso e ai ritmi di allenamento richiesti dalla formula del torneo”. Stavolta Mauro, tra le protagoniste di Francia 2019, non ci sarà. “Ma ricordo una sensazione indescrivibile: noi laggiù non sapevamo del risalto mediatico che il torneo stava vivendo. Quando siamo tornate in Italia ci siamo sentite un po’ vip”.
Pochi dubbi. Lo scorso Mondiale ha segnato lo spartiacque decisivo per il futuro del calcio femminile. Ora le squadre in gioco sono passate da 24 a 32. E basti pensare che il montepremi della competizione, da un’edizione all’altra, è aumentato del 300 per cento: 150 milioni di dollari complessivi – erano 30 nel 2019, 15 nel 2015. Una cifra ancora lontana dai 440 stanziati per l’ultima rassegna maschile in Qatar. Ma la Fifa punta a colmare il gap entro il 2027. “Anche per questo”, interviene Jacqueline Friselle, ambasciatrice designata della Nuova Zelanda, “ospitare un torneo del genere, per la prima volta nell’emisfero australe, è un’opportunità enorme per far conoscere la nostra cultura e identità: siamo fra i pionieri della parità di genere, il primo paese al mondo ad aver introdotto il suffragio universale nel 1893 e il primo ad aver superato il divario retributivo tra calciatori e calciatrici nel 2018”. Le fa eco Margaret Twomey, la controparte australiana. “Ben oltre lo sport, crediamo che il Mondiale di calcio femminile abbia ormai le dimensioni per cambiare la società. E promuovere l’emancipazione delle donne su scala globale”.
Il congedo è riservato ai padroni di casa del Venezia, presente con una delegazione della squadra femminile e alcuni dirigenti. “Ai miei tempi”, racconta Ivan Ramiro Cordoba, consigliere delegato del club, “le ragazze che giocavano a pallone venivano viste come qualcosa di strano. Ora finalmente è arrivato il loro momento”. L’ex tripletista nerazzurro non si lascia scappare battute sull’euroderby, ma sottolinea che “è attraverso coppe di questo calibro che il calcio fa sognare. Noi a Venezia cerchiamo di dare spazio alle nostre calciatrici e normalizzare l’evoluzione in corso. Fifa, Figc, istituzioni: stiamo tutti lavorando per rendere questo sport più equo e spettacolare”. Nei prossimi giorni il trofeo è atteso in Francia per proseguire il world tour. Intanto, un pomeriggio sotto al campanile più famoso del mondo è già una bella vetrina. Probabile che della folla nei dintorni, molti curiosi provengano da quei 32 paesi partecipanti.
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