L'euroderby di Acerbi & Co.
La grande Inter discount. Chala, Dzeko e il trionfo di una band of brothers
Acerbi era arrivato tra i dubbi a parametro zero, come tanti altri eroi in partenza per Istanbul. Storia di due tifoserie antropologicamente divise e di una squadra, l'Inter, che ha fatto dei pochi soldi motivo di riscatto
Martedì sera, al termine dell’euroderby che valeva il viaggio a Istanbul ma che soprattutto e in modo viscerale contava come biglietto d’accesso al paradiso di quel “rito dissacrante ma pieno di sacralità” che è il derby di Milano, dalle poltroncine della tribuna si è sentito anche gridare – da parte di Sciur Bauscia non proprio di primo pelo – uno sfottò d’antan, che i giovani della curva rossonera non avrebbero in ogni caso capito: “A guidare i tram! Domani mattina a guidare i tram!”. Sopravvivenza, invero molto classista, di quando le tifoserie di Inter e Milan si dividevano anche per (presunta) classe sociale, i nerazzurri erano “bauscia” cioè borghesi pieni di arie e i rossoneri “casciavit”, operai, e quando non bastava pure tranvieri. Tutto è cambiato, in una città dalla mobilità sociale che si vorrebbe dolce, ma resta tutto sommato feroce e classista. Poi però accadono cose, piccole epifanie come un video sui social media, che in un attimo illuminano un’appartenenza e una divisione tra due anime di Milano. La macchina di Ace, come ormai lo chiamano. Di Francesco Acerbi. Era arrivato a fari più che spenti un anno fa, un clandestino in autostop all’ultimo giorno di mercato. Un prestito zero, un rottame di cui disfarsi, per la Lazio. Tra i mugugni dei tifosi. Martedì sera ci avrà messo tre ore a lasciare il Meazza, e il suo macchinone (altro che tram) sarà poi finito in carrozzeria. Tanti erano i pugni e le manate d’affetto che i tifosi gli hanno pestato sopra, per festeggiarlo: il nuovo idolo, il nuovo eroe.
Francesco Acerbi, nel pazzesco dopo partita di San Siro, è il compagno di squadra per il quale Federico Dimarco da Calvairate, milanese e interista di stadio fin nel midollo, sotto la curva ha intonato dal prato, con il microfono rubato allo speaker, un grido di guerra dei tifosi: “Spaccali tutti / Acerbi spaccali tutti”. E un po’ rude lo è, Francesco Acerbi da Vizzolo Predabissi, campagna lodigiana. O diciamo che il ragazzo non si lascia intimidire. Carattere e stazza, esperienza e presenza agonistica. Ma non uno che spacca gli avversari, questo no. Però, arrivato come riserva a costo zero, giusto perché Steven Zhang il Giovane non aveva più manco gli spiccioli per comprare un peso medio da medio mercato come Bremer, in un anno Ace è diventato un titolare, e un beniamino del pubblico. Anzi il simbolo stesso di questa Inter finalista di Champions League e costruita per un buon terzo con scarti di mercato, recuperi last minute e geniali operazioni a parametro zero. Una Inter, più che operaia come si diceva una volta, costruita direttamente al discount. Acerbi è arrivato in prestito gratuito con riscatto per il prossimo anno sui tre milioni. Guardato con sospetto e un po’ di sufficienza dai tifosi interisti, schizzinosi per antonomasia, lui ha badato al campo, a mordere i garretti agli attaccanti avversari (“Giroud non si gira più”, cantava martedì la Nord) e a poco a poco s’è preso per mano – complice la sparizione dai tratti misteriosi del totem della difesa scudettata Milan Skriniar – i compagni di reparto, ne è diventato il leader naturale, il guerriero della difesa. Non un “miracolo” di mercato, ma invece un piccolo capolavoro di sapienza calcistica e di intuizione caratteriale di chi lo ha scelto e lo ha voluto.
E non l’unico, in questa squadra, di capolavori da discount: Çalhanoglu è arrivato a parametro zero proprio dal Milan, che ha avuto tempo e modo di rimpiangerlo; a zero è arrivato anche l’altro pilastro del centrocampo in partenza per Istanbul, Mkhitaryan, e chissà quanto avrebbe fatto comodo quest’anno a Mourinho. A due milioni, una svendita, arrivò dallo United Matteo Darmian, il multitasking dalla faccia pulita, oggi colonna inamovibile di Inzaghi e amato beniamino del pubblico. Anche Edin Dzeko fu lasciato andare come un ferrovecchio a fine carriera dalla Roma, e invece. Per non dire di Onana, nuovo totem fra i pali: altro parametro zero dall’Olanda. Sì, ok, il monte ingaggi dell’Inter è 132 milioni, quello del Milan 86. Ma insomma, accanto alle star come Barella, Lautaro, Lukaku, Brozo, l’Inter che s’è conquistata l’euroderby e un bel festeggiamento nella notte di Milano (contava solo questo, è chiaro a tutti: a Istanbul andrà come potrà, e gloria per sempre) è l’Inter che è costata poco, fatta da eroi ri-nati per caso, una Band of brothers e di guerrieri che si sono presi una seconda, e per qualcuno l’ultima, chance. Con lo sport e con la vita. In fondo è così anche per il ragazzo della curva Dimarco, che alla sua Inter ci ha dovuto vivere tre volte, prima che arrivasse la volta buona. Era bambino sugli spalti, quando il Milan eliminò l’Inter da una semifinale di Coppa dei campioni. “Ho rimesso le cose a posto”, ha scritto ieri. Lui capopopolo col microfono, e Francesco Acerbi simbolo guerriero di una squadra costruita a impatto zero. Tutti felici così (anche il suo carrozziere).