il parallelo
Il "farewell tour" di Rafa Nadal, che vuole salutare il tennis come ha fatto Kobe Bryant con il basket
Il campione spagnolo ha annunciato che il 2024 potrebbe essere il suo ultimo anno. E per l'addio non vuole lasciare nulla al caso, come fece la stella dei Lakers
"Non penso di meritare che la mia carriera finisca così", ha detto ieri Rafa Nadal in conferenza stampa dalla sua accademia a Manacor. Aveva chiamato a raccolta i giornalisti per qualcosa che oscillava, nel barometro delle previsioni, tra il freddo ritiro dal prossimo Roland Garros e il bollente addio tout cour al tennis professionistico. Ha prevalso una via di mezzo. Polo color panna col marchio dell'accademia, abbronzatura invidiabile per il tenore grigio di questa primavera europea, Rafa ha detto che non sa quando tornerà, sicuramente non a Parigi, magari tra un mese, quattro, o forse più realisticamente direttamente l'anno prossimo. "Voglio giocare i tornei che mi piacciono. La mia ambizione è fermarmi per divertirmi di nuovo nel 2024, quando probabilmente sarà il mio ultimo anno da professionista". Non ha detto "sicuramente", ma è chiaro che quel "probabilmente" nella testa del maiorchino equivale a un: prepariamoci ad andare in tour, venite a vedermi per l'ultima volta, perché non tornerò.
A settembre dello scorso anno Roger Federer decise di annunciare il ritiro attraverso un video comunicato. Fu una improvvisata, era passato troppo tempo dall'ultima volta che lo si era visto in campo. Le ginocchia cigolavano ancora, i ricordi di vittoria cominciavano a stingersi. E allora la scelta di comparire per l'ultima volta alla Laver Cup di Londra, in doppio proprio con Rafa, circondato anche dalla presenza di Novak Djokovic a Andy Murray (gli appassionati di tennis dovrebbero stamparsi e appendere in cameretta il selfie dei Fab Four sul Tamigi), fu anche un po' una forzatura. Del tipo: compulsiamo il calendario, capiamo insieme qual è il modo più dignitoso per far calare il sipario su una carriera intramontabile.
Ebbene Rafa, forse anche memore delle lacrime versate quel giorno mentre Ellie Goulding intonava del pop stucchevole nella cornice della O2 Arena, ha realizzato di volere qualcosa di diverso. Lo ha voluto pianificare, non subire. Ma andando oltre, "perché non voglio un 2024 da comparsa, voglio lottare per obiettivi importanti". Da qui l'insistenza sull'impraticabilità di tornare a giocare da subito, come forse gli avrebbe consigliato di fare l'istinto predatorio di dieci anni fa. "Per arrivare a questo obiettivo ho preso questa decisione. Serve uno sforzo in più, questa è la mia filosofia". Il modello, insomma, è quello del giro delle sette chiese, o calato nella contemporaneità dello sport, il "farewell tour di Kobe Bryant". Nel 2016 il campione dei Lakers annunciò il ritiro all'inizio della regular season dell'Nba. Sapeva che in ogni stadio sarebbe tornato per l'ultima volta. E così, anche grazie a un'abile operazione di marketing, è riuscito a congedarsi da uno sport nel modo più celebrativo che immaginasse. Al punto che il grande rivale Shaquille O’Neal non si trattenne: "Sono super geloso. Volevo uno Shaq Tour. Non l’ho mai detto ma mi sta uccidendo".
Ma gli esempi, seppur con delle variabili, sono diversi. Quest'anno Peter Sagan e Thibaut Pinot hanno annunciato quasi in contemporanea l'addio al ciclismo (ma non alla bicicletta), prendendosi tutta la stagione come una lunga passerella-lascito. Nel calcio si fa sempre l'esempio di Roberto Baggio, anche se il Divin codino non prese la decisione all'inizio dell'anno, non aveva pianificato alcunché. Semplicemente, durante l'interruzione natalizia, capendo che il fisico non ce la faceva più, disse al'emittente bresciana Teletutto: le prossime saranno le mie ultime partite. Da lì partì un tour improvvisato che portò alla famosa partita del 16 maggio 2004, a San Siro, standing-ovation davanti al Milan dei Maldini, Cafù, Seedorf, Kakà, Shevchenko e Inzaghi. Non tanto diverso da quanto accaduto ad Alessandro Del Piero, cui divenne noto nel corso della stagione 2011-2012 che sarebbe stata l'ultima alla Juventus, anche per decisione della società bianconera. Come invece non è stato per Francesco Totti, che avrebbe voluto continuare a mettere le proprie ambizioni di calciatore non decotto (secondo lui) davanti alla brutalità dell'anagrafe.
Forse a Nadal, semplicemente, come ha detto ieri, serve del tempo per elaborare le cose. E avere il conforto del suo pubblico, degli appassionati di racchetta, potrebbe essergli d'aiuto. "Tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Succede a tutti, attori, sportivi, cantanti. E' una carriera molto felice, che ho sempre sognato di avere". Vuole che ci sia spazio per rendergli onore come giocatore, insomma. Anche perché dopo di che "inizierà una vita diversa dopo l'ultimo anno in campo, sfrutterò quello che arriverà".