Il Foglio sportivo
L'Oro di Federica Pellegrini è una dichiarazione d'amore
L’ex nuotatrice si racconta senza filtri in un libro, “una autobiografia introspettiva”. Ma non odia il suo sport come Agassi: “Sono stata innamorata follemente del nuoto”
Questa volta Federica ha scelto il momento giusto. Non è più la ragazzina innamorata che si fa beccare dall’ex fidanzato lasciato due giorni prima, in camera con quello nuovo. Federica Pellegrini adesso è una donna sposata, ma soprattutto un’ex atleta che ha saputo scegliere l’attimo giusto per uscire dall’acqua e tuffarsi nella vita. Per un’atleta, con o senza apostrofo, il passo d’addio è sempre complicato. Cogliere l’attimo non è mai scontato. La storia dello sport è piena di gente che si ritira due o tre volte in carriera e poi chiude quando è un’ombra di se stesso. Federica ha chiuso quando era ancora al top, riempiendo il suo dopo di mille cose. Il matrimonio con Matteo, i programmi tv, le pubblicità e ora anche “un’autobiografia introspettiva” come dice lei, in cui si racconta senza filtri. Dalle liti d’amore a quelle con la Federazione. Dai pianti per una medaglia persa al rapporto faticoso con il cibo che l’ha portata a combattere e vincere la sfida con la bulimia. E naturalmente le gioie, che sono state tante.
L’ha scritta con l’aiuto di Elena Stancanelli (“la sua penna è diventata la mia voce”) e l’ha intitolata Oro, un titolo che racconta la sua carriera più di tanti altri. Ma anche perché Oro, abbiamo scoperto, in veneziano significa bello. “Volevamo un titolo poetico, evocativo, non troppo lungo, impattante. L’idea è di Elena. Io all’inizio non ero troppo convinta, lo vedevo come troppo riferito alle medaglie. Lei invece mi ha fatto capire che rappresentava il viaggio, la mia ricerca della perfezione. Non evocava solo le medaglie, ma il percorso per raggiungerle, con la mia crescita da ragazzina di 14 anni a donna di oltre trent’anni”. Il libro è “un sogno realizzato. Volevo raccontare la mia storia sotto tutti gli aspetti mettendo in correlazione la mia vita personale ad ogni evento sportivo. È stato un lavoro di introspezione faticoso e a tratti anche molto doloroso però ne è valsa la pena”. In copertina si è messa di spalle: “Le spalle sono sempre state la mia fobia, ma anche l’oggetto della mia crescita professionale. Ho sempre avuto la fobia delle spalle troppo larghe, ma sono larghe anche perché ho dovuto sopportare tanto”.
Negli anni Federica è cambiata. Si è aperta al mondo. E quelli che una volta non la sopportavano sono diventati sempre meno. “Crescendo ho smussato quegli angoli molto duri del mio carattere e ho cominciato ad apprezzare il rapporto con il mondo e le persone. Così anche loro hanno fatto lo stesso con me. È stata una mia crescita personale importante”. Federica si definisce un soldato per come programmava le sue giornate scandite dal cronometro. Ma alla fine confessa: “Non ho programmato il ritiro, il tempismo nella mia vita mi ha sempre accompagnata in maniera molto fortunata, non ho mai programmato niente. Ho un buon istinto da questo punto di vista. L’essere sempre stata così dura con me stessa mi ha portato a capire che quando il fisico non mi dava più le risposte che volevo in acqua, era arrivato il momento giusto. Non mi sarei mai permessa di andare in una competizione internazionale per fare pura passerella. Non lo avrei permesso da sportiva, da donna orgogliosa che ha sempre inseguito la perfezione dando il 100 per cento. Non è stato programmato, ma è stata una coincidenza di fattori che mi hanno capire che era arrivato il momento giusto per dire addio”. E nel momento dell’addio è stata eletta membro Cio. Un passaggio importante. Un nuovo percorso. Con un primo obbiettivo: “Spingere tutte le federazioni ad avere una commissioni atleti interna perché permette di comunicare meglio tra vertici ed atleti. Io l’ho vissuto in prima persona e lo racconto nel libro, parlando alla fine abbiamo risolto i problemi”. E un fine: “La percezione della donna nello sport, della donna di successo, sta pian piano cambiando, ma credo ci sia ancora tantissimo da fare e io ho dei progetti a livello sociale in questo senso”.
Le prime mattine dopo il ritiro le è capitato di alzarsi ancora all’alba, preparare la borsa e poi fermarsi e chiedersi “Fede, ma cosa fai?”. Pensa al nuoto con amore. Il suo libro è una dichiarazione per il suo sport. Non è l’Open di Agassi. È l’esatto contrario. A cominciare dalla dedica: “All’acqua, maestra di tutto”. Spiega: “L’acqua per me è il nuoto, la competizione, mi piace stare in acqua perché è il mio elemento e lo è stato per vent’anni. L’acqua è maestra di vita, è il filo conduttore di tutto quello che ho fatto negli ultimi vent’anni. È il mio punto fermo, la mia maestra di vita. Non sono mai arrivata ad odiare l’acqua. Non ho smesso perché non mi piaceva più stare in acqua e nuotare. Ho smesso perché il mio fisico non ne poteva più. Quello che mi ha fatto andare in piscina tutti i giorni per vent’anni è stato l’amore spasmodico per il nuoto. Io il nuoto l’ho amato da impazzire”.
Anche se il suo nuoto non è stato solo medaglie. Ma fatica, tanta. Determinazione, tantissima. Federica aveva un grande talento, ma l’ha rispettato, lo ha coltivato, lo ha fatto esplodere in vasca. “ Non parlo di sacrifici perché questa vita l’ho scelta io, non mi è stata imposta da nessuno. Ma è stata faticosa: mi svegliavo alle 7, alle 8 ero in vasca a riscaldarmi, alle 8.30 in vasca e nei periodi di massimo carico arrivavo a fare 9 chilometri a seduta (180 vasche…). Uscivo mangiavo, riposavo. Pomeriggio uguale con la differenza che tre giorni alla settimana avevo anche la seduta di pesi in mezzo. Con riposo solo il sabato pomeriggio e la domenica”. Racconta dell’utilità del sonno che non è perdita di tempo, ma l’unico modo per ricaricarsi. “Per me era come attaccare la spina e sentire il mio corpo riprendere vita”. Ai ragazzi che sono in coda a farsi firmare una copia raccomanda soprattutto una cosa: “Il nuoto non si inizia per diventare famosi, non si inizia per fare soldi. Nuoti perché ti piace questo sport. Vincere e fare soldi nel nuoto è troppo difficile che devi cominciare per un solo grande motivo: la passione”. C’era una volta la Divina, soprannome regalatole dalla Gazzetta dello Sport (“Mi imbarazza, ma allo stesso tempo mi rende fiera perché dà il senso di quello che ho fatto nel mondo del nuoto”), adesso c’è una donna che continua a saper scegliere l’attimo giusto. Sarà anche istinto e non programmazione. Ma dietro c’è qualcosa di vero, non solo quello che traspare dai social.
Sconfitta in Eurolega
A Berlino l'Alba è nera per l'Emporio Armani
olive s3 e10