Una domenica tra muri e guard-rail. Il weekend di Indianapolis e Monte Carlo
Sono due mondi diversi, quasi opposti, eppure a tenere insieme Monaco e Indy, a parte muri e calendario, c’è la gloria che regalano
Metterle in calendario nello stesso giorno è una piccola perversione motoristica. Monte Carlo e Indianapolis sono due mondi opposti che si ritrovano insieme nell’ultima domenica di maggio. Sono due gare simboliche che fanno la storia da sole, sono diventate storia nelle storie dei campionati a cui appartengono. Monaco ha cominciato nel 1929, Indy ancora prima, nel 1911. Nel Principato non ci sono rettilinei abbastanza lunghi per superare i 300 all’ora e il record in qualifica supera di poco i 166 orari, a Indianapolis Alex Palou ha portato in pole la sua Dallara Honda a 376,936 chilometri orari di media (il record ufficiale è di 382,216 ottenuto da Luyendyk nel 1996). Eppure queste due corse così diverse, a tal punto che a Monaco si brinda con le bollicine italiane di Ferrari Trento e nell’Indiana con il latte, hanno un punto in comune: se ti distrai un solo secondo finisci contro un muro e in America rischi pure di farti del male. Muri e guard-rail sono gli incubi di chi corre a Monaco e Indianapolis. Quelli attorno ai 33.37 metri del circuito monegasco sono griffati. Senti il profumo che esce dalle boutique, più di quello delle benzine che oggi sono sempre meno benzine. Tutto attorno c’è solo il lusso. Quello dei negozi griffati, degli appartamenti, degli yacht ancorati in porto per farsi vedere più che per vedere. La passione è relegata lassù sulla collina che porta verso la Reggia. Il posto dei tifosi veri, senza pass per le terrazze vip da 10 mila euro a botta. Monaco è quanto di più anacronistico resista nel mondo della Formula 1. Così anacronistico però da vantare un sacco di imitazioni come la Settimana Enigmistica. Che cosa sono Singapore, Miami, Gedda, Abu Dhabi se non imitazioni di Monaco? Certo non hanno il glamour di una pista che si snoda tra il Cafè de Paris e il Casinò, costeggiando un porto che in questa settimana mette in mostra il meglio di sé, sono una brutta copia di un posto unico che regge ai segni del tempo.
Vincere il Gran premio di Monaco, la 500 miglia di Indianapolis e la 24 di Le Mans regala la Tripla Corona, un titolo più che un trofeo, per pochi. Anzi per uno solo, Graham Hill che ha vinto cinque edizioni del Gran Premio di Monaco (1963, 1964, 1965, 1968 e 1969), il Campionato del Mondo di Formula 1 nel 1962 e nel 1968, la 500 Miglia di Indianapolis nel 1966 e la 24 Ore di Le Mans nel 1972. L’unico pilota ancora in attività che potrebbe eguagliarlo è Fernando Alonso a cui manca la 500 miglia. Nel 2017 preferì non correre a Monaco per provarci a Indianapolis con una scalcagnata McLaren. Non finì bene, ma almeno non fece male. Oggi sembra averci rinunciato “Il desiderio ci sarebbe anche, ma credo che l’impegno debba essere davvero alto e al 100 per cento, perché c’è anche un fattore di pericolo – ha ammesso Fernando l’altro giorno – quando ho smesso con la Formula 1 per dedicarmi alla 500 Miglia, mi sono reso conto che i piccoli dettagli possono fare una grande differenza, e forse non sono al passo con i tempi o non sono preparato come loro, e devo ammetterlo. Quindi, se voglio vincere la Indy 500, ho bisogno di fare alcuni tentativi, di metterci il massimo impegno e di correre su alcuni ovali prima di quella gara. Non so se quando smetterò con la Formula 1 ne avrò ancora voglia“.
Sono due mondi diversi, quasi opposti. A Monaco hai 19 curve, una diversa dall’altra. Fai il pieno di adrenalina dall’inizio alla fine del giro, come racconta Leclerc che è nato da queste parti, ma non ci ha ancora mai vinto nonostante le due pole negli ultimi due anni. A Indy dove la pista è lunga 4.023 metri, le curve sono solo quattro e non devi pensare che siano tutte uguali altrimenti finiresti con il baciare un muro. Devi fare attenzione alle scie, quando la macchina davanti ti risucchia rischi di ritrovarti a 400 all’ora in zone dove di solito viaggi a 30 km in meno.
Sono due mondi diversi anche dal punto di vista del pilotaggio. Se Monaco è circondata dal glamour, lo Speedway di Indianapolis che all’interno ha un campo da golf, è un monumento alla velocità in mezzo al nulla. Un posto iconico con la sua torre, il suo muro di mattoncini rossi che ora si vedono solo sulla linea del traguardo. Ma tutto attorno trovate fabbriche di auto, scuderie, negozi che vendono tutto quanto serve per correre. Boutique a modo loro, d’accordo, ma senza la storia di un Vuitton o un Cartier.
A tenere insieme Monaco e Indianapolis, a parte muri e calendario, c’è la gloria che regalano. Vincere lì può bastare a riempire una vita da corsa. È qualcosa che puoi raccontare per sempre. Ci sono stati vincitori per caso, da una parte e dall’altra, uomini baciati dalla fortuna nel momento e nel posto giusto, ma il loro nome nell’albo d’oro è uguale a quello degli altri. Se vinci a Indy o a Monaco entri nella leggenda. Perché queste piste sono leggenda.