Il Foglio sportivo
La favola della Germani si è interrotta, ma non è finita
La Leonessa fuori dai playoff dopo la sconfitta contro Scafati. Magro: “Ma la Coppa Italia a Brescia vale di più di ogni delusione”
Alla fine, restano i trofei. “Fra vent’anni sicuro. Adesso però c’è rammarico”. La voce di coach Alessandro Magro è quella di chi “è ancora annebbiato dal giudizio”. La sua Brescia aveva tutte le carte in regola per rivelarsi la mina vagante di questi playoff. Lo era già stata a febbraio, in Coppa Italia: il primo trofeo della sua storia, da ottava sul tabellone, battendo Milano e Bologna. Un capolavoro. “Volevamo dimostrare che non eravamo la squadra dei sette ko di fila”.
E invece, quando sette sarebbero poi stati i successi, nelle dieci gare finali di campionato, è arrivata la beffa. Con la Leonessa bruciata a Scafati, all’ultimo minuto dell’ultimo quarto dell’ultima partita. “Che conducevamo pure di 17 punti. Evidentemente David Logan non era d’accordo”. Il bello del basket è anche questo: un fenomeno che si accende e decide da solo la contesa. Trasformando la festa degli uni nell’incubo degli altri. A suon di triple. A quarant’anni suonati, come Magro che però allena. “Gli avevo già fatto i complimenti quella stessa mattina”, racconta lui, “perché stava realizzando l’ennesima impresa. Poi gli ho messo addosso i nostri migliori difensori. Ma niente, non siamo riusciti a risolvere il rebus. Eppure, a 50 secondi dalla sirena eravamo ancora a +1, potenziale contropiede e palla in mano: scegliamo di buttarla in tribuna. Episodi che si ripetono. Che decidono le sorti di una stagione”.
Così Scafati si è salvata, l’ottavo slot dei playoff è andato a Pesaro. E a Brescia non resta che guardarli in tv. “Tutti credevamo fortemente nella rimonta”, dice l’allenatore, sulla panchina lombarda dal 2021. “Affrontare Milano sarebbe stata la ciliegina sulla torta di un’annata movimentata: l’Eurocup onorata fino ad Ankara”, contro la futura finalista della competizione, “la capacità di fare scudo ed emergere dalle difficoltà. Che ci sono state, e non poche. Il rammarico è non aver potuto affrontare questo 2022/23 a pieno organico, con la squadra ideata in estate”. A inizio marzo, Della Valle e compagni erano perfino penultimi. “Non è arroganza: nel corso della stagione non abbiamo mai percepito di non essere all’altezza. Questo magari ci ha portato a perdere tante partite sanguinose, ritrovandoci spalle al muro a Scafati. Ma anche ad affrontare la Coppa Italia nel modo giusto. Con la convinzione di vincere dico, mica di fare soltanto bella figura”.
Ricordi di quella tre-giorni da incorniciare? “Sorprendere l’Olimpia al debutto ci ha dato fiducia. Poi Pesaro: la sfida più difficile, tutta la pressione su di noi. E in finale non avevamo niente da perdere”. Nemmeno sul +18, con Petrucelli e Massinburg a sparare dall’arco. “La Virtus è la Virtus. Ma sapevamo di poterci imporre. Vi rivelo un aneddoto: prima della palla a due raccolgo i ragazzi per le ultime indicazioni. Forse loro – tanti avrebbero suggerito così, contro un avversario più forte – si aspettavano di sentirsi dire di restare attaccati al match”. Le parole di Magro invece furono altre. “Al diavolo: scendiamo in campo e giochiamo da Brescia”. Cioè? “Senza paura. Un basket di condivisione, del pallone in attacco e degli sforzi in difesa. Mi piace coprire gli spazi insieme, per poi correre in contropiede e attaccare nei primi secondi di possesso. Cavalcando il talento dei singoli”. Missione compiuta. “Il valore della Coppa non è soltanto nel trofeo in sé, ma nell’aver eliminato Milano e Bologna. Che per roster, coaching e risorse sono avanti anni luce”.
Anche per questo, difficile immaginare una finale playoff diversa dalle previsioni. “Magari non l’avrei detto ai miei, se ci fossimo qualificati”, ammette Magro. “Perché in gara secca può succedere tutto, ma pensare di battere tre o quattro volte delle corazzate del genere in una serie è ben altra storia”. Eppure, per fortuna che ci sono. “Sì. La pallacanestro italiana ha bisogno di due squadre in Eurolega: sono le vere locomotive del movimento e spingono le altre piazze a investire per provare a tenere il passo. Venezia lo fa da anni, Tortona cresce, noi vogliamo inserirci subito dietro”. La prossima tappa? “Rimanere competitivi. E continuare a essere un polo appetibile per i talenti. Mitrou-Long ieri, Petrucelli e Della Valle oggi: vedere dove sono arrivati fa capire che questa è la strada giusta”. Con paradosso incluso. “Forse in questo biennio siamo stati fin troppo veloci a raggiungere gli obiettivi. Far parte della Mens Sana Siena degli anni d’oro”, 2006-2014, “mi ha insegnato che il difficile non è vincere, ma confermarsi e alzare l’asticella. Qui i presupposti ci sono tutti: siamo testardi, ambiziosi, pronti a imparare dai nostri errori. Servirà del tempo. Ma poter leggere il nome della Leonessa sugli almanacchi non è cosa da tutti i giorni”. Non solo a Brescia, non solo nel basket.