Lacrime a San Siro
"Godbye" Zlatan. Ibrahimovic lascia il calcio, rockstar fino all'ultima goccia
Non si trattiene nessuno quando arriva il momento di salutare il dio del calcio diventato uomo. "Per ora voglio solo godermi quello che ho fatto. C’è troppa emozione, poi guarderò che cosa c’è dopo", dice lo svedese. Sarà davvero pronto a vivere senza il pallone?
Lacrime a San Siro. Non si trattiene nessuno quando arriva il momento di salutare il dio del calcio diventato uomo. Godbye, dice lo striscione della curva. Salutano il loro dio. Anche per Superman è arrivato il momento di togliersi il mantello e cambiare vita: “Anche Superman ha un cuore”. Zlatan Ibrahimovic piange come non ha mai fatto prima. Non è la last dance che sognava, non è dai lui salutare in borghese, tutto di nero vestito, elegante, ma triste per non esser riuscito a mettersi i calzoncini e la maglietta rossonera. Quella con il numero 11 la indossano tutti i suoi compagni.
Neppure Tonali trattiene le lacrime, lui che è milanista dentro sa quanto ha significato Ibra. Ha fatto diventare uomini tanti ragazzi (“Avevo due figli a casa, me ne sono trovati 25 nello spogliatoio”). Ed è un segno del destino che nell’ultimo giorno di Zlatan, Leao segni la sua quarta doppietta stagionale. Potrebbe essere un passaggio di consegne se Leao avesse la testa e il carattere di Zlatan. Deve crescere ancora per raccogliere l’eredità del re. “Di Zlatan c’è n’è uno. Non è giusto paragonarlo a me. Per mio ego non credo arriverà un altro Zlatan”. Suona di rockstar fino all’ultima goccia.
“La prima volta mi avete dato la felicità, la seconda volta mi avete dato l’amore: sarò milanista per tutta la vita”. Una promessa che viene dal cuore. Ibra ha girato il mondo, ha girato l’Italia ma solo al Milan si è sentito a casa. “troppa emozione mi gira dentro” dice da centro campo. Si vede. Nei suoi occhi, in quelli di Helena la sua compagna, in quelli dei suoi figli. Dei 70 mila che lo hanno accompagnato nella sua ultima passeggiata. Non è un addio, è un arrivederci al Milan. Ma è un addio al calcio. “Dico ciao al calcio, non ciao a voi. Ci vediamo in giro se siete fortunati”. Il domani gli fa ancora paura. Lo ha ripetuto anche l’altro giorno nell’ultima intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. Lo aveva scritto nella sua autobiografia: "Smettere mi fa paura, non so che cosa ci sia dopo". Dopo avrebbe potuto esserci altro calcio. Lo aspettavano Berlusconi e Galliani al Monza. Ma anche per Superman passano gli anni e non avrebbe avuto senso affrontare un altro anno di tormento con il fisico che non riusciva a stare al passo della sua testa.
I grandi campioni devono saper cogliere l’attimo per lasciare. Ibra avrebbe potuto farlo con lo scudetto e quel discorso nello spogliatoio. Avrebbe potuto spegnere la luce insieme al sigaro che fumava dal tetto del pullman in trionfo a Milano. Ha cercato di continuare. Ha tirato in lungo fino alla resa. Ha lasciato il segno dovunque è andato. Gli manca solo una Champions e conoscendo il suo orgoglio la cosa gli pesa. Ma non è quel buco a cambiare il senso del suo essere Ibra. Lui si sente Superman comunque. Si sente un dio del calcio. Esagera, ma non più di tanto. Ha voluto sorprendere anche nella sua ultima recita. “Non ci aveva detto che avrebbe lasciato”, ha raccontato Tonali. “Non lo sapeva nessuno, neppure la mia famiglia, me lo sono tenuto dentro. Quando mi sono svegliato pioveva e ho detto: anche Dio è triste. Sono orgoglioso e felice di aver fatto durare a lungo la mia carriera. È il mio ultimo giorno da professionista. Da domani sarò un uomo libero… se ci fosse stato Mino sarei andato avanti perché lui voleva commissione…”.
Alla fine ha fatto la scelta giusta, non aveva senso tirare in lungo. Il Milan sarà pronto a camminare senza Ibra? Il percorso fatto in Champions quest’anno direbbe di sì. Ma ora tocca alla società riempire quel vuoto. Proseguire nella crescita, aggiungere qualità a una rosa troppo stretta per reggere su più fronti. E Ibra sarà pronto a vivere senza giocare a calcio? Sarà pronto a vivere senza le scosse di adrenalina che può dare il campo? Solo lui può saperlo. Non sembra il tipo che possa pentirsi di una scelta così sofferta, così protratta nel tempo. “Adesso arriva un nuovo capitolo della mia vita. Il calcio mi ha fatto diventare uomo”. Adesso quell’uomo deve camminare senza pallone. “Per il momento voglio solo godermi quello che ho fatto. C’è troppa emozione, quando passerà guarderò che cosa c’è dopo. Devo pensare bene. Ma non pensò che lascerò il calcio. Datemi il tempo per capire”.