Olive #38
Teun Koopmeiners ha trovato le risposte
Nel gennaio del 2021 nei Paesi Bassi ci si chiedeva due cose sul centrocampista olandese: quanto tempo ci avrebbe impiegato a diventare uno dei perni della Nazionale e quale grande club europeo lo avrebbe preso. All'Atalanta ha trovato la squadra giusta per dimostrare il suo valore
Nel gennaio del 2021, dopo sei partite più che convincenti disputate da capitano dell'Az Alkmaar in Europa League – nel girone F, quello del Napoli, contro il quale però sbagliò un rigore –, il Telegraaf, il quotidiano più venduto nei Paesi Bassi, dedicò a Teun Koopmeiners un articolo nel quale si faceva due domande: quanto tempo ci sarebbe voluto a Frank de Boer per far diventare il centrocampista dei Kaasboeren uno dei perni della Nazionale olandese e quale grande club europeo lo avrebbe preso. In quel momento Teun Koopmeiners aveva segnato dieci gol in campionato, aveva concesso quattro assist ai compagni, aveva recuperato centinaia di palloni, aveva sbagliato solo meno del dieci per cento dei passaggi. E tutto da centrocampista arretrato.
Le due domande erano più che legittime. A tal punto che in estate pure il Algemeen Dagblad, il secondo giornale per diffusione, si interrogò a questo proposito.
Il Telegraaf aveva parlato di un interessamento di Atletico Madrid, Tottenham, Leicester e Aston Villa per il centrocampista. Interessamenti che non portarono a niente. A fine agosto, a pochi giorni dalla fine del mercato Teun Koopmeiners era ancora un calciatore, nonché capitano, dell'Az Alkmaar.
Poi arrivarono l'Atalanta e Louis van Gaal.
In pochi giorni i bergamaschi trovarono l'accordo con gli olandesi. Il mese dopo il commissario tecnico che ad agosto aveva sostituito Frank de Boer sulla panchina degli Oranje, richiamò il centrocampista in Nazionale.
Se nei Paesi Bassi le qualità di Teun Koopmeiners erano conosciute da tempo, l'arrivo in Italia dell'olandese passò in secondo piano. Lo descrissero come un buon centrocampista bravo a segnare, raccontarono dell'interessamento della Lazio due anni prima, come sbandierato tra i tanti interessamenti a tanti altri talenti giovani e dal cognome più o meno esotico, che fa tanto Football manager. Un centrale di centrocampo come tanti, nulla di che insomma, una buona controfigura per Mario Pasalic, Remo Freuler o Marten de Roon.
Gian Piero Gasperini ha però il pregio di fregarsene degli schemi, del nome e del pedigree. Dopo qualche mese passato ad allenare l'olandese, il tecnico nerazzurro si convince che su di lui e non su altri avrebbe dovuto contare, perché uno come lui, come Teun Koopmeiners, meritava la fatica di rimettere in discussione qualche dettaglio del modo di giocare a calcio dell'Atalanta.
Gasp provò la difesa a quattro e il centrocampo a cinque, ritornò sui suoi passi con la difesa a tre e il centrocampo a sei. Lo utilizzò da mediano e sulla trequarti, poi sistemò gli altri attorno a lui.
Non era più l'Atalanta bella e vincente degli anni prima, quella dei terzi posti e dei quarti in Champions League. Era un bel vedere certo, ma un bel vedere a intermittenza. Un bel vedere con un giocatore più bello degli altri, più centrale e centrato degli altri: Teun Koopmeiners. Quello attorno al quale, nei Paesi Bassi, si interrogavano quanto tempo ci avrebbe messo per essere perno della Nazionale. Un anno e qualche mese la risposta.
Ora Teun Koopmeiners lo vorrebbero in tanti: dieci gol – gli stessi di Rasmus Højlund, cinque in meno di Ademola Lookman, ma di lavoro fanno gli attaccanti –, quattro assist e centinaia di palloni recuperati non sono pochi, farebbero comodo a parecchi. Nuove voci, nuove manifestazioni d'interesse. Dicono nei Paesi Bassi, sempre il Telegraaf, che Jürgen Klopp se ne sia innamorato e che lo vedrebbe a meraviglia giocare per lui. E a pensarci bene, risulta facile anche capire il perché.
Nda. Per un mese Olive è rimasta ferma, ci sarebbe stato da scrivere sui (non per forza) protagonisti della Serie A, ma c'era il Giro d'Italia e il mio interesse era focalizzato sul Giro d'Italia. Per scrivere un ritratto di un calciatore ci vuole tempo e pazienza d'approfondimento, non ce l'avevo, quindi ho pensato bene di concedere una pausa a Olive. Anche perché scrivere di calcio è bello, ma scrivere di ciclismo è meglio, almeno per quello che mi riguarda. Chiedo scusa ai lettori. L'ultima tappa di questo viaggio è completata, vedremo se ci sarà un altro viaggio.
Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia (Napoli), nella seconda di Emil Audero (Sampdoria), nella terza di Boulaye Dia (Salernitana), nella quarta di Tommaso Baldanzi (Empoli), nella quinta di Marko Arnautovic (Bologna), nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto (Udinese), nella settima di Christian Gytkjær (Monza), nell'ottava Armand Laurienté (Sassuolo), nella nona Sergej Milinkovic-Savic (Lazio), nella decima Sandro Tonali (Milan), nell'undicesima Cyriel Dessers (Cremonese), nella dodicesima Tammy Abraham (Roma), nella tredicesima Stefano Sensi (Monza), nella quattordicesima Federico Baschirotto (Lecce), nella quindicesima Moise Kean (Juventus), nella diciasettesima Rasmus Hojlund (Atalanta); nella diciottesima M'Bala Nzola (Siena); nella diciannovesima Federico Dimarco (Inter); nella ventesima Cyril Ngonge (Hellas Verona); nella ventunesima Riccardo Saponara (Fiorentina); nella ventiduesima Perr Schuurs (Torino); nella ventitreesima Ola Solbakken (Roma); nella ventiquattresima Riccardo Orsolini (Bologna); nella venticinquesima Henrikh Mkhitaryan (Inter); nella ventiseiesima Rolando Mandragora (Fiorentina); nella ventisettesima Zlatan Ibrahimovic (Milan); nella ventottesima Nemanja Radonjić (Torino); nella ventinovesima Mattia Zaccagni (Lazio); nella trentesima Maxime Lopez (Sassuolo); nella trentunesima Lazar Samardzic (Udinese); nella trentaduesima Mathías Olivera (Napoli).