Non è male il calcio Made in Italy. La Lega A alla conquista del mondo
Non è sovranismo, e nemmeno "Open to contropiede"
La proposta lanciata da Luigi De Siervo, ad di Lega Serie A, per potenziare l'immagine del nostro calcio all'estero ha fatto sorridere molti, e invece ha dei buoni contenuti (nome a parte). Ma davvero serve anche un contributo di Stato di 10 milioni? Non è meglio far crescere le società, magari facendo costruire gli stadi?
Si poteva chiamarlo ItsSoccer, giusto per ispirarsi al famoso bidone franceschiniano di ItsArt, la Netflix della cultura. O perché no Made in Azzurri, o anche NetxGenerationScudetto. L’idea di ribattezzare – ma ad uso esclusivo dei mercati esteri (diritti, social, sponsor) – il nostro caro vecchio campionato di calcio di Serie A, quello che un tempo galleggiava nel bicchiere dello Stock 84, come “Serie A Made in Italy” non è forse stata una trovata di quelle da vincere un advertising award. Insomma siamo dalle parti di Open to meraviglia, o di Open to contropiede. Quindi va da sé, in automatico come si dice, che il bravo Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A che ha lanciato nome e idea, sia finito nel tritacarne del cazzeggio mediatico, e quello è poca cosa, ma soprattutto contro un muro ideologico e concettuale. Perché, Made in Italy o ItsSoccer a seconda di come ci si immagini che possa suonare meglio alle esorbitanti (mezzo miliardo?) platee dei calciofili mondiali, la proposta avanzata dalla Lega è invece giusta, e meritava anche di non attirarsi il sospetto di omaggio al governo sovranista. “La Serie A ha iniziato il viaggio per riconquistare la leadership internazionale”, ha detto De Siervo, guardando ovviamente più in là delle finali sul campo. Perché non bastano più mecenati e sponsor locali; e i mitici fondi, prima di potersene fidare (vero Maldini?) bisogna saperli attirare. Con progetti, comunicazione, marketing. “Il calcio italiano ha un buon livello di attrattività”, ma bisogna fare di meglio.
“Il tempo effettivo delle partite arriva al 66 per cento, manca un 33 per cento che dev’essere più attrattivo, per esempio con le telecamere che si usano al cinema”, ha detto il capo della Serie A. “Competiamo contro Netflix e Amazon per la conquista del tempo libero della gente. Il successo dei nostri club non è una casualità”, bisogna costruire un prodotto valido per gli investitori, cioè che attiri anche lo spettatore divanista polacco, o coreano. E su questo, nomi a parte, chi potrebbe dissentire, se non chi pensa ancora a un calcio stato-salame? E infatti è un po’ più difficile da comprendere, più di ItsSoccer, il previsto finanziamento pubblico da dieci milioni che ha fatto arricciare il naso (preventivamente eh, il naso si arriccia sempre preventivamente) a tanti che hanno detto: ma il calcio ha bisogno davvero di denari pubblici? Non sono più importanti gli asili? Appunto: se si togliessero un po’ di paletti, se alle società fosse concesso di costruirsi gli stadi, invece di mettere vincoli su vecchi catafalchi (De Siervo ha appena elogiato il nuovo stadio della Atalanta), il calcio correrebbe di più e da solo. Senza il bonus esportazione del governo.
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