La Nazionale del rugby cambierà allenatore dopo i Mondiali. Perché?
La Federazione ha deciso di non rinnovare il contratto a Kieran Crowley dopo la Coppa del mondo nonostante i giocatori si trovassero bene, lui avrebbe voluto rimanere, i tifosi lo stimavano e i risultati, seppur lentamente, stavano arrivando. Al suo posto ci sarà Gonzalo Quesada.
Ieri pomeriggio la Federazione Italiana Rugby ha comunicato che non rinnoverà il contratto dell’allenatore della nazionale maggiore, Kieran Crowley e che di conseguenza il neozelandese lascerà la panchina azzurra dopo la Coppa del mondo che si giocherà a settembre e ottobre in Francia. Oggi ha ufficializzato che il suo successore, dal primo gennaio 2024, sarà Gonzalo Quesada fino a questa stagione tecnico dello Stade Français.
L’addio di Crowley ha causato il malcontento nei tifosi del rugby italiano, che non capiscono perché mandar via un allenatore che ha portato un miglioramento evidente sotto ogni punto di vista e che non voleva andarsene. Nel comunicato ufficiale sulla sua situazione, infatti, Crowley dice: “Mi sarebbe piaciuto essere coinvolto con la Nazionale italiana anche per il prossimo ciclo […] e sono dispiaciuto della scelta della Fir di non estendere il mio contratto". Parole che non lasciano intendere che ci sia stato un addio concordato.
L’Italia lascia un allenatore capace e preparato, che è stato protagonista della prima vittoria nel Sei Nazioni in sette anni e di uno storico trionfo sull’Australia, che ha portato un miglioramento evidente nel gioco e che ha lanciato un’infinità di giocatori, su tutti quell’Ange Capuozzo che oggi è visto come l’uomo della provvidenza.
Nelle ultime convocazioni di coach Crowley, quelle per i Mondiali, sono entrati nel gruppo anche due grandi talenti naturalizzati: Dino Lamb e Paolo Odogwu possono essere giocatori da salto di qualità. Però, in un rincorrersi tafazziano di schemi già visti, ancora una volta l’Italia andrà alla Coppa del Mondo con un allenatore con la valigia pronta: era successo nel 2007 con Pierre Berbizier, nel 2011 con Nick Mallett, nel 2019 con Conor O’Shea e ora succede di nuovo. Come in un Jumanji reale, quando l’Italia prende una strada buona, succede qualcosa che la fa ripartire daccapo.
A marzo, proprio in un’intervista al Foglio, Paolo Garbisi disse di Crowley: "Mi piacerebbe continuare con lui, anche perché l’ho avuto a Treviso. Certo, sono sicuro che la Federazione farà la scelta giusta, ma scegliendo un altro allenatore c’è il rischio che si debba ricominciare da capo e non so quanto possa farci bene".
Isomma: i giocatori si trovano bene, lui vuole rimanere, i tifosi lo stimano, i risultati, seppur lentamente, arrivano, il gioco è decisamente migliorato. Perché interrompere tutto?
Beninteso, Quesada è un grande allenatore, uno di quelli cresciuti a pane, garra e avanguardia e quest’anno ha sfiorato la semifinale del campionato francese, se Marcos Kremer non si fosse fatto espellere, ma tutti si aspettavano una scelta diversa. Anche chi avrebbe scommesso su Marco Bortolami, eterno capitano azzurro che a Treviso sta facendo molto bene. Se il presidente federale Marzio Innocenti avesse optato per lui, magari con l’obiettivo di poter dire di essere il presidente che aveva rimesso un italiano sulla panchina della nazionale dai tempi di Massimo Mascioletti (1999-2000), forse sarebbe stato più semplice trovare un senso.
Andare a prendere, per dirla con le parole di un suo connazionale, “dall’altra parte del mondo” un allenatore preparatissimo, ma comunque costretto, per ambizione, età e personalità, a imporre il suo stile, in un momento in cui tutto sembra andar bene, sembra quantomeno disfunzionale. Poi magari le cose andranno bene, sicuramente lo faranno. Però ecco, per far crescere i frutti ci vogliono tempo e fatica. Non serve cambiare giardiniere ogni settimana.
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