cortocircuiti
Plusvalenze Juve, chiesta l'archiviazione: nuove ragioni per riformare la giustizia sportiva
Dopo la penalità in sede sportiva, i giudici del processo di Torino dicono che non c'è stata falsa fatturazione: "Emersa la finalità prevalentemente bilancistica e non fiscale". Chiedono, per questo reato, lo stralcio della posizione di Agnelli, Paratici e Nedved. Resta in piedi la "manovra stipendi", quella su cui i bianconeri se la sono cavati patteggiando con la Figc
Come si spiega una sanzione sportiva di dieci punti, basata sulle carte prodotte dall'accusa all'interno di un processo ordinario, in cui quel reato è stato successivamente archiviato dal giudice per le indagini preliminari? La risposta non è nota, magari arriverà. Nel frattempo, illuminare i paradossi di questa dinamica torna utile per mettere in luce una volta di più le acrobazie della giustizia dello sport, la necessità sempre più urgente di una riforma complessiva dell'ordinamento.
I fatti: a Torino, nel processo a carico della Juventus, è stata chiesta l'archiviazione per il reato di false fatturazioni a carico degli ex vertici del club che facevano parte del Cda: da Andrea Agnelli a Pavel Nedved fino a Fabio Paratici, per citare i più noti. Da qui derivava l'ipotesi delle plusvalenze fittizie – che in ogni caso, come hanno scritto i giudici, “risultano neutre (a somma zero) sotto il profilo finanziario e tese soltanto a consentire la registrazione di un ricavo immediato, con spalmatura dei costi in più esercizi, al fine di celare l’erosione del capitale sociale e raggiungere gli obiettivi imposti dal Financial Fair Play”. Ma, è la spiegazione attraverso cui si chiede di stralciare la posizione, “anche ritenendo accertata la natura fittizia o artificiale dei valori contrattuali, non appare ravvisabile in capo alla Juventus un concreto vantaggio fiscale”.
Si può certamente obiettare che tale condotta non è limpida e che evidenzia un modo di procedere da parte dei dirigenti bianconeri non del tutto consono, e che lo sport è un'altra cosa, segue altre logiche. E infatti questo nuovo sviluppo non mette al riparo la Juventus da un provvedimento Uefa (si parla di una multa salata e di esclusione dalle coppe), per violazione del settlement agreement, e dunque della norma sul Fair play finanziaro. Ma allo stesso tempo, tornando all'Italia, non si può non riconoscere che se il fine ultimo della plusvalenza era ottenere un vantaggio fiscale, questo non c'è stato. E in attesa dei processi alle intenzioni, è su altre basi – di certo non soltanto sulle rilevazione dei pm - che dovrebbe muoversi la giustizia sportiva.
Così il sospetto che il patteggiamento bianconero si sia stato figlio di una sorta di scambio politico, di un accordo tra le parti che va ben oltre l'ambito giudiziario, in una sorta di bilanciamento tra i due processi a cui la Figc ha sottoposto la Juventus (Plusvalenze e stipendi), si fa più forte, più sostanzioso. Anche in questo caso, non mancano gli interrogativi. Quelli sulla federazione del calcio italiano – sulle cui modalità di intervento, tanto si è detto – ma anche quelli sulla Juventus, sul perché la società di Torino abbia preventivamente patteggiato, rinunciando contestualmente a ogni ricorso. Cosa che invece non ha fatto Andrea Agnelli, rimasto al di fuori dell'accordo Juve-procura sportiva, che proprio ieri sul filone plusvalenze, ha presentato ricorso al Tar contro i due anni di squalifica sportiva.
I guai bianconeri tuttavia, dal punto di vista della giustizia ordinaria, non sono certamente finiti. Perché il processo torinese va avanti. Sempre ieri, contestualmente agli sviluppi sulle plusvalenze, sono arrivate le archiviazioni per tre membri del collegio sindacale, in merito alle accuse di false comunicazioni sociali per i bilanci artefatti. Hanno dimostrato la loro estraneità ai fatti, mentre i giudici di Torino hanno motivato la decisione, in quanto è emersa la “chiara la volontà dei dirigenti juventini di non rendere pubblico alcunché in ordine alle trattive con i giocatori".
Sono considerazioni che rischiano di aggravare ulteriormente la posizione dei vertici bianconeri negli altri aspetti su cui l'inchiesta Prisma vuole fare luce – la manovra stipendi soprattutto e gli effetti sulla quotazione in Borsa. Bisognerà a ogni modo attendere i tempi della giustizia ordinaria. Quel che è certo intanto, è che dal punto di vista sportivo la Figc dovrà farsi bastare l'ammenda comminata alla Juventus dopo il patteggiamento.
Insomma un altro cortocircuito, che di nuovo evidenzia il rapporto “malato” tra giustizia sportiva ed ordinaria. Perché se da una parte quello che non è punito dal codice di procedura penale, può certamente essere rilevante a livello sportivo, dall'altra resta il fatto che le procure sportive siano incapaci – non hanno i mezzi, gli strumenti e le competenze – di portare avanti indagini indipendenti. E quindi di non cadere nel richiamo delle sirene giustizialiste, finendo per trattare vicende analoghe in maniera diversa ed essere relegati al ruolo di passacarte interpreti del sentimento popolare.