il Draft Nba 2023
La dura vita del predestinato. San Antonio e l'Nba di Victor Wembanyama
La prima scelta al Draft 2023 è capitata a San Antonio che ha puntato sul cestista francese. Nessuna sorpresa, doveva andare così. Ora c'è solo l'attesa per vederlo sui parquet americani e per capire quando inizierà la sua èra
Quando il commissioner dell’Nba, Adam Silver, ha chiamato il nome di Victor Wembanyama ufficializzando la scelta dei San Antonio Spurs, prima squadra a scegliere al Draft 2023 – ossia il meccanismo che dal 1947 permette alle franchigie della lega di basket di accaparrarsi i migliori giovani provenienti dal college (o dagli altri campionati) e che dà priorità di scelta alle squadre che non si sono qualificate ai playoff nella stagione precedente –, nessuno è rimasto sorpreso, tutto doveva andare così e così è andato. E doveva andare così perché il francese non è un giocatore di basket qualsiasi, è colui il quale dovrà, e i più sembrano non avere dubbi a proposito, diventare uno dei più forti cestiti, se non il più forte, dell’Nba. Un predestinato. Il predestinato.
Mica semplice la vita del predestinato. Soprattutto in Nba. Il mondo intero ti guarda e ti chiede soltanto la perfezione, anzi di più della perfezione, la capacità di perfezionare tutti gli altri. Va così da sempre coi predestinati. Se Victor Wembanyama lo è farà in modo di farlo vedere.
Ed è proprio alla vista, alla prima vista che Victor Wembanyama spiazza.
A guardarlo fuori dal campo, così alto e così secco, con quelle gambe e quelle braccia lunghe ed esili che sembrano rami di salice, non gli si dà due dollari. Dove vuoi che vada uno così?, si è portati a credere. Che li abbiamo visti tutti gli altri, soprattutto quelli forti forti: grossi, ben piazzati, con certi bicipiti, certi quadricipiti e certi polpacci che sembrano tronchi di pino. Poi c’è il campo e il campo è altra cosa. È un bel vedere in campo Victor Wembanyama. Si muove leggero e veloce e la velocità se si misura in altezza 2 metri e 19 non è scontata, anzi. E quel tiro che sembra telecomandato. Dalle sue mani il pallone va sempre a finire dentro al canestro.
Spiazza Victor Wembanyama. A tal punto da stupire e generare stupore, quello che di solito è riservato ai più forti.
Intanto c’è l’attesa. Un’attesa che non sarà molto lunga, ma parecchio animata, quasi febbrile. Un’attesa che era da un po’ che gli amanti del basket, soprattutto di quello americano, non provavano.
Era dal 2003 che non c’era tanta attesa per un atleta. All’epoca il predestinato era LeBron James. Pure lui doveva sconvolgere quello che c’era, riscrivere le gerarchie dell’Nba. C’è riuscito, ha vinto ovunque ha giocato, pure a Cleveland, anche se non nella prima parte della sua avventura in Colorado. C’era mai riuscito nessuno a vincere a Cleveland.
A San Antonio hanno già vinto. È da più di un lustro però che non va benissimo e quando ci si convince di essere vincenti, perché si vince, cinque anni sembrano cinque decenni. Victor Wembanyama ha “solo” il compito di trasformare un gruppo discreto, in un gruppo capace di tornare alla vittoria.
Due volte i San Antonio Spurs hanno avuto la possibilità di scegliere per primi. Presero David Robinson nel 1987 e Tim Duncan nel 1997. A farla breve e soprattutto semplice, il primo li rese una squadra forte, il secondo, grazie anche a Robinson, vincente. Il primo non era scontato fosse una prima scelta, fortissimo ma doveva fare il servizio di leva in Marina e c’era anche altra gente validissima (Scottie Pippen su tutti, ma anche Dennis Hopson, all’epoca considerato un sicuro protagonista del basket americano), il secondo sì: c’era niente di meglio in giro. Un po’ come quest’anno. In Texas, e non solo in Texas, sono convinti che Victor Wembanyama possa diventare l’uomo giusto per tornare ai fasti del Duncan-Ginobili-Parker (francese anche lui come Wembanyama), con special guest Kawhi Leonard nel 2014.
Ci si aspetta un’altra epopea, senz’altro qualcosa di diverso. Un racconto nuovo, quello a immagine e somiglianza di Victor Wembanyama. La fortuna del francese è che in panchina a San Antonio siede ancora Gregg Popovich. Che ha detto: "Lasciamo che Victor sia Victor. Una lezione che io ho imparato da Manu Ginobili: lasciamolo libero di giocare e vediamo che succede”. Con Ginobili andò benissimo. Era proprio un bel vedere Ginobili.