il personaggio
La meccanica di Billy Baron ha aggiustato anche l'Olimpia Milano
L’americano non era il grande nome della scintillante campagna acquisti voluta da Messina. Ma si è rivelato il più affidabile, accendendosi sul più bello: sulla terza stella c’è il segno delle sue triple
Quarto periodo di gara-7, ogni azione pesa come un macigno. Milos Teodosic, dall’alto del suo genio cestistico, ha appena realizzato tre punti fondamentali per tenere vive le speranze di Bologna: -8 a quattro minuti dalla fine. C’è ancora partita. Palla a Billy Baron, dall’altra parte del campo. E l’americano dell’Olimpia ripaga con la stessa moneta: tripla da distanza siderale, in faccia a Milos, Forum in delirio. Altro giro, altra corsa. Ancora Baron da oltre l’arco, stavolta contro Belinelli: dentro. E di nuovo, sulla testa di Hackett – praticamente i tre cervelli della Virtus: fallo, giro in lunetta e fanno 9 in due minuti. Ora il tabellone dice 67-49. È fatta. Il tricolore va a Milano. E la spallata decisiva a una serie tiratissima è arrivata dallo straniero meno chiacchierato, di quel roster che tanto costò. Motivo semplice: Baron è un tiratore scelto. Formidabile dal palleggio, chirurgico in sospensione, letale in uscita dai blocchi. La vera specialità della casa. E come tutti i tiratori del grande basket, segnare tanto o poco nel corso della stagione – nel caso di Billy, poco più di 11 punti di media – vale più che altro per le statistiche.
Conta quando. Solo questo. Prima dell’assolo da scudetto, Baron stava sparando a salve: due soli punti, 0/6 dalla distanza. Era fisicamente al limite: subito dopo i festeggiamenti si è dovuto operare al gomito e starà fuori per oltre tre mesi. Ma gli è bastato l’attimo giusto per entrare di diritto nella storia dell’Olimpia – la terza stella non si dimentica. “Questione di testa”, si presentò lui ai microfoni del club, l’estate scorsa. “Per essere un grande shooter occorre imparare diverse tipologie di rilascio. Simulare in allenamento le situazioni di gioco più difficili. E ripetere, fino a trovare continuità”. È la lezione di una vita. Baron, classe 1990, proviene da una dinastia di guardie tiratrici dell’East coast. Dopo una breve carriera, il padre Jim si è affermato come coach di basket universitario, che negli Stati Uniti equivale all’anticamera dell’Nba. Ha allenato entrambi i figli: anche Jimmy, il fratello maggiore, è diventato professionista. E ha fatto da apripista per Billy, sdoganando il grande salto nel vecchio continente. I due Baron hanno pure giocato insieme, nel 2015/16, allo Spirou Charleroi. Poi per il più giovane sono scattate le sirene dell’Eurolega. Stella Rossa, poi Zenit San Pietroburgo. Ovunque è andato ha vinto il campionato a suon di triple. E nella primavera 2022 è stato premiato Sesto uomo dell’anno dalla Federazione cestistica russa. Arriva così la chiamata delle scarpette rosse.
Con un progetto da valido sparring partner, più che da primo attore. Milano sogna in grande, arruola Pangos, Voigtmann, Thomas, e Davies: fra tante eccellenze del basket europeo, il nome di Baron passa quasi in sordina. Succede che invece l’atto primo del dopo-Chacho si rivela più complicato del previsto. L’obiettivo dichiarato – Final four di Eurolega – va presto in fumo. I big, tra involuzione e infortuni, deludono. La vecchia guardia – Melli, Datome, Hines – regge l’urto, ma serve altro. L’innesto a stagione in corso di Shabazz Napier è la scintilla che rianima l’Olimpia. L’uscita di Shavon Shields dall’infermeria sa di rilancio definitivo. Ma prima di sabato, la premiata ditta Armani-Messina rischiava ancora di chiudere senza titoli un’annata iniziata con ben altre ambizioni. Sarebbe stato uno smacco mica da ridere. Poi quel Billy numero 12 s’è messo in proprio. Ciuf, ciuf, ciuf. Retina bucata come un treno che va.