IL FOGLIO SPORTIVO - DAL CAMPO ALLA SCRIVANIA
Il nuovo mondo di Marchisio
“I giovani facciamoli scottare. Se hanno la testa a posto non si bruciano”, ci dice l'ex capitano della Juventus, che ora è il pilota di un'agenzia di comunicazione e marketing
A distanza di quattro anni dall’addio al calcio giocato, oggi Marchisio è il pilota di un’agenzia di comunicazione e marketing. Mate, si chiama. I professionisti delle seconde vite. Negli uffici due maglie appese al muro, con il bianconero addosso. La sua e, accanto, quella di Chiellini. Compagni, amici, ora anche soci. Perni della ricostruzione della Juventus post Calciopoli. Una conferma per Giorgio, un catalizzatore naturale per Claudio. “Ciò che successe quell’estate ha sicuramente accelerato il mio percorso – dice Marchisio – ma il talento alla fine vince sempre. Spesso sento dire: ‘Quello lì è ancora troppo giovane e va protetto’. Ma facciamoli scottare questi ragazzi. Se hanno la testa a posto, la prossima volta, non si bruceranno più. È una selezione naturale, i più forti emergono”. Perché lui sia invece pronto per la Juventus serve prima un breve warm up. Ed Empoli è l’oasi perfetta. “Sapevo che sarei andato in prestito – continua Marchisio – Ricordo che il primo giorno di ritiro, dopo cena, andai a trovare Giovinco e Abate che condividevano la stanza. Seba mi guardò e disse: “Oh finalmente, con lui sì che qua iniziamo davvero a giocare a pallone”. Quell’anno i toscani retrocessero, ma per il Principino fu oro esperienziale. Si torna a Torino.
Giusto qualche mese e arriva il primo urlo in Serie A, decisivo per battere la Fiorentina. “Me lo ricordo perché quel giorno sbagliai anche i tacchetti – racconta – Quando tornammo dal riscaldamento ne indossai due di tipo diverso, peccato che me ne resi conto solo quando eravamo nel tunnel e così dovetti tornare indietro. I miei compagni pensarono che non ci fossi con la testa, invece segnai il gol-partita”. Studioso famelico, Marchisio. Prendeva da tutti, a partire dal capitano per antonomasia, Alex Del Piero. “Iniziai a vincere con il suo ultimo scudetto – conferma l’ex numero otto della Juve – Era un modello aspirazionale, quando avevo 22 anni mi dava già consigli sul futuro”. Tra colonne ci si intende. Marchisio però era soprattutto pattern dell’eclettismo tattico e tecnico. Ammirava Iniesta e prendeva appunti sulla duttilità di Tudor, sui recuperi palla di Davids e sulla capacità realizzativa di Gerrard e Lampard. Sapeva fare tutto, con enorme rispetto per i fuoriclasse. “Messi è Messi – ricorda Marchisio – ma se lasciavi una mezza possibilità al CR7 del Real Madrid, era gol al cento per cento”. Due alieni, due finali Champions svanite. Decine di talenti che negli anni hanno varcato i cancelli di Vinovo e della Continassa. Alcuni mai esplosi (“Felipe Melo mi ricordava Emerson e forse tecnicamente era anche più bravo, ma credo non sia arrivato a mostrare tutto il suo potenziale”), altri consacrati (“Tevez faceva la prima punta, il contropiedista e il dieci che inventava la giocata”). Una maglia comune, quella della Juventus, vestita per 11 anni. Con 7 scudetti, 4 Coppe Italia e 3 Supercoppe. Quasi 400 gettoni. “La Juve è stata la mia prima vera passione – sottolinea l’ex capitano – Solo lì giochi per vincere trofei anche quando la matematica ti inchioda. Tutt’ora è la mia seconda pelle, ma questo non vuol dire che bisogna difenderla sempre. Se la tua Signora sbaglia e vuoi che cresca, devi farglielo notare”. Riconoscere gli errori per diventare più forte. In fondo, la perfezione non esiste. Non è mai esistito, per esempio, un bianconero perfetto. “A meno che – scherza Marchisio – non metti insieme i piedi di Del Piero, la testa di Pirlo, la struttura fisica di Ibrahimovic, l’energia e la resistenza di Vidal, la velocità progressiva di Tevez, la qualità di Pogba, la leadership di Buffon e il carisma di Chiellini”. Not bad. E pensare che tra questi ce ne sono quattro che di smettere non ne vogliono sapere. Uno di loro ha perfino 45 anni e il fuoco vivo negli occhi. “Perché non c’è nulla nella vita che, ogni 72 ore, potrà darti quell’adrenalina – spiega l’ex centrocampista – Non riesci a rivivere quelle sensazioni neanche se indossi un paracadute e ti lanci da un aereo. Per questo alcuni incappano nella depressione e può già succedere mentre giochi, vedi il caso di Gigi. È sempre importante proteggere rapporti e persone che ci sono sempre state”.
Verità totale. Restare nel calcio non è affatto semplice. Servono qualità molto precise, tipo quelle di Pirlo. “Nel 2019 tornando dalla Russia mi disse: ‘Non credo che farò l’allenatore, non mi va di mettermi lì a studiare’ – svela Marchisio – Nel giro di un anno gli esplose invece la passione. Lo sentii in occasione della firma con la Juve U23 e dopo poche settimane eccolo in prima squadra. Gli scrissi: ‘Hai fatto presto a far carriera’. Mentalmente Andrea è molto equilibrato e non va mai sotto pressione, non è scontato che abbia subito vinto dei trofei”. Non è mai scontato se dal nulla ti ritrovi ad allenare la Juve, nell’era dei tecnici innovatori e multitasking. “Un grande allenatore sa comunicare – dice Marchisio – oltre che motivare, educare e istruire. Chi ha la fortuna di iniziare subito in club importanti, quasi sempre diventa un ottimo gestore e motivatore. Altri come Conte, Spalletti e De Zerbi che hanno fatto la gavetta, verranno a dirti: ‘Questa è la mia proposta, imparate a memoria o non mi seguite’”. Fare l’allenatore non era nelle ambizioni del Principino. Piuttosto spazio all’innovazione, all’intrattenimento, al digitale, al marketing, ai ristoranti, ai colleghi e ai compagni di sempre. Spazio a Mate. “Una family di circa 40 persone tra dipendenti e collaboratori – dichiara l’ad dell’agenzia Alessandro Tocci – Negli ultimi tre anni abbiamo triplicato il nostro fatturato che si attesta attorno ai 3,5 milioni di euro. Si tratta di una realtà umanamente qualitativa che, tra le altre, ha studiato molto la Never Say Never di Andrés Iniesta: sport, ma anche entertainment e musica”.
Calciatori che diventano imprenditori del digitale. Oggi Mate conta due sedi: ufficio stampa, eventi e star system a Torino, le aree dedicate a corporate, fondazione e adv a Milano. “Mate è l’amico di cui puoi fidarti – prosegue Marchisio – Un’agenzia come la nostra risulta cruciale per il grande sportivo, proprio come i motivatori o gli agenti, perché lo spinge a coltivare nuove ambizioni e passioni nel mondo del lavoro. E io per ognuno di loro sono il primo biglietto da visita”. La missione quindi è quella di aprire nuove strade, creare connessioni, ma anche supportare e istruire. “Alcuni nostri clienti – procede Marchisio – subissati da commenti negativi quando non performano al meglio, preferiscono chiudersi piuttosto che esporsi e mettere uno scudo davanti. Chiudendo i profili, però, tutto il mondo là fuori continua a esserci comunque. Per questo proviamo a insegnare loro a difendersi mettendo in campo se stessi, senza tirarsi indietro e rinunciare al confronto”. Razionalizzare, come quando Claudio iniziava le transizioni e poi, in pochi istanti, metteva a fuoco lo spazio e la porta per fare gol. In campo sapeva fare molte cose e così è anche fuori.
Un’altra carta da svelare. “Sono appassionato di geologia e climatologia – conclude l’ex bianconero – perciò se un giorno dovessi trovare un algoritmo utile a liberarci dalla CO2, lavorerei sicuramente su quello”. Il clic che non ti aspetti. Quella mentalità che diverte e nel contempo ti spiazza. Un po’ come lo stile Juventus, nel dna di un Principe.