Tra calcio e diplomazia
Il calcio d'Arabia non s'accontenta più soltanto dei "vecchietti". E sogna i Mondiali
Dopo gli over 30, da Ronaldo a Benzema e Kantè, adesso gli sceicchi puntano i calciatori nel pieno della carriera. E lo fanno in Italia, a suon di milioni: Milinkovic è l'ultimo colpo, Zielinski si prepara. Ma la crescita di un movimento non passa solo per i soldi. Come insegna il caso della Cina
L'obiettivo, ormai acclararo, sono i Mondiali. Portarli in Arabia Saudita entro i prossimi 10-15 anni. Nel frattempo gli sceicchi lavorano sul brand, sull'immagine e sull'attrattività mediatica di un campionato, la Saudi League, piuttosto triste e tutto da inventare. Hanno cominciato con gli "elefanti", con gli over 30. Cristiano Ronaldo, lo scorso anno, a fare da apripista. Sarà raggiunto presto da fior di campioni: quest'estate ha scelto il medio oriente Karim Benzema - l'ultimo pallone d'oro - e lo ha fatto pure quel motorino del centrocampo che è l'ormai ex Chelsea N'Golo Kanté. Sulla stessa strada anche Kalidou Koulibaly, dopo appena un anno di Premier League. C'avevano provato anche con Lionel Messi, che tuttavia ha preferito i dollari ameircani. Ma d'altra parte a certe cifre, soprattutto quando si tratta dell'ultimo contratto della carriera e di giocatori che hanno vinto molto, certe volte tutto, è difficile rinunciare. Sarebbe ingenuo pure sorprendersi.
Il fatto nuovo, però, è che nelle ultime settimane gli arabi hanno puntato pure gli under 30. Calciatori di primo livello che avrebbero ancora molto da dimostrare in Europa e che invece depongono ogni velleità di carriera. Ed è un fatto che interroga da vicino il campionato italiano, per ovvie ragioni.
L'ultimo colpo è Milinkovic Savic: per il serbo doveva essere l'estate del salto verso i grandi palcoscenici. Le condizioni erano d'altra parte favorevoli, perché a un anno dalla scadenza del suo contratto, il centrocampista si poteva a comprare a prezzo abbastanza contenuto, con la possibilità per i suoi agenti di strappare un contratto migliore in qualche big europea. Il presidente della Lazio Lotito pare fosse pure pronto a trattare la richiesta di partenza, trenta milioni, e non capita sempre. Lo volevano la Juventus e il Milan, si erano mosse anche alcune squadre inglesi. Poi è arrivato l'Al Hilal con un'offerta da 40 milioni e 20 a stagione per il calciatore. Proposta irrinuciabile. Intanto la Lazio, lo chiedeva l'allenatore Maurizio Sarri, era pronta a buttarsi sul sostituto, Piotr Zieliński. Niente da fare, sono arrivati di nuovo gli arabi con un contratto da 12 milioni a stagione. Così il polacco, fresco campione d'Italia, è un passo dall'Arabia, sulle orme di Marcelo Brozovic che questa decisione l'ha già presa qualche giorno fa. E i sauditi puntano anche Paul Pogba, Domenico Berardi del Sassuolo e Hirving Lozano, di nuovo dal Napoli. La lista potrebbe presto allungarsi, rinnovando le considerazioni al ribasso sul campionato italiano sempre meno affasciante, più povero e incapace di trattenere i suoi talenti, più o meno grandi che siano.
Qualche anno fa, qualcosa di simile, avevano provato a farlo pure in Cina agli inizi degli anni Dieci del Duemila. Così come per l'Arabia, c'erano di mezzo anche lì le scelte del governo, a cavallo tra sport e geopolitica. Allora il calcio europeo e quello italiano resistettero un po' meglio. E all'ombra della Muraglia ci finirono Marcello Lippi e poi Paolo Cannavaro, nelle vesti di allenatori, uno strapagato Graziano Pellè, di cui in Italia - dopo quel maledetto rigore contro la Germania agli Europei 2016 - non si ha un gran ricordo. E anche in quel caso scelsero la Cina anche qualche giocatore di alto (o altissimo) livello: come il brasiliano Oscar, che al tempo era un centrocampista di altissimo valore - e del Chelsea - e sembrava destinato a diventare uno dei grandi protagonisti nei campionati e nelle coppe europee. Doveva essere un punto di svolta, è diventato l'esempio della parabola di declino del calcio cinese. Di lì a qualche anno infatti è stato il governo a bloccare gli investimenti, spending (football) review modello Dragone, forse (e anche) nella consapevolezza che i risultati per il movimento non arrivavano, nè sarebbero arrivati.
Adesso tocca all'Arabia Saudita che, a differenza della Cina e forte di relazioni diplomatiche con l'occidente più sviluppate, ci prova con una sorta di manovra a tenaglia. Lavorando e attraendo calciatori in patria, e lavorando direttamente in Europa. Già da qualche tempo in realtà. Anche in questo senso possono essere letti certi affari degli scorsi anni: è araba le proprietà del Newcastle - che non bada a spese, si veda l'acquisto di Sandro Tonali - oltre a una serie di squadre minori in giro per l'Europa.
L'Arabia Saudita aveva puntato in prima istanza i Mondiali del 2030, in partnership con Grecia ed Egitto. La candidatura è stata ritirata a fine giugno, preso atto che gli altri progetti in campo - specie quello di Spagna, Portogallo e Marocco - sono meglio attrezzati. Si punterà tutto, pare, sul 2034. A fior di quattrini, logicamente. Così gira il mondo, così rotola pure il pallone.
Nessuno scandalo insomma, le considerazioni morali ed etiche lasciano il tempo che trovano. Semmai qualche interrogativo: è davvero solo calcio? E ne vale davvero la pena?