l'intervista
Domenico Acerenza è un'eccezione
Ai Mondiali di Fukuoka 2023 il nuotatore azzurro ha conquistato un'altra medaglia nella 5 chilometri in acque libere dietro a Florian Wellbrock e a Gregorio Paltrinieri. “Il mare ti dà la sensazione di volare, ti senti molto più libero"
Il nuoto è uno sport precoce: Benedetta Pilato ha vinto la sua prima medaglia mondiale a 14 anni, Federica Pellegrini era sedicenne quando si prese l’argento olimpico ad Atene, Gregorio Paltrinieri ha conquistato il suo primo titolo europeo a 17. Domenico Acerenza è un’eccezione. A vent’anni passati non faceva neanche parte di un gruppo sportivo militare e nuotava tempi altissimi per ambire a un futuro da atleta di livello internazionale. Campionati italiani assoluti, aprile 2016: Paltrinieri domina i 1.500 stile libero in 14’42’’91, Gabriele Detti secondo in 14’46’’48, Acerenza terzo in 15’08’’55. Quasi 26 secondi più lento di Greg, praticamente una vasca di ritardo. “In quegli anni tutti mi davano del pazzo”. Perché andare avanti? Chi glielo faceva fare? Bastava la passione a spiegare tutta quella fatica? È andato avanti. Ai Mondiali di Fukuoka si è messo al collo un'altra medaglia nella 5 chilometri in acque libere.
Perché Acerenza in cuor suo sapeva di avere un futuro, solo un po’ in ritardo rispetto alla media. “Io l’ho sempre vista come una sfida, una sfida enorme, perché loro erano fortissimi, sono arrivati primo e terzo alle Olimpiadi, vincevano tutto, erano inarrivabili. Ma io non mi sono mai dato per vinto. Ero consapevole che qualcosa potevo farla, che potevo andare più forte, semplicemente per il fatto che, a parte metterci il 200 per cento dell’impegno, non avevo nulla. Non avevo fisioterapista, non avevo preparatore atletico, non avevo nutrizionista. Sapevo di avere margini di miglioramento, dovevo solo capire il modo per poter migliorare”. A 23 anni Acerenza è entrato nelle Fiamme Oro e ha debuttato agli Europei. A 24 ha vinto la sua prima medaglia a un Mondiale. A 26 è andato alle Olimpiadi. La sua è una storia di tenacia e testardaggine partita da un paesino a quasi mille metri d’altitudine nell’unica regione italiana dove non esiste neanche una piscina olimpionica da 50 metri: la Basilicata.
“In realtà pochi anni fa ne hanno scoperta una all’aperto in un villaggio turistico a Scanzano Jonico”, precisa. “Era una vasca da 50 metri buttata lì, senza neanche i blocchetti di partenza e le strisce sul fondo, niente di niente. La Fin regionale l’ha presa e l’ha sistemata per usarla un po’ nei mesi estivi, per fare qualche campionato regionale… Però qua l’estate dura poco. Non puoi pensare di fare una preparazione strutturata in una vasca all’aperto con un mese di utilizzo. È inutile”. Acerenza è di Sasso di Castalda (Potenza) ma ha iniziato a nuotare ad Atena Lucana, provincia di Salerno, in un’altra regione. Poi a sei anni si è trasferito nella piscina di Satriano, a pochi minuti da casa sua, dove ha incontrato il suo primo allenatore, Vito Santarsiero. “Sono stato fortunato, altrimenti non avrei potuto fare nient’altro. In questa zona siamo molto carenti di alternative sportive al calcio”.
Nel 2016, dopo aver fallito la qualificazione agli Europei di Londra, è andato a Napoli per allenarsi con Lello Avagnano. La vera svolta però è arrivata nel 2018, quando Acerenza ha avuto la possibilità di studiare all’Università del Mezzofondo: il gruppo di Ostia, con Paltrinieri e Detti, guidato da Stefano Morini. “Quelli sono stati degli anni di formazione professionale. Ho potuto vedere come si allenavano e vivevano dei campioni, perché loro erano dei campioni. Mi sono messo là e ho osservato qualsiasi cosa, cercando di capire che cosa di quello che facevano potesse andare bene per me. Lì possiamo dire che è iniziata la mia carriera da professionista. Ogni volta che si entrava in acqua era una gara, e ogni volta si spingeva veramente al massimo senza lamentarsi. Poi si viveva proprio in funzione del nuoto, quello che io prima non facevo. C’era lo spazio per la fisioterapia, il mental coach, dormivamo lì, non avevamo il pensiero di dover andare a fare la spesa o cucinare, c’era la mensa, era tutto preparato, quindi il nostro unico pensiero era di andare forte e basta”.
Oggi Acerenza fa base sempre a Ostia, ma dal 2020 è passato nel gruppo di Fabrizio Antonelli e al nuoto in corsia affianca quello in acque libere. “Il mare ti dà altre sensazioni. Spesso lo paragono alla sensazione di volare, perché in mare ti senti molto più libero. È un po’ come immaginarsi il mondo capovolto: ti senti come un uccello che vola, solo dall’altra parte rispetto al cielo”. Proprio in mare, a 27 anni, la scorsa estate ha vinto l’oro nella 10 chilometri degli Europei di Roma e l’argento in quella dei Mondiali di Budapest.
A 28, stanotte, si è confermato medaglia di bronzo nella 5 chilometri ai Mondiali di Fukuoka dietro al tedesco Florian Wellbrock e a Gregorio Paltrinieri. Resta una domanda, nella storia di Domenico Acerenza. Hai mai pensato: “Ah, se l’avessi fatto prima…”? “Io una volta chiesi di andare a Ostia, ma non mi fu permesso. Però magari andando a Ostia a 17/18 anni mi sarei bruciato, non avrei retto il confronto con Paltrinieri e Detti e non avrei fatto più nulla. Per me doveva andare così. Il mio percorso di crescita doveva essere questo e non avrei potuto fare diversamente, semplice. Sì, magari ai risultati ci sono arrivato un po’ dopo, ma l’importante è esserci arrivato”.