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assenze di lusso

Il Mondiale di basket è ancora schiavo dell'Nba

Francesco Gottardi

Il forfait di Jokic è il più fragoroso di una lunga serie, che spariglia i valori delle nazionali partecipanti e lascia un vuoto tecnico costante. Le colpe della Fiba e il peso della storia

Immaginate se al prossimo mondiale di calcio Kylian Mbappé decidesse di non giocare “perché fisicamente e mentalmente esausto”. Eresia pallonara: sponsor in tilt, Francia indignata, Fifa ancora di più. Nel basket però oggi è successo questo. E cioè che Nikola Jokic, a buon diritto il giocatore più dominante del momento, ha rifiutato la convocazione della Serbia all’analogo torneo. Con lui non ci saranno nemmeno Joel Embiid – Mvp della scorsa Nba – e Victor Wembanyama: la prima scelta assoluta al draft 2023, che invece di rappresentare la sua nazionale nel Pacifico ha preferito la preparazione prestagionale coi San Antonio Spurs. “Un sacrificio necessario” (e la Francia qui non si indigna). Così, ogni quattro anni, ci viene ricordata una differenza brutale fra i due sport olimpici più popolari del pianeta: il primo sogno di un 19enne che vola a canestro è l’anello. Mica vincere la coppa del mondo.

   

Non è una novità, ma un problema irrisolto. Sin dagli albori, la massima competizione Fiba ha dovuto fare i conti coi complessi d’inferiorità: per le franchigie Nba è soprattutto una seccatura, per le superstar un giro di prova in vista delle Olimpiadi – che da quest’anno tornano a cadere a un solo anno di distanza. Si pensi a quel che accadeva tra il 1954 e il 1970. Tutti conoscono il Brasile di Pelé. Quasi nessuno quello di Wlamir Marques, che sul parquet nello stesso periodo conquistava due ori e altrettanti argenti mondiali. Battendo perfino gli Stati Uniti, nel 1959. L’inganno? Per questioni logistiche, Washington non aveva mandato a giocare né amatori, né giovani collegiali. Ma una selezione dell’Air Force. E fino al 1994 non si degnò di schierare professionisti attivi in Nba: di fatto una voragine tecnica sulla storia del torneo.

   

Da allora l’asticella si è alzata. Eppure è ancora lontana dall’includere le eccellenze del basket globale: in una sola occasione l’Mvp della regular season (Dwayne Wade, nel 2006) e quello delle Nba Finals (Giannis Antetokounmpo, nel 2019) hanno preso parte ai Mondiali l’estate seguente. E le defezioni di lusso non riguardano soltanto Team Usa – pure quest’anno senza Tatum, Davis, Durant o Booker. Ma anche le altre nazionali, che potrebbero approfittare dell’indolenza americana. Oltre a Jokic, nella Serbia mancherà infatti Vasilije Micic. Nella Lituania, altra terra di pallacanestro, spicca il forfait di Domantas Sabonis. Niente Ben Simmons per l’ambiziosa Australia. E pure il Giappone, uno dei tre paesi ospitanti insieme a Filippine e Indonesia, dovrà fare a meno della sua stella Rui Hachimura.

   

Il minimo comun denominatore? Tutti loro giocano in Nba. Dove l’infortunio di un campione sposta milioni di dollari – che le nazionali non hanno alcuna intenzione di accollarsi. Men che meno la Fiba, che tuttavia si è impelagata in un improbabile braccio di ferro: i Mondiali 2023 partiranno il 25 agosto, un mese più tardi del convenzionale inizio del torneo olimpico, e termineranno il 10 settembre, a tre settimane dalle amichevoli prestagionali fra le varie franchigie. Quindi non è da stupirsi se la lega che detta tempi e modi del basket abbia blindato ancora una volta i suoi talenti. Senza nemmeno faticare granché per convincerli: le gerarchie del gioco sono chiare in primis a chi gioca. Perfino a chi osserva: tolta una fetta di tifosi “traditi dal no di Jokic”, sui media serbi si fa largo la riconoscenza per il campione. “Vincendo l’anello Nba – si legge sul quotidiano Blic – Nikola quest’anno ha già fatto abbastanza per promuovere l’immagine del suo paese”. E pazienza per il mondiale.

 

Sarà dunque l’ennesima edizione zoppa, coi valori sballati, fra i migliori dei presenti – Doncic, Giannis, Brunson: ci sarà da divertirsi in ogni caso – e non fra i migliori di tutti. Motivo in più per guardarla. Soprattutto per chi, come noi, ha degli Azzurri in cui sperare: scattata la palla a due, il resto è dimenticabile contorno.

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