mondiali di ciclismo
Il nuovo capitolo della sfida di Remco Evenepoel con se stesso: campione del mondo a cronometro
Il belga ha vinto la prova contro il tempo ai campionati mondiali di ciclismo. Alle sue spalle Filippo Ganna, unico a essere riuscito a unire strada e pista a Glasgow. Terzo il diciannovenne Joshua Tarling. Ci farà divertire
Lassù, sotto la torre del castello di Stirling, sono ansimi, volti stravolti e casse toraciche che si muovono su e giù, velocissime, alla ricerca di quiete e ossigeno. Qualcuno resta in piedi, i più, qualcun altro preferisce distendersi avere il conforto, scomodo, del selciato. Quasi un'ora a spingere a tutta su di una bicicletta da cronometro è uno sforzo proibitivo, l'ultimo chilometro che punta al cielo, sebbene senza pendenze mostruose, trancia il respiro. I cuboidi in porfido sono una cattiveria ulteriore che i corridori non si meritavano. Tant'è. C'è sempre una dose di piacere nel faticare e nel vedere faticare quando si ha che fare con le biciclette.
Lassù, sotto la torre del castello di Stirling, ansimavano tutti, campioni e non, vincitore e battuti. Da Remco Evenepoel in giù. Anche se il belga, almeno in apparenza, era quello che stava meglio di tutti. Aveva un misto di rabbia e determinazione a spingerlo, a non fargli sentire le gambe bruciare e i polmoni annaspare. Era stanco pure lui, non l'ha dato a vedere troppo. Non ha esternato nemmeno troppo gioia. L'esuberanza Remco Evenepoel se la concede soprattutto sui pedali, per il resto la sua sembra una sfida continua con se stesso prima che con gli altri per dimostrare di essere il più forte e così quando arriva una vittoria questa diventa come la realizzazione di uno stato di normalità. Era felice per il risultato, lo ha ammesso “nonostante non abbia rispettato del tutto la tabella che avevamo stilato, ma avevo delle ottime gambe oggi”. Non lo ha dato troppo a vedere, non subito almeno, ha atteso Oumaina, sua moglie, per lasciarsi andare in un sorriso. È fatto così, lo ha rimesso in scena anche sul podio, soddisfatto, orgoglioso. Ha da esserlo. Remco Evenepoel è il nuovo campione del mondo della cronometro dopo una prestazione eccezionale.
La stessa che ha messo ruote su asfalto anche Filippo Ganna, ma con dodici secondi di troppo, meno di mezzo secondo a chilometro, 0,18 chilometri orari di media in più. Ed è poco, pochissimo in una cronometro del genere, nella quale solo due corridori sono rimasti sotto il minuto di ritardo da Remco Evenepoel.
Filippo Ganna ha conquistato la seconda medaglia di argento in questi Mondiali di ciclismo, che vanno aggiunte a quella d'oro dell'Inseguimento individuale, unico ad aver unito strada e pista a Glasgow. Può essere soddisfatto nonostante dovrà vedere la maglia iridata addosso a qualcun altro durante le prossime cronometro.
L'unico altro corridore a essere rimasto sotto il minuto di ritardo da Remco Evenepoel è stato Joshua Tarling. Se lo immaginava nessuno di vederlo sul podio affianco a quei due lì. Se lo immaginava nemmeno lui. Ha detto lui stesso di essere sorpreso, “non me lo aspettavo, meglio così”. Ci si pensa mai davvero a diciannove anni di poter essere lì, su un podio mondiale a pochi centimetri dai migliori specialisti del mondo. Lo si spera sempre, ma non si sa ancora con precisione qual è la distanza, a volte sottile, tra la speranza e il sogno. Nemmeno quando si sa di avere qualità fuori dal comune su di una bicicletta da cronometro. E Joshua Tarling le sue qualità fuori dal comune le aveva messe in evidenza negli ultimi due anni negli Junior e quest'anno tra i professionisti. E alla prima occasione: era febbraio, era l'Etoile de Bessèges – piccola corsa a tappe francese, ma che piace parecchio – e ad Alès aveva concesso solo otto secondi in 10,6 chilometri a Mads Pedersen, non un grande specialista, ma corridore che sa difendersi egregiamente e che nei chilometraggi corti sa fare ottime cose. Poteva correre tra gli under 23, contro Lorenzo Milesi e compagnia, ha scelto di farlo contro i grandi, è diventato grande anche lui.
Joshua Tarling dice di aver avuto un debole per Bradley Wiggins per la morbidezza della sua pedalata, Mark Cavendish per gli sprint e Matej Mohoric per come conduce la bicicletta, per come pedala, per come corre. Imitare il secondo sarà difficile, essere velocisti non è solo questione di gamba, soprattutto di capacità di governare la paura. Per avvicinarsi agli altri due chissà.