troppo azzurro
Lo "scherzo" di Ferragosto di Mancini è l'ennesimo suo colpo di tacco
In Nazionale le cose andavano male dalla partita contro la Macedonia che ci ha esclusi dal Mondiale. La federazione deve trovare il sostituto del ct il prima possibile, c'è poco tempo e la prossima partita è ancora contro i macedoni: questa volta ci si gioca la qualificazione all'Europeo
L'ennesimo colpo di tacco: dimettersi da ct della Nazionale nell'ultimo insulso weekend di pre-campionato, perdipiù il 13 agosto, Giornata Internazionale dei Mancini. Viene in mente l'estremo involontario sberleffo di Enzo Ferrari, che se andò da questa terra il 14 agosto di 35 anni fa, ma chiese che la notizia della sua morte fosse divulgata solo il giorno dopo a funerali avvenuti, costringendo gli odiati giornalisti ad aspettare tre giorni – complice la pausa di Ferragosto – per dare la notizia sui quotidiani. Stavolta nulla di così tragico, anche se soprattutto nello sport partire è un po' morire: la Nazionale del Mancio era un piano inclinato già da più di un anno, almeno da quella serataccia palermitana in cui tale Aleksandar Trajkovski ci aveva sbattuti fuori dal Qatar mostrandoci che il re era ancora nudo, che la notte di Wembley era lontana come la Terra dalla Luna e che ci era stata nuovamente fatale la sindrome della riconoscenza, inestinguibile vizio italico.
Dicono che Mancini avesse già mollato quella sera, travolto dalla delusione e dall'amarezza per il secondo Mondiale floppato di fila, lui che “non solo ci andiamo ai Mondiali, ma li vinciamo anche”. Aveva il diritto di crederci e dichiararlo: fino agli Europei 2021 era stato l'artefice massimo di un lavoro magnifico e memorabile, per sempre incastonato nel nostro atlante sentimentale anche per la sovrapposizione con la tragedia popolare del Covid e la sottotrama dell'amicizia con Gianluca Vialli, i nostri Butch Cassidy e Sundance Kid. La riscossa della Nazionale, sia come risultati sia come qualità del gioco, aveva avuto del miracoloso: mai avevamo vinto di goleada contro le Nazionali più piccole prima di quel biennio, mai avevamo trasmesso così tanta gioia e divertimento nel giocare a calcio con la maglia azzurra. E poi il girone romano a punteggio pieno, il trionfo tattico sul Belgio, le ultime due partite di Wembley, il sottile sadismo psicologico di Chiellini con Jordi Alba, Donnarumma che non si accorge nemmeno di aver vinto... Poi più nulla è andato a tempo, e i mediocri risultati di campo erano quasi il meno: convocazioni contraddittorie, piccole ripicche di spogliatoio, aperture inconsulte al calcio sudamericano come panacea dei nostri mali offensivi, dichiarazioni persino sconnesse (a lungo ha continuato a ventilare un improbabile ripescaggio Mondiale) e una quantità di spot pubblicitari davvero sospetta, come se se fosse l'ultima cartuccia della Figc per trattenerlo fino al 2026 ricoprendolo di compensi extra.
Macedonia, ancora lei. A Skopje scenderemo in campo sabato 9 settembre, tra meno di un mese, per un delicato match per la qualificazione all'Europeo. Le prime convocazioni andranno fatte tra venti giorni: perciò è ovvio che non c'è tempo, e auspichiamo che Gravina non sia stato colto di sorpresa dall'ultima fatale Pec del Mancio. Qualcuno bisbiglia che il successore, chiunque egli sia, abbia già firmato. E dunque vanno fatti discorsi anzitutto di buonsenso: niente soluzioni emotive, niente “giovani vecchi” o reduci del 2006 senza esperienza, niente amici degli amici. Oltre a questo terremoto la Federcalcio ha la piccola fortuna di avere sulla piazza due pesi massimi: Antonio Conte e Luciano Spalletti. In carica dal 2014 al 2016, il primo – in rapporto alla qualità del materiale a disposizione – è stato il miglior ct da Lippi in avanti, riuscendo a trasferire la sua feroce mentalità competitiva, spacciando felicemente per puledri anche ronzini alla Pellé. Il secondo, fresco campione d'Italia a Napoli, proclama da settimane la necessità di un periodo di riposo breve o lungo che sia a cui non credono in molti. Non siamo per nulla certi che la direzione sarà questa, anzi: ma sapete come si dice, “presto e bene”. Visto il prestigio dei rispettivi curriculum, è possibile che servano molti soldi. Ma è lì che bisogna telefonare, in “certe domeniche da soli, in un cortile, a passeggiar” come dice la famosa canzone. L'ultimo omaggio di Roberto Mancini al calcio italiano, farci vivere un ultimo pomeriggio “troppo azzurro”.
Il Foglio sportivo - CALCIO E FINANZA