1937-2023
Addio a Carlo Mazzone, un grande allenatore
Era facile voler bene all'ex allenatore della Roma. Un po' perché non s'è mai macchiato del peccato che, almeno in Italia, rende antipatiche anche le persone simpatiche, la vittoria, un po' per il suo modo di essere e vivere il calcio. Ha allenato soprattutto in provincia, ha colto ottimi risultati ma senza allori
Carlo Mazzone era un uomo a cui era facile volergli bene. Un po' perché non s'è mai macchiato del peccato che, almeno in Italia, rende antipatiche anche le persone simpatiche, ossia la vittoria, un po' per il suo modo di essere e vivere il calcio: ruspante, come era il pallone, non solo italiano, sino a qualche decennio fa, un racconto per lo più provinciale, almeno nei suoi protagonisti. Carlo Mazzone è morto oggi a 86 anni, nel giorno nel quale la Serie A riparte per una nuova stagione senza una favorita.
Era personaggio senza volerlo essere, o meglio senza imporselo. Uno che diceva le cose senza tanti giri di parole, diretto, come a volte è difficile essere. Era difficile allora, ai suoi tempi, è difficile oggi, dove le relazioni, il non dispiacere sono doti che ogni allenatore deve avere per continuare ad allenare a buoni livelli. Carlo Mazzone non ha mai messo troppi filtri tra cervello e lingua, anche se a volte diceva, con parecchia enfasi "guardi è meglio che non parli che se parlo...". Lasciava sospesa la frase e tutti capivano ciò che andava capito. Il resto erano parole in romanesco, frasi colorite e una capacità fuori dal comune di risultare vicino, prossimo, ai più. Il resto soprattutto erano analisi precise, capacità di prendersi le proprie responsabilità, di non dare la colpa agli altri - sì, a volte agli arbitri, ma si sa che nel calcio italiano prima o poi si va sempre a parare lì.
Era bravo ad analizzare quello che accadeva in campo Carlo Mazzone e lo era perché era un ottimo allenatore. Non ci si siede più di tutti su di una panchina (792 volte in Serie A, record assoluto) se non si è un ottimo allenatore, non si conquista il terzo posto con un Fiorentina che non era da terzo posto (era la stagione 1976-1977), non si raggiunge il sesto posto con l'Ascoli, due volte il quinto con una Roma ancora lontana da essere squadra da alta classifica, non si arriva ottavi con un Brescia neopromosso se non si è ottimi allenatori.
Soprattutto non si ottiene il rispetto incondizionato dei campioni. Francesco Totti, Roberto Baggio e Andrea Pirlo hanno sempre avuto per lui un rispetto incondizionato, lo hanno sempre definito uno dei migliori allenatori che hanno avuto quando Carletto Mazzone era diventato, suo malgrado, soprattutto un personaggio bizzarro, come fosse un meme, quello della corsa sotto la curva dell'Atalanta al grido di li mortacci, e non un tecnico raffinato, capace di anticipare a volte alcune delle svolte tattiche che sarebbero state lodate negli anni a seguire. Pep Guardiola, all'epoca allenatore del Barcellona, disse "la mia squadra è un'evoluzione, forse estremizzata, degli insegnamenti avuti da Carlo Mazzone ai tempi del Brescia. Tatticamente il mister era eccezionale, ho imparato più da lui in un anno e mezzo che in tutti gli anni precedenti". Mazzone rispose, indirettamente, che aveva appreso più da lui che dagli altri, perché "era più attento all'epoca visto che stava invecchiando e doveva pensare di cambiare mestiere".
Enzo Francescoli, eccellente trequartista tra gli anni Ottanta e Novanta, lo definì "speciale". Spiegò: "Negli ultimi anni vedo lodare alcune 'invenzioni' tattiche. Quando sento questo ripenso al mio ultimo anno al Cagliari, a come giocavamo allora e sorrido. Non eravamo poi tanto diversi, solo che giocavamo meglio, o se non meglio quantomeno facevamo divertire e ci divertivamo di più".
Era difficile volergli male a Carletto Mazzone, forse anche per questo che pur non allenando più dal 2006, c'era sempre qualcuno che tirava fuori il suo nome. Negli stadi dove ha allenato, quando ogni tanto saltava fuori un coro in suo onore. Nei ricordi di calciatori o ex calciatori, magari diventati allenatori o dirigenti. E anche in contesti stravaganti, come quando Will Smith disse di tifare Roma ed essere grato a quel "grandissimo allenatore italiano che è Carlo Mazzone per aver lanciato Totti".
Non ebbe nessuna remora Carlo Mazzone a puntare su Francesco Totti quando finalmente arrivò sulla panchina della sua Roma. "Era stato fatto debuttare da Boskov, per cui non è mio il merito se Francesco è arrivato in Serie A. Io semplicemente ho fatto in modo che giocasse un pochino. Era giovane, molto giovane, andava inserito pian piano. Il primo anno con me giocò otto partite, ma gliene avrei fatte giocare molte di più, ma all'epoca si era soliti fare così. Dalla stagione successiva però mi ero rotto le scatole di attendere e lo schierai spesso e volentieri. Quando si ha qualcosa di bello è giusto farlo vedere. E Francesco è qualcosa di bello per davvero", raccontò nel 2010 Carlo Mazzone.
Carletto Mazzone non ha mai avuto paura di lanciare i giovani validi, non ha mai avuto paura in generale. Non nel calcio almeno. Ha parlato, allentato, litigato, si è infuriato e ha chiesto scusa, e non sono molti quelli che lo hanno fatto, si è soprattutto messo sempre a disposizione e mai sotto i riflettori. Se c'era da stare in disparte lo faceva volentieri, se c'era da fare il frangiflutti pure. Ha fatto divertire in campo, pure fuori dal campo, con una battuta. Il "Principe" Giuseppe Giannini, l'uomo simbolo della Roma che venne "travolto" dalla crescita di Francesco Totti disse: "C'ho litigato un sacco di volte con lui, ci siamo detti le peggio cose. Ma sempre in faccia. Era un signore a suo modo, una persona per bene".