Il Foglio sportivo
Buone notizie: la Serie A riparte senza una favorita
La follia del mercato ancora aperto nell'estate dell'irruzione araba. Per le sette sorelle un debutto pieno di incognite
Era il gioco più divertente dell’estate, quello nel quale mettere in ordine i club di Serie A come macchine di Formula 1. Chi in pole position, chi in prima e seconda fila, chi costretto a partire lanciato dalle retrovie. Un divertissement indolore, lieve e insignificante come certe amichevoli giocate con la testa altrove, agosto italiano in purezza. Ma nell’estate dell’irruzione araba sul mercato mondiale, nella presa di coscienza di una Serie A sempre più soggetta a fattori esterni, anche questo giochino ha perso di significato.
L’indizio definitivo è arrivato lo scorso anno: Napoli e Lazio inserite da tutti o quasi al di fuori della zona Champions, complice nel primo caso un mercato che a metà del guado sembrava ancora deficitario (Kim ufficializzato solo a fine luglio, Raspadori e Simeone arrivati ad agosto inoltrato) e nel secondo una fin troppo repentina eliminazione dalle coppe europee, prima Europa League, quindi Conference. A cosa serve, dunque, ipotizzare una griglia di partenza quando quasi tutte le squadre sanno ancora di avere a disposizione giorni di mercato? Ci accodiamo volentieri al punto di vista manifestato da Claudio Ranieri, padre saggio del nostro calcio, che il 10 agosto sbuffava in conferenza stampa: “Non capisco che bisogno ci sia di tenere il mercato aperto con il campionato già iniziato: tutti sanno che i veri colpi si fanno alla fine, sarebbe bello chiudere tutto prima dell’inizio della Coppa Italia”. Non è sterile passatismo, quanto un’analisi schietta della realtà: per pesarsi e misurarsi, tutto deve essere in equilibrio. E questo equilibrio rischia di non esistere neanche a mercato chiuso, perché sul nostro calcio (e su quello europeo in generale) incombe la chiusura posticipata della finestra trasferimenti saudita: una nuova iniezione di milioni nelle casse dei club italiani è dunque ancora possibile anche oltre il gong di fine mercato, ma in quel caso non ci sarà modo di intervenire. Da un lato la possibilità di mettere in ordine i conti, dall’altro il rischio di togliere sostanza agli organici: per chi è costretto a far di conto, un bel dilemma.
A leggere le rose attuali delle sette sorelle, ovunque si riscontrano falle che dovranno necessariamente essere colmate in una coda di mercato che si annuncia turbolenta oppure con la tanto agognata ricerca della chimica di squadra. Le formazioni più avanti in termini di operazioni concluse sono forse le due milanesi: l’Inter ha appena portato in nerazzurro Carlos Augusto e Arnautovic e attende di consegnare un centrale a Inzaghi, il tutto con il dubbio Samardzic ancora da sciogliere e la consapevolezza di aver perso qualcosa davanti, passando da Dzeko-Lukaku come partner di Lautaro alla coppia composta dall’austriaco ex Bologna e Thuram jr; il Milan ha regalato a Stefano Pioli un mercato dai tanti volti nuovi. La rosa rossonera è certamente più lunga rispetto al passato, ora la palla passa all’allenatore, costretto a trovare in fretta la quadratura soprattutto per quanto riguarda centrocampo e attacco, reparti nei quali la rivoluzione è stata pressoché totale. Il Napoli è rimasto quieto a lungo, ha ponderato con attenzione il giocatore con il quale sostituire il partente Kim e ha scelto Natan, profilo intrigante, ma tutto da testare a queste latitudini: le conferme di Kvaratskhelia e Osimhen valgono come due acquisti per De Laurentiis, rafforzato dallo scudetto e rovente nel suo duello con la Federcalcio. Nonostante il no di Zielinski ai sauditi, il duello tra Koopmeiners e Gabri Veiga è stato risolto con l’acquisto dello spagnolo, a conferma delle ambizioni del club e di una linea di mercato che guarda a prospetti validi e futuribili. Proprio l’Atalanta, foraggiata dai milioni del Manchester United per Hojlund, potrebbe infiammare le ultime ore: in uscita (il già citato Koopmeiners, Zapata e Muriel) e, di conseguenza, anche in entrata, per veder svanire il broncio perenne di Gasperini.
C’è poi la Juventus, silente come mai lo è stata nel corso dell’ultimo decennio. Allegri e Giuntoli aspettano pazienti, l’organico è stato già alleggerito con partenze ritenute di secondo piano, ma molto sembra poter ruotare attorno al futuro di Vlahovic, passato in un anno e mezzo da prospetto irrinunciabile a uomo sacrificabile sull’altare del vil denaro. Difficile metterne in dubbio il talento, più semplice tirare fuori la calcolatrice: se per il serbo dovesse arrivare una proposta con Lukaku e molti milioni sul tavolo, la Juve finirebbe per non perdere più di tanto a livello tecnico nel breve periodo e guadagnare parecchio in sede di mercato. Per strano che possa sembrare, l’impressione è che nessuno sia indispensabile: tutto è in vendita al giusto prezzo, e se poi l’offerta non è giusta ma è smisurata, tanto meglio. Quindi occhio anche a Chiesa e Kostic, perché i milioni che servono per dare l’assalto a un colpo dell’ultimo minuto dopo l’improvviso dietrofront del Sassuolo su Berardi. Dalla Juventus sono partiti, direzione Lazio, anche Pellegrini e Rovella, con Sarri che ora può dirsi quasi del tutto soddisfatto: manca un centrale di riserva e chissà, magari arriverà ancora dalla Torino bianconera, citofonare Bonucci. La carrellata si chiude con la squadra che, più di ogni altra, è impossibile da collocare in una griglia di partenza: dove mettere la Roma di José Mourinho? Parte del tifo giallorosso ha sacrificato di buon grado il tradizionale pollo con i peperoni di Ferragosto per presentarsi all’aeroporto di Ciampino ad accogliere Paredes e Renato Sanches, altra amara fotografia sullo stato del nostro calcio: quel che altrove (Paris Saint-Germain) è ritenuto esubero, qua è materiale che potrebbe far guadagnare uno o due posti in classifica. La formazione che il portoghese metterà in campo all’Olimpico contro la Salernitana sarà lontanissima da quella che si presenterà sul terreno verde dopo la sosta contro l’Empoli. Venti giorni in cui i giallorossi dovrebbero abbracciare il (oppure i?) centravanti chiamato a raccogliere l’eredità dell’azzoppato Abraham e un altro difensore centrale per sostituire Ibanez, uno dei tanti cooptati dall’Arabia, probabilmente il più entusiasta: “I soldi contano ma c’è di più: visto che atmosfera durante le partite?”, ha raccontato dopo il debutto con l’Al-Ahli, come se non venisse da anni giocati in un Olimpico traboccante d’amore. La Roma, anche grazie al suo addio, ha potuto gettarsi sul mercato con rinnovata fiducia, nel tentativo di guadagnare posizioni in una griglia di partenza che, al momento, vede ancora tutte e venti le monoposto ai box. I motori sono accesi, ma per partire davvero servirà ancora un po’ di tempo.