Il Foglio sportivo
L'Italia del basket vuole farsi amare. Al Mondiale intanto ha battuto l'Angola
I sogni mondiali della pallacanestro azzurra sono costruiti attorno al cuore del ct Pozzecco. Una squadra che sa usare la testa, scegliere le soluzioni e non seguire sempre lo stesso canovaccio
L’Italia del basket, che ha appena cominciato il Mondiale battendo con un po’ d’impiccio l’Angola 81-67, non esattamente una Cima Coppi nel mondo della pallacanestro, ma comunque una partita d’esordio con tutte le complicazioni che si porta dietro, è una squadra costruita per farci innamorare. Gianni Petrucci ha scelto Gianmarco Pozzecco proprio per questo motivo, per proiettare il basket fuori dai palazzetti e incontrare facce nuove. La missione è quella di allargare la base degli appassionati, riportare la gente ad amare quelle maglie azzurre che la sapienza di Meo Sacchetti avevano rimesso sulla rotta olimpica a Tokyo. Pozzecco e i suoi ragazzi devono copiare gli esempi di gente come Tamberi e Paltrinieri, portare i loro sport oltre il confine. Invadere terreni che non erano abituati a frequentare.
Il Poz ha la faccia giusta e non solo quella per farcela. Basta vedere come vive lui le partite per lasciarsi trascinare. Rilascia energia come quei dispenser di profumo che mettete in salotto. Non un arbre magique, qualcosa di più raffinato. E la squadra lo ha recepito. La forza di quest’Italia che pure ha tanto talento in campo, da Melli a Fontecchio (e con l’Angola Tonut e Ricci) passando per nonno Datome alla sua last dance, fino ai giovanissimi come gli inseparabili Spagnolo e Procida. “Questa Nazionale ha un presente e un futuro, dobbiamo esserne consapevolmente contenti”, ha detto Pozzecco, aggiungendo che lui “non firmerebbe per un secondo posto”. Un’affermazione forte, molto Pozzecco style se scorriamo l’elenco delle Nazionali arrivati a questo Mondiale, il primo a disputarsi in tre nazioni: Filippine, Giappone e Indonesia. Gli Stati Uniti non saranno il dream team che vedremo l’anno prossimo ai Giochi, ma sono una squadra che il Mondiale può solo vincerlo. E poi ci sono Francia, Spagna, Germania, Australia. Molte stelle Nba sono rimaste a casa, è vero, ma non quelle delle nostre prossime avversarie, Repubblica Dominicana e Filippine. Per il Poz ci sono 12 squadre da medaglia. Forse esagera, ma è vero che tra finire sul podio e chiudere dodicesimi, può davvero esserci solo un tiro libero sbagliato all’ultimo minuto. Quello che ci è capitato un anno fa all’Europeo contro la Francia.
Il pre-Mondiale dell’Italia è stato perfetto. Sette vittorie di fila, giocando sempre con lo stesso atteggiamento. L’Italia del Poz è una squadra che sa mordere in difesa ed essere fantasiosa in attacco senza puntare solo sul tiro da tre come spesso esigono i santoni dell’era moderna. È una squadra che sa usare la testa, scegliere le soluzioni e non seguire sempre la stessa soluzione. “Siamo una squadra con un alto quoziente d’intelligenza”, dice Gigi Datome che è alle ultime partite della sua carriera e vorrebbe portarsi a casa qualcosa di più di abbracci e pacche sulle spalle. Lo meriterebbe per quello che ha dato al nostro basket. Ci mancano i centimetri, è inconfutabile, ma abbiamo tanto cuore, una specialità del Poz che da giocatore aveva un grande talento, ma difficilmente sarebbe arrivato dove è arrivato, senza quel cuore. Questa, come ripete il ct “è un’Italia che ha il diritto di sognare”. Il sogno è appena cominciato. Speriamo di non risvegliarci troppo presto.