Foto Ansa

Crocicchi #2

Non sottovalutare mai le conseguenze di un rigore

Enrico Veronese

Il Bologna era in vantaggio per 0-1 quando Dan Ndoye è stato atterrato in area di rigore dallo juventino Samuel Iling. Sembrava fallo, non però per l'arbitro che ha lasciato giocare. Da quel momento la partita è cambiata

Un calcio di rigore non dato è una matrioska di crocicchi. Specie nella fase saliente di una partita non del tutto istradata. Non solo l’episodio principale in sé, dipendendo dalle decisioni arbitrali e dal Var: assegnarlo o meno, con l’aiuto del monitor o senza. Ma, essendo aleatorio l’esito, anche segnarlo o no: e se l’autore del fallo viene espulso, subentrano ulteriori variabili per il prosieguo dell’incontro. Troppe, per poter affermare con sicurezza che anche l’eventuale assegnazione del penalty in questione avrebbe trasformato la cosiddetta e proverbiale inerzia del match, determinandola in un senso o nell’altro.

Eppure, ciò che è avvenuto domenica attorno al 70esimo minuto di gioco di Juventus-Bologna, nello stadio ai labili confini comunali tra Torino e Venaria Reale, non è facilmente confutabile. L’episodio: scambio lungo l’out sinistro dell’attacco rossoblu tra il subentrato Jesper Karlsson e Lewis Ferguson, goleador di giornata nel provvisorio quanto prestigioso 0-1. Illuminazione filtrante in area per Joshua Zirkzee che, sul filo del fuorigioco ma in posizione regolare, si scosta da Gleison Bremer al fine di calciare in diagonale. Mattia Perin intercetta col guantone sinistro ma non trattiene, e anziché deviare il pallone in angolo lo lascia pericolosamente a centro area, dove il felsineo Dan Ndoye occupa meglio lo spazio, anticipando il bianconero Samuel Iling. Il quale lo travolge e atterra, senza che alcuno dei due raggiunga la sfera. Danilo spazza definitivamente lontano mentre l’arbitro Marco di Bello non fischia alcunché, tra le proteste della panchina e lo sguardo incredulo di Ndoye, il quale rimane a braccia levate senza manco lo spirito di urlare all’ingiustizia. Dalla sala macchine, nemmeno un cenno di approvazione dell’operato arbitrale, tanto meno il segnale di una revisione in corso: tutto insabbiato, in perfetto stile italiano.

Fin lì era stato il Bologna a mettere in mostra un gioco convincente, fatto di sviluppi geometrici, passaggi a terra, inserimenti dei centrocampisti, maggior numero di pericolose conclusioni a rete, con i padroni di casa che si sono svegliati solo nel secondo tempo. In questo quadro, fosse stato assegnato il sacrosanto rigore e la contemporanea quanto ineccepibile espulsione dell’esterno inglese, per la formazione allenata da Massimiliano Allegri sarebbe stato impervio raddrizzare il punteggio: anche nel caso in cui l’undici di Thiago Motta avesse fallito la grande occasione.

E qui inizia la partita immaginaria: chi avrebbe tirato dagli undici metri, in assenza di Riccardo Orsolini già sostituito? La risposta non è facile, essendo a inizio stagione e avendo già dovuto rinunciare ai servigi di Marko Arnautović. Se è vero che lo stesso Ferguson appariva on fire, e che nella sua esperienza scozzese aveva realizzato 15 dei 16 rigori calciati, le gerarchie di gruppo fanno propendere per la soluzione Nicolás Domínguez, capitano e leader silenzioso, entrato in campo dieci minuti prima al posto dell’ottimo Nikola Moro.

Avesse concretizzato l’importante chance, il Bologna si sarebbe ritrovato sopra di due reti e di un uomo, a venti minuti dalla fine, in casa di una squadra non rinomata per la veemenza degli empiti offensivi (ma comunque capace di sfuriate animate dalla sopravvivenza). Una difesa accorta, senza necessità di pullman da parcheggiare tra le due linee della propria area, avrebbe probabilmente consentito di resistere proficuamente, e anzi di tentare sortite in contropiede grazie alla velocità di Zirkzee e Karlsson.

Qualora invece il rigorista emiliano avesse ciccato il raddoppio, per merito di Perin o meno, sarebbe comunque rimasto invariato il vantaggio in trasferta e la disparità numerica in campo, mentre i minuti inesorabilmente si avvicinavano alla scadenza. Invece, dieci minuti dopo il fattaccio, è stato proprio Iling - graziato dal direttore di gara - a crossare con precisione per la testa di Dušan Vlahović, che ha insaccato l’1-1 finale. Fosse stato espulso a seguito del fallo da ultimo uomo, lungo quella fascia si sarebbe avventurato al massimo lo stanco Alex Sandro, o più probabilmente nessuno per via del mismatch d’organico, con lo scampato pericolo di chi conduceva a ragione.

Senza contare che il possibile ko interno e le solite polemiche infinite avrebbe accelerato, nelle ultime ore di calciomercato, la spinta juventina verso acquisti tappabuchi (Álvaro Morata, Emil Holm), o qualcosa che le serve veramente, come un centrale difensivo - la vicenda Bonucci aleggia - oppure il franco ritorno alla retroguardia a quattro.
Parafrasando Paolo Sorrentino: non sottovalutare mai le conseguenze di un rigore. Anche, e soprattutto, quando non viene assegnato.

 


 

Crocicchi è la rubrica di Enrico Veronese che ci terrà compagnia in questi mesi di Serie A. Sarà il racconto, giornata dopo giornata, degli incastri imperfetti che il calcio sa mettere in un campo di gioco, di tutto ciò che sarebbe potuto essere, ma non è stato. Che poi, in fondo, è il bello del calcio.   

Di più su questi argomenti: