Il Mondiale di ginnastica ritmica è stata una storia di riscatto
Per l'Italia non è stata l'edizione straordinaria del 2022, ma comunque ci sono buone speranze per Parigi 2024. Sofia Raffaeli ha conquistato tre argenti e le farfalle di Emanuela Maccarani si sono qualificate alle Olimpiadi
Non sarà stata la notte magica del 17 settembre 2022, con Sofia Raffaeli e l’Italia in cima al mondo per la prima volta, sotto un cielo bulgaro. Ma, per tante ginnaste ritmiche in pedana a Valencia, il Mondiale spagnolo ha avuto la sua speciale dose di magia. La 40esima rassegna iridata, sulla quale è appena calato il sipario, racconta storie di riscatto. A ciascuna il suo.
La nuova campionessa del mondo è Darja Varfolomeev, 17 anni da compiere. Siberiana naturalizzata tedesca dopo che, nel 2018, si è trasferita in Germania per allenarsi con Yulia Raskina, argento olimpico a Sydney 2000 davanti alla “donna più flessibile di Russia”, la leggendaria Alina Kabaeva.
Sofia Raffaeli ha dovuto farsi ragazza d’argento e cedere il passo a Varfolomeev, che aveva fame di sovvertire il Mondiale 2022. E ci è riuscita. L’anno scorso, a Sòfia, in Bulgaria, la 19enne marchigiana pigliò quasi tutto: oro alla palla, al nastro, al cerchio, bronzo alle clavette ma, soprattutto, lo scettro di campionessa mondiale assoluta, sfilato alla tedesca sul finale. Una gara all’ultimo respiro, come il mondiale spagnolo, ma a parti invertite: a Varfolomeev, stavolta, la rivincita dell’oro all-around e altre 4 medaglie del metallo più prezioso alle finali di specialità; a Raffaeli il titolo di vicecampionessa del mondo e 2 argenti a cerchio e palla, ma non l’amaro. È forse questa, per il Vulcano di Chiaravalle (Ancona), la conquista più grande.
In Bulgaria fu un trionfo, ma ai giornali disse di non essere soddisfatta: un perfezionismo insaziabile le mostrava il bronzo alle clavette come una macchia. Non le bastava il mondo: “Posso fare di più”, diceva Raffaeli. Ed è vero: l’agente delle Fiamme Oro della polizia di Stato ha vinto anche 5 ori su 5, tutti quelli possibili, su altre pedane internazionali. Ma per chi sa essere il peggior giudice di se stesso, come lei, la miglior vittoria è la maturità di imparare a dare il massimo senza pretenderlo a ogni costo: dare tutto e darsi pace. Le clavette l’hanno tradita anche quest’anno: una è scivolata sul finire dell’esercizio. Appena un attimo di delusione: l’attimo dopo era già in pedana con il nastro, l’attrezzo più difficile che fa crollare i punteggi di tutte. Quello di Sofia è stato un altissimo 33.050: il migliore della giornata e tra i migliori in carriera. “Non avevo mai pianto di gioia”, ha detto stavolta Raffaeli, alla fine di una gara in cui si è fatta portavoce del più grande insegnamento della ginnastica ritmica: se sai rialzarti più forte, poco importa cadere. “That’s life”, canta Frank Sinatra in sottofondo al suo nastro.
In senso letterale è anche un po’ quello che è successo alla terza classificata ai mondiali, l’israeliana Daria Atamanov. L’anno scorso dovette ritirarsi all’ultimo, un infortunio mentre si stava scaldando. Era la favorita: solo pochi mesi prima era un fiore di campionessa europea. Poi il sogno mondiale infranto dal nulla: guardava le gare dagli spalti dell’Arena Armeec di Sòfia con un velo di tristezza, poi se ne andava in braccio al padre, non riuscendo a camminare. Ma a volte il destino si diverte a rimandare certi appuntamenti e per lei, assente quasi un anno dalle pedane internazionali, il bronzo mondiale ha un valore decuplicato.
Anche fuori dal podio c’è un’Italia che cerca e trova riscatto. L’individualista azzurra, Milena Baldassarri, dopo una stagione sotto tono, stacca il pass per le Olimpiadi di Parigi 2024. Idem le farfalle di Emanuela Maccarani, che stentano a riconoscersi in questo soprannome da quando è scoppiato lo scandalo dei presunti abusi psicologici sulle ginnaste. Un anno che è stato la loro ora più buia: commissariata l’Accademia di Desio dove si allenano; Maccarani indagata e non più direttrice tecnica della Nazionale - la più vincente della storia italiana, con oltre 200 medaglie - solo allenatrice; ogni gara una faticosa salita. Ma la qualifica olimpica dimostra che c’è ancora del vero in quell’appellativo calzante da sempre per eleganza: la squadra azzurra sa ancora volare.