Il caso
I sentimenti contrastanti che provoca vedere Bonucci all'Union Berlino
Apparentemente nulla unisce l'ex capitano della Nazionale italiana e il club tedesco. Prima di lui non era giunto nessun campione affermato, un alieno in un ecosistema assai differente, come il granchio blu nella laguna veneta
Chi non s’assomiglia, succede che si piglia. A prima vista, non potrebbe essere più stridente il contrasto tra la vicenda professionale di Leonardo Bonucci e la storia dell’Union Berlino, alla quale il difensore italiano è approdato firmando per un anno: tanto connesso al potere il primo, quanto fieramente outsider la seconda.
Il capitano uscente della Nazionale, solo due estati fa decisivo a Wembley, ha giocato con tutte e tre le squadre più vincenti del campionato italiano: divisivo già alla Juventus, dove non le mandava a dire all’allenatore (che per tutta risposta lo ha spedito a scaldare un iconico sgabello in tribuna vip), fino alle pec per chiedere di essere reintegrato e al plateale allenamento assieme ai bambini. Un ego ipertrofico, motivato da Alberto Ferrarini, non avrà “spostato gli equilibri” al Milan ma ha consegnato alla celebrità esultanze polemiche come lo sciacquarsi la bocca o la pastasciutta londinese. D’altra parte, invece, una società che fin dai tempi della Germania Est il potere -anche politico- lo ha sempre combattuto. L’Eisern Union, “l’Union di ferro”, rappresenta il quartiere semiperiferico di Köpenick e si contrapponeva ai militari ministeriali della Dynamo Berlin anche per la tipologia del tifo: i valori egualitari, collettivi e operai, nonché la refrattarietà alla leadership, sono nel dna di coloro, e sono stati migliaia, che tra il 2008 e il 2013 hanno ristrutturato con le proprie mani lo stadio An den Alten Forsterei, “alla vecchia foresteria”, dove ancora oggi il punteggio nel tabellone cambia manualmente e prima di Leo non sono mai arrivati campioni così affermati. Bensì giovani in rampa di lancio, attaccanti fatti in casa e talenti scoperti al Mondiale, prima di qualche recupero eccellente come Kevin Volland e Robin Gosens.
Bonucci che diventa Unioner appare né più né meno come un paradosso: non si tratta infatti del Bayern Monaco, l’equivalente tedesco della Juve, ma di un club in continua e stupefacente ascesa dalla Zweite Bundesliga (la serie B tedesca, frequentata fino al 2019) alla Champions League. Tanto quanto il centrale di Pianoscarano, a oltre 36 anni, ha invece imboccato una parabola ormai discendente e cerca spiccioli di gloria proprio nel massimo proscenio continentale, dove affronterà Napoli e Real Madrid. Tatticamente l’operazione è sensata, dal momento che il numero 19 ha reso al meglio alla guida di una difesa a tre, con Andrea Barzagli e Giorgio Chiellini, proprio come quella schierata dal tecnico svizzero Urs Fischer; ma, almeno all’inizio, è un alieno che viene introdotto in un ecosistema assai differente, come il granchio blu nella laguna veneta.
Il mondo-Bonucci e ciò che significa l’Union Berlin sono veramente così incompatibili? "Il difensore non è malaccorto, sa benissimo dove sta andando e comunque lo capirà stando nello spogliatoio", spiega Giovanni Sgobba, giornalista e autore del recente volume “E non dimenticare: Eisern Union!”. Le gerarchie a Köpenick sono chiare: "Oltre al capitano Christopher Trimmel e al suo vice, esiste un pool di cinque giocatori scelti di volta in volta per tenere i rapporti con la società e con la tifoseria organizzata. Sul campo -continua Sgobba- è però difficile che l’allenatore modifichi la difesa meno battuta della Bundesliga. Bonucci semmai porterà la propria esperienza di atleta vincente, quanti mai ne ha avuti l’Union (l’ingaggio dello spagnolo Isco sfumò in dirittura d’arrivo). Bisognerà anche verificare la questione della lingua".
I tifosi storici però sono solo una parte dell’opinione pubblica: anzi in Germania molti sono estasiati e sorpresi della scelta, specie argomentandola in chiave Champions. E c’è grande fermento anche nella comunità dei fan italiani, in crescita esponenziale attraverso le pagine nei network curate dallo stesso Sgobba: non è che l’Union ha cambiato pelle (di pari passo con gli sponsor “di quartiere” che lasciano spazio alle major cinematografiche), e sia sempre meno la squadra romantica del bosco di Köpenick? Giovanni smentisce: "Bonucci rimarrà un anno o due, la storia dell’Union inizia nel 1906 col primo club e prosegue imperterrita dal 1966. Non sarà lui a dirottarla, essa continuerà a prescindere da Leo".
Insomma, Bonucci a Berlino Est muove sentimenti contrastanti, e pare più credibile che sarà l’ambiente Union a “integrarlo” nel suo corpo, non viceversa. Quando si ritirerà, magari, l’alieno potrà dire di sé: Ich bin ein Berliner, Ich bin ein Köpenicker, Ich bin ein Unioner.