Il Foglio sportivo
Dieci (buoni) motivi per guardare una partita di rugby nella vita
Dall'8 settembre al 28 ottobre 2023 si gioca il Mondiale. Avessero posticipato di tre giorni la finale allo Stade de France sarebbero stati 200 anni precisi dalla prima partita con la palla ovale. Ci sono almeno dieci ragioni secolari e distintivi per guardarne una
La finale della decima Coppa del mondo di rugby si giocherà allo Stade de France, a Saint-Denis, Parigi, il 28 ottobre (tutte le partite in diretta su Sky e in streaming su Now). Se programmata solo tre giorni dopo, sarebbero stati 200 anni precisi dalla prima partita. La verità è che quel primo novembre 1823 è la data incerta dell’atto storico di autocertificazione anagrafica del rugby, al Rugby College di Rugby, un’ottantina di miglia a nord-ovest di Londra, grazie alla “prodezza di William Webb Ellis che con grande disprezzo delle regole del football come era giocato a quel tempo per primo prese il pallone fra le sue braccia e con esso corse così dando origine al carattere distintivo del gioco del rugby”. Ecco (ancora, almeno) 10 motivi secolari e distintivi per assistere a una partita di rugby.
1) La partita comincia molto prima che l’arbitro comandi l’inizio. Comincia fuori dallo stadio. Come un evento, una festa, un ritrovo, un raduno, una visita. Una Woodstock ovale. Si va per annusare, respirare, scoprire, controllare, constatare, mangiare, bere, acquistare, giocare, ambientarsi, acclimatarsi, trovarsi, ritrovarsi e, ma sì, abbracciarsi. Assistete alla partita come cittadini del mondo.
2) La partita comincia con un calcio. Un calcio in alto e avanti, non rasoterra e indietro. Un calcio in alto perché, come sostengono i gallesi, il rugby è lo sport giocato in paradiso, tant’è vero che il Millenium di Cardiff, dove giocano i Dragoni gallesi, ha la cupola apribile così che Dio in persona possa assistere alla partita. Assistete alla partita come credenti. E un calcio avanti perché, questa è la prima regola da conoscere e imparare, il senso della partita è impadronirsi dello spazio, sconfinare nell’area e conquistare la meta nel campo degli avversari. Tutto qui. Assistete alla partita come viaggiatori, come naviganti.
3) Il rugby è uno sport complicato. Ci sono regole scritte. E ci sono regole non scritte. Le prime cambiano spesso. Le altre mai. Si apprendono sul campo, giocando, ma anche nello spogliatoio, al club, a tavola, sul pullman, alla tv, perfino leggendo. La regola fondamentale è: si passa il pallone, con le mani, soltanto indietro. E’ l’unico sport in cui esista questa regola. Che è fondamentale e, appunto, distintiva. Significa che da soli non si va da nessuna parte, che si ha sempre bisogno dei compagni, e che qualsiasi squadra e qualsiasi giocatore, qualsiasi gioco e qualsiasi strategia non possono prescindere dal sostegno. Assistete alla partita come sostenitori.
4) Il rugby è sostegno. Che significa: solidarietà, legame, unione. Che comporta: sintonia, sinergia, sincronia. Che richiede: amicizia, altruismo, generosità. Che esige: anima, spirito, umanità. Una forma di pronto intervento, mutuo soccorso, pubblica assistenza. Assistete alla partita come se fosse un piccolo sistema sanitario nazionale, ma anche come se fosse una banda musicale di fiati, uno sciame di api operaie.
5) Il rugby è gioco. Quattordici uomini (o donne) che si sfidano, si impegnano, si superano per concedere al quindicesimo un metro, mezzo metro, una spanna, uno spiffero. Assistete alla partita come se la partita fosse una lunga staffetta, che parte e riparte, finché crea quello spiffero di vantaggio sull’avversario.
6) Il rugby è mischia. E la mischia è otto contro otto: saldare e spingere, resistere e insistere per esistere, linee di forza e traiettorie di potenza. Fortino e trincea, miniera e cassaforte. L’otto con del canottaggio, il surplace del ciclismo su pista, l’apnea del sollevamento pesi. Assistete alla partita come se vi trovaste al Museo della scienza e della tecnologia.
7) Il rugby è purificazione. Il gioco più sporco per la gente più pulita (neanche tanto sporco da quando il fango è stato bandito dai campi sintetici). Ma niente scenate e niente sceneggiate, niente manfrine e niente moine. Il professionismo non ha scalfito i valori. Anche se qualche cretino c’è sempre stato. Assistete alla partita come alpinisti, lassù, in cima al mondo.
8) Come comincia molto prima che l’arbitro comandi l’inizio, così la partita finisce molto dopo la sua conclusione. Perché quell’atmosfera di una Woodstock ovale si ricrea, anche se diversa, non più magicamente equilibrata ma – per quel giorno, per quel torneo, per quella storia – spezzata, spremuta, sbilanciata. Assistete alla partita come fedeli.
9) Il rugby è l’infinito. Come i pali delle porte che si prolungano (idealmente) all’infinito verso il cielo. E più sono alti, più incutono rispetto, se non timore. Sapendo che ci sarà, ci sarà sempre un’altra occasione. L’ultima partita non esiste, non esisterà. Altri interpreti, altre condizioni, altre situazioni. Altre prodezze e altre trasgressioni – per usare due parole sulla targa di marmo nel Rugby College – per lo sport giocato in paradiso. Assistete alla partita, se non da profeti o da apostoli, se non da discepoli o da sacerdoti, come chierichetti.
10) Il rugby è la pace. La guerra più dura – spiegava Marco Bollesan, il guerriero del rugby italiano – seguita dalla pace più bella. Spettatori mai divisi ma uniti, confusi, mischiati. Dentro e fuori. Assistete alla partita come se fosse la marcia per la pace, o il quarto stato, o la rivoluzione.
10 bis) Ah, già, la birra. Una media, minimo sindacale.