fine percorso
Perché nel caso Egonu c'entrano (molto) gli errori della Federazione
Il rapporto tra la giocatrice di Cittadella e il ct Davide Mazzanti era deteriorato almeno da Tokyo, ma la Fipav non ha avuto il coraggio di cambiare. Così adesso l'instabilità rischia di indebolire la nazionale anche nella corsa alle Olimpiadi di Parigi
Il caso Egonu impazza ovunque. Nelle prime pagine dei giornali, nei siti specializzati, nella stanza principale del Coni e anche tra chi di pallavolo prima di Egonu sapeva giusto il nome di Francesca Piccinini. A volte confondendola pure con Maurizia Cacciatori. Perché, come va di moda dire adesso, Paola Egonu è divisiva. La fama della 24enne schiacciatrice della nazionale va dal Festival di Sanremo alla citazione sul libro del generale Vannacci. Eppure la vicenda è interamente sportiva. E non è la prima volta che capita. Neanche nella pallavolo (Zaytsev, nel 2015 e del 2017). Neanche in quella femminile (Cacciatori nel 2002 e Piccinini nel 2005 e nel 2012).
Il risultato è che una delle quattro giocatrici più forti al mondo ma l’unica che indossa la maglia azzurra dell’Italia (le altre sono Boskovic, Vargas e Haak), è in definitiva rottura con l’allenatore e si è chiamata fuori per le qualificazioni olimpiche che si giocheranno in Polonia tra qualche giorno. Però stavolta la risonanza è grandissima e se nessuno in Federazione si prende la responsabilità di spiegare cosa è successo veramente in questi ultimi due anni - se non con tutti i particolari, almeno a grandi linee - succede che le notizie più disparate iniziano a circolare. L’ultima la riporta un sito brasiliano: una giocatrice verdeoro è a conoscenza del fatto che dopo i Mondiali dello scorso anno Bosetti, De Gennaro, Chirichella e Egonu siano andate dal presidente della Fipav, Giuseppe Manfredi a chiedere la testa del ct Davide Mazzanti. Che Manfredi non abbia accettato il ricatto e si sia tenuto Mazzanti. A volte non cedere per i giusti principi risulta un errore. Quanto di vero ci sia in questa ricostruzione (qualcosa) sta di fatto però che Bosetti, De Gennaro e Chirichella a questi Europei non c’erano e se non ci fossero state pressioni dall’alto e l’iter burocratico di Antropova fosse finito prima, stando alla volontà del ct neanche Egonu.
Il caos è generato dal fatto che la sintonia manca anche tra le giocatrici. Se De Gennaro, il libero più forte del mondo e l’esclusione più rumorosa dell’estate è amica stretta di Paola, la stessa cosa non si può dire di Bosetti e Chirichella. Qual è il motivo primordiale, allora, della fine dell’idillio tra Paola e il ct? Perché il casus belli di oggi è la marginalizzazione della nostra stella azzurra in questi Europei. Marginalizzazione fino a che le partite lo permettevano però, perché se l’Italia avesse chiuso il quarto set con la Turchia (era avanti 18-14) e fosse andata in finale, era gran parte merito dell’ingresso di Egonu. Ed è da questa evidenza che il giorno dopo, prima della finale per il bronzo, sono volate parole pesanti tra i due.
Ma questo malessere tra Egonu e Mazzanti arriva da Tokyo. Ai Giochi olimpici succedono tre cose: l’attenzione è catalizzata tutta su Paola (che prima di scendere in campo è già una star e sfila con la bandiera olimpica), la Nazionale non brilla nelle partite decisive e viene eliminata ai quarti e il ct inizia a dare segnali di poca lucidità comunicativa già dalla polemica da lui ingenuamente prodotta sull’uso dei social. Il meglio, Mazzanti lo riserverà però alla fine di questo Europeo, quando ammette in diretta Rai che dopo i Mondiali dello scorso anno non aveva più la squadra in mano. E qui arrivano le responsabilità della Fipav. Se il ct non ha in mano la squadra la soluzione è cambiare ct. Doloroso? Ingiusto? Inevitabile. Invece si è accettato di proseguire con Mazzanti rifondando la squadra. Ma a conti fatti indebolendola. Perché non si può pensare che una campionessa come Paola venga tenuta fuori dalla centralità di un progetto se quel progetto contempla la vittoria di competizioni.
La ragazza di Cittadella è irrequieta, pigra, difficile da gestire. Ma, come avevamo scritto qui il suo essere trattata diversamente è stato avallato proprio dalla Federazione. Che fare adesso? Cambiare allenatore è l’unica strada per iniziare davvero a rifondare un gruppo che ha bisogno di una guida. Lo sa anche Manfredi, che però deciderà dopo le qualificazioni. Ma non solo in campo, anche a fianco di questa squadra e di queste ragazze. Servono psicologi sportivi, dirigenti all’altezza del compito. Se la nazionale maschile tanto bene ha fatto è merito di Fefé De Giorgi ma anche del suo staff. Siamo sicuri che la nazionale femminile sia stata gestita al meglio in tutti questi anni? Non si può continuare a perdere tempo e veder vincere gli altri.