Il Foglio sportivo
Fenomenologia di Chiesa, specchio dell'Italia futura
Allegri lo ha spostato più vicino all’area avversaria, dove potrà essere decisivo anche per Spalletti, quando potrà averlo
“Essere, o non essere, questo è il dilemma”. Le parole, messe in bocca da William Shakespeare ad Amleto nell’atto 3, scena 1 della tragedia omonima, possono benissimo essere riproposte in ambito calcistico alla parabola di Federico Chiesa.
Per il calciatore della Juve e della Nazionale non si tratta però di rispondere ad un quesito esistenziale quanto, invece, più prosaicamente, di risolverne uno tattico. Il bianconero infatti sta vivendo un buon inizio di stagione nella posizione disegnata per lui da Massimiliano Allegri, vale a dire quella di attaccante.
Il Chiesa 2023-24 si è dunque avvicinato alla porta avversaria, dopo essere arrivato a Torino (nel 2020) come l’esterno offensivo che avrebbe dovuto rinverdire la tradizione italiana nel ruolo. Le premesse in effetti erano quelle. Nella sua prima stagione alla Juve, sotto la guida di Andrea Pirlo, Chiesa lascia il suo marchio agendo da laterale d’attacco e chiudendo l’anno (pur travagliato con la Juve che non vinse il campionato dopo nove successi consecutivi) con 13 reti realizzate e 11 assist prodotti, tutte le competizioni comprese.
Il ritorno di Allegri sulla panchina bianconera coincide con l’inizio delle peregrinazioni e dei dubbi tattici intorno al ragazzo nato a Genova. Quando Max stabilizza il 3-5-2 come sistema di riferimento, si pone proprio il dilemma di dove impiegare Federico.
L’idea principale è quella di utilizzarlo da esterno di centrocampo (o da quinto, che dir si voglia). Ma l’ipotesi naufraga abbastanza velocemente. È vero che da esterno di fascia Chiesa si era imposto nella Fiorentina, ma con i viola ad allenarlo c’era Paulo Sousa, che predicava un gioco offensivo. Il ragazzo invece non ha particolari attitudini difensive, necessarie per interpretare il ruolo secondo le esigenze di Allegri ed è comunque un elemento da scatto in spazi brevi e non tanto da progressione. In pratica, Chiesa è un uomo da ultimi quaranta metri di campo o, per dirla con Allegri, è più attaccante.
Quando poi, l’anno scorso, alla Juve si impone Filip Kosticć sulla fascia mancina, diventa difficile per Allegri poter utilizzare contemporaneamente due giocatori offensivi sugli esterni a supporto di due attaccanti.
Così, nel tecnico livornese matura man mano la convinzione che Chiesa debba essere spostato in prossimità dell’area avversaria. Una considerazione che già aveva accarezzato Stefano Pioli quando lo aveva avuto a disposizione nella Fiorentina. In alcune occasioni infatti l’attuale allenatore del Milan aveva schierato Chiesa in zone avanzate di campo.
Tuttavia questa soluzione aveva cozzato con le caratteristiche del giocatore, poco portato al gioco spalle alla porta. Insomma, punta sì ma da contropiede.
Caratteristiche che sono ancora oggi quelle del numero 7 bianconero. Infatti, pur impiegato da attaccante, Chiesa continua a svariare molto, a defilarsi verso il centro-sinistra per rientrare e giocare fronte alla porta avversaria. Se chiamato a destreggiarsi ricevendo la palla con la fronte rivolta alla propria di porta, Chiesa fa appunto ancora fatica.
I numeri parlano di due reti realizzate nelle prime tre uscite di campionato. Ma sia nel caso della rete segnata contro l’Udinese che di quella messa a segno contro l’Empoli, si è trattato per Chiesa di sfruttare un contropiede (uno breve ed un lungo) cioè di attaccare in campo aperto potendo guardare in avanti.
Recentemente è stato fatto anche un paragone con Thierry Henry. In verità il francese giocava da attaccante già nel Monaco e fu solo alla Juve che venne allontanato dalla porta da Carlo Ancelotti per essere impiegato da esterno a tutta fascia. La sua esplosione avvenne dopo la cessione all’Arsenal e l’avanzamento nel ruolo di attaccante.
Difficile ad oggi prevedere per Chiesa uno sviluppo tale da farlo diventare il nuovo Henry. Come detto, per avvicinarsi a quei livelli Chiesa dovrebbe non solo migliorare il suo bagaglio tecnico, ma anche svilupparsi ulteriormente dal punto di vista tattico. Nel periodo trascorso alla Fiorentina, sia con Sousa e Pioli che con Montella e Iachini, Chiesa è sempre stato il talento offensivo migliore presente in squadra.
E questo lo portava ad essere il Viola che tirava di più e che cercava maggiormente il dribbling. In riva all’Arno quindi Chiesa era caricato del peso di portare sulle proprie spalle una fase offensiva che in pratica poteva contare solo su di lui. Questo non lo ha aiutato a guadagnare una capacità di lettura della situazione tale da portarlo a fare sempre scelte corrette con la palla.
Alla Juve sta imparando pian piano a smussare il suo gioco, anche se l’infortunio al ginocchio subito a gennaio 2022 ne ha un po’ rallentato la crescita.
Nella visione di Chiesa come futuro attaccante ha forse un po’ pesato in questi anni il paragone con papà. Suo padre Enrico però, rispetto al figlio, era maggiormente dotato dal punto di vista tecnico. Chiesa genitore infatti è stato uno dei migliori giocatori italiani fra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila per quanto riguardava il tiro in porta. Pochi calciavano la palla come lui. Basta vedere su YouTube qualche carrellata delle reti realizzate con le varie maglie con le quali ha giocato. La sfortuna di Enrico Chiesa è di aver vissuto la sua carriera in un periodo in cui in Italia c’era abbondanza di attaccanti italiani di livello mondiale. E questo gli ha precluso molto a livello di nazionale, con l’Europeo 1996 come unica, grande occasione avuta per mettersi in mostra. La disastrosa campagna italiana però non lo aiutò.
Se questa è stata la parabola di Chiesa Sr., non la stessa cosa può dirsi di Chiesa Jr. Anzi, la penuria di punte italiane di livello è uno dei problemi della nostra nazionale attuale. Se Chiesa quindi riuscirà ad evolversi in questa posizione, il primo a esserne contento sarà certamente il nuovo commissario tecnico degli Azzurri, Luciano Spalletti. Certamente, il problema muscolare che potrebbe impedirne l’esordio sotto la nuova gestione dell’ex allenatore del Napoli non rappresenta un buon viatico. Se Chiesa non dovesse essere recuperato, la sua nuova vita in nazionale avrà un inizio ritardato.