Marco Verratti si è messo in "castigo"
Il centrocampista italiano ha lasciato il Paris Saint-Germain ed è andato in Qatar. A soli due anni di distanza da un Europeo giocato e vinto da protagonista il suo talento sembra essere entrato in crisi
Sarà anche vero che è meglio essere tristi sul sedile posteriore di una Rolls Royce che altrove, ma quanta malinconia in questo addio alla chetichella di Marco Verratti, scaricato dal Paris Saint-Germain al quale ha donato di fatto l’intera carriera. Non si è imbarcato per la rotta più battuta dell’estate, quella destinata in Arabia Saudita, ma ha scelto qualcosa di tremendamente vicino, il Qatar: ha firmato l’ennesimo contratto faraonico di questi mesi di inversione di tendenza e, ovviamente, giurato amore all’Al Arabi. “Non vedo l’ora di scoprire tutto di questa nuova realtà, sono molto felice”, ha detto, e dobbiamo quantomeno provare a credergli.
Aveva tutto per essere un talento generazionale e anche per questo aveva lasciato l’Italia senza nemmeno mettere piede in Serie A: quel che doveva mostrare si era già visto in B, numero 10 (sulle spalle) nel 4-3-3 zemaniano a Pescara, direttore d’orchestra non ancora ventenne di una squadra praticamente perfetta, con Insigne in fascia e Immobile a metterla dentro a ripetizione. Adesso che di anni ne deve compiere 31, Verratti lascia il calcio che guarda alla Champions League come l’obiettivo primario preferendo un esilio dorato, dopo aver incassato, stando alle indiscrezioni dei quotidiani francesi, una bocciatura senza precedenti da Luis Enrique: “Con me non giocherai mai”. A soli due anni di distanza da un Europeo giocato e vinto da protagonista, è caduto in disgrazia in una maniera fragorosa, impossibile da prevedere, e siamo qui a chiederci cosa non abbia funzionato nella carriera di Verratti.
È stato soltanto un discorso di problemi fisici – nel corso dei suoi anni parigini, non ha mai superato il 70 per cento del minutaggio complessivo, con una fragilità endemica che ha toccato picchi allarmanti nelle ultime due stagioni – oppure c’è dell’altro, qualcosa di insondabile?
Il centrocampista italiano è diventato a tratti sineddoche del Psg stesso: forte, talentuoso, mai capace di arrivare al bersaglio grosso, finendo anche per essere il destinatario preferito delle accuse nello scorso marzo, ritenuto il responsabile principale dell’eliminazione contro il Bayern Monaco. Tre anni prima, nell’agosto del 2020, aveva preso parte soltanto per mezz’ora alla finale europea contro i bavaresi, frenato per l’ennesima volta dai problemi fisici: doveva essere la sua notte, divenne quella del Bayern e di un ragazzo, Kingsley Coman, che invece da Parigi era scappato presto, quasi a voler rinunciare al destino di finire triste e immalinconito come tanti campioni che all’ombra della Torre Eiffel hanno smarrito il sacro furore.
Luciano Spalletti ha detto di essere pronto ad aspettarlo, nonostante il Qatar, e ha giurato di aver incassato piena disponibilità da Verratti, proprio nelle ore in cui l’Equipe gli riservava l’ultima stilettata: il presunto no al commissario tecnico, che lo avrebbe chiamato per le sfide con Macedonia del Nord e Ucraina, e di conseguenza alla Nazionale. Anche qui, prendiamo per buona l’ufficialità: nessun rifiuto, dunque, nessuna resa, nessuna voglia di togliersi l’azzurro dalla pelle. Eppure, su Verratti, le domande continuano a essere superiori alle risposte. Di sicuro ci sono i milioni del Qatar e una scelta che porta con sé il sapore del passo indietro.