Crocicchi #4
Giacomo Raspadori è l'uomo che l'Italia e Napoli stavano cercando
Sotto di due gol contro il Genoa poteva essere una debâcle per i campioni d'Italia. Poi Rudi Garcia si è ricordato di avere in panchina l'attaccante della Nazionale, per il tecnico francese né centravanti, né ala, ma uomo ovunque
Non è mica la prima volta che una squadra campione d’Italia fatica a ripetersi nelle prime giornate della stagione successiva. Specie se il meritatissimo titolo lo ha ottenuto senza passare dai favori del pronostico: accadde all’Hellas Verona, che ripartì da uno stentato 2-2 casalingo con il Lecce per uscire presto di scena (tra le polemiche) in Coppa dei Campioni e collocarsi al decimo posto finale. Successe alla Sampdoria, forse distratta dall’obiettivo europeo, ma sùbito ko a Cagliari e destinata a uscire dalle coppe a fine torneo. E pure il Napoli l’anno prima, fresco di secondo titolo, iniziò impattando a Lecce e facendosi rimontare dal Cagliari… di Ranieri alla seconda: poi il caso/caos Maradona traghettò l’annata al bisogno di una veloce ricostruzione. La stessa che, in quelle settimane, la doppietta di Alessandro Melli a Parma impose al Milan campione d’Europa.
Così nell’attuale settembre, dopo le prime due franche vittorie contro Frosinone e Sassuolo, la sconfitta interna con la Lazio ha fatto suonare l’allarme in casa di una squadra che avrà pure perduto Kim Min-jae, nuovo idolo di Monaco di Baviera, e lasciato Luciano Spalletti all’azzurro più intenso della Nazionale: ma non può aver smarrito geometrie, automatismi, la divisione dei ruoli che l’avevano portata a dominare giustamente gli scorsi dodici mesi. Fino all’avvio di Genoa-Napoli, tuttavia, il match dello stadio Maradona aveva l’aria di una “normale” battuta d’arresto, magari anzitempo, contro una formazione assai forte, ben guidata, seconda nella passata classifica e già capace di sconfiggere i partenopei a domicilio. Semmai è nelle partite contro le neopromosse (vedi sopra) che un eventuale crollo avrebbe tutti gli attributi per parlare di crisi aperta.
E la partita di Genova, per come si stava mettendo, aveva tutte le caratteristiche della debâcle. Due gol subìti in azione da fermo, poche incursioni dei terzini-ormai-mediani e altrettanti tiri in porta, facili da controllare. Già alla fine del primo tempo, per Rudi Garcia, non c’era altra strada che affidarsi alla panchina, allargata dagli investimenti di Aurelio de Laurentiis in ottica Champions League. Dapprima Matteo Politano, risanato a tempo di record per rimpiazzare il confuso Elif Elmas, fresco dirimpettaio nelle qualificazioni europee; quindi i testuali Mario Rui per il pari ruolo Mathias Olivera e Jens Cajuste in luogo di Stanislav Lobotka. Alla fine di questa storia, sia Politano che Cajuste saranno stati decisivi, assieme al figliol prodigo Piotr Zieliński: ma nessuna di queste sostituzioni, che rientrano nei normali avvicendamenti entro una rosa nutrita, ha cambiato le sorti.
Al minuto 58, invece, il tecnico francese si gira e vede Giacomo Raspadori. Proprio colui che, qualche ora prima, aveva investito di un potenziale ruolo di mezzala, di interno incursore, durante le sessioni di allenamento a Castel Volturno. Raspadori, che il ct Spalletti vede centravanti di manovra nella sua Azzurra, perché capace a legare il gioco tra gli esterni e il centrocampo, oltre che a realizzare reti degne di Paolo Rossi e Filippo Inzaghi. Il 23enne di estrazione bolognese, partito a sinistra nelle prime gare della Serie A 2023-2024 e pronto a ricollocarsi a destra per far fronte all’uscita di Hirving Lozano. Uno che “dove lo metti sta”? Non proprio, o non solo: uno che quando entra, cambia le partite. Al punto da chiedersi se sia lecito lo spreco in panchina di tanto talento, squadernato ormai da tre anni e vidimato dalle convocazioni continentali di Roberto Mancini.
Rudi Garcia avrebbe potuto sostituire l’intera batteria offensiva e due terzi dei centrocampisti con “Jack”, sicuro che avrebbe trasformato la tattica, magari gli esiti in campo. Ha scelto di rimpiazzare André-Frank Zambo Anguissa, macina di chilometri stavolta a vuoto: la profezia di Raspadori che parte da molto lontano sta per avverarsi. Minuto 75, Zieliński in profondità per l’altro neoentrato Cajuste, tocco morbido a liberare l’attaccante emiliano: controllo di destro e sinistro che saetta che si insacca nei pressi del primo palo. Otto giri di lancetta più tardi: sempre Cajuste, stavolta indietro per il ritrovato Zieliński, lancio magnifico e altrettanto il sinistro al volo di Politano da distanza ravvicinata, sotto gli incroci di Josep Martínez. La posizione di Raspadori ha cambiato la partita: come al suo esordio assoluto nel 2020, come in Italia-Inghilterra, come sbancando lo Stadium.
Mezzala di visione, piccolo centravanti di rapina, ala da inserimento, trequartista col senso del gol: Giacomo Raspadori è l’uomo che l’Italia stava cercando, colui che Cristiano Giuntoli ha prelevato dal Sassuolo prima che si accendesse un’asta internazionale. Perché di cambi universali ce ne sono sempre meno anche nei negozi di materiale elettrico, figurarsi se uno - per corporatura, eclettismo e spazi coperto - appare sempre più sovrapponibile all’Antoine Griezmann “totale” visto ai Mondiali del Qatar. Certo, nell’epoca dei tre punti a vittoria la rimonta di Marassi può suonare comunque come una mezza sconfitta, anche quale monito per il futuro: la difesa così non va, è svagata, e alle porte bussa il girone eliminatorio di Champions. Ma per il morale il pareggio quasi in extremis è una botta di adrenalina, e dice che per ora il Napoli non si avvia a ripetere altre stagioni decotte dei campioni in carica: a patto, magari, di trovare la formula per schierare titolare questo ventitreenne che non merita più alcuna anticamera.
Crocicchi è la rubrica di Enrico Veronese che ci terrà compagnia in questi mesi di Serie A. Sarà il racconto, giornata dopo giornata, degli incastri imperfetti che il calcio sa mettere in un campo di gioco, di tutto ciò che sarebbe potuto essere, ma non è stato. Che poi, in fondo, è il bello del calcio.