Serie A
La crisi dell'Empoli dice che è meglio non lasciare la via vecchia per quella nuova
Quattro sconfitte in quattro partite e nessun gol fatto sono uno dei peggiori avvii della storia della Serie A. L'idea di Paolo Zanetti di cambiare radicalmente la squadra sembra non essere riuscita. In Toscana però sanno attendere e gestire le situazioni d'emergenza
Zero punti, zero gol fatti, dodici gol subiti, una sensazione da fine del mondo che già da qualche settimana aleggia attorno alla squadra. L’avvio di stagione dell’Empoli, così in difficoltà da rendere persino difficile individuare una foto emblematica della crisi (il rigore provocato da Walukiewicz dopo 35 secondi all’Olimpico? Oppure l’autogol di Grassi, generato da un tentativo di spazzata ansiogena di Bereszynski?), è privo di precedenti nella Serie A del terzo millennio: bisogna tornare infatti al Padova 1994-95, che collezionò le stesse, identiche cifre, salvo poi mettere il primo mattoncino verso un’eroica salvezza con un rocambolesco 3-3 in casa del Napoli, arrivato grazie a una doppietta di Pippo Maniero nei minuti finali. Pietro Accardi, direttore sportivo azzurro, ci ha messo la faccia nella pancia dell’Olimpico, dopo i sette gol presi dalla Roma: “Faremo delle riflessioni ma non vuol dire che Zanetti non sarà più l’allenatore: in questo momento non c’è un solo responsabile, lo siamo tutti, me compreso”.
Quella che si accinge a concludersi, per l’Empoli, è stata la stagione della rivoluzione tattica: il 4-2-3-1 già intravisto nella parte finale della scorsa stagione era stato individuato come il modulo da utilizzare, lasciando così la strada maestra del 4-3-1-2. Il rombo di centrocampo, a partire dal periodo di Maurizio Sarri, era diventato quasi il marchio di fabbrica del club toscano, un brand, la pietra angolare attorno alla quale costruire la rosa: in questi anni, l’Empoli ha continuato a sfornare giocatori interessantissimi, concedendosi soltanto alcune escursioni sul tema, come nel periodo di Iachini e del suo 3-5-2. La società ha assecondato Zanetti, ha svuotato l’organico di interni di centrocampo e l’ha riempito di esterni offensivi (Cancellieri, Gyasi, il ritorno di Cambiaghi). Poi, dopo un avvio shock (l’Empoli è stato già eliminato in Coppa Italia dal Cittadella), l’improvvisa retromarcia: nei giorni conclusivi del mercato sono arrivati Kovalenko, Maleh e Simone Bastoni, a voler consentire a Zanetti di tornare alla mediana a tre. Un ritorno che si è effettivamente visto, ma senza ripescare l’amato rombo.
Con la Juventus la sconfitta ha assunto contorni dignitosi, con la Roma è stato un tracollo su tutta la linea. E all’Olimpico, contro ogni previsione, Zanetti ha lasciato fuori alcuni degli uomini decisivi per la salvezza dello scorso anno: da Ebuehi, un suo fedelissimo, che lo scorso anno aveva tolto il posto a Stojanovic, a Marin, il faro del centrocampo, passando per le due assenze più rumorose, quelle di Caputo, al quale è stato preferito Mattia Destro (lasciato andare a scadenza di contratto e poi richiamato in fretta e furia il 29 agosto), e soprattutto di Tommaso Baldanzi, il vertice alto perfetto per il rombo, che nel “nuovo” 4-3-3 deve spostarsi sulla corsia destra per trovare un posto al sole. “Per le sue caratteristiche può giocare anche da esterno a piede invertito”, ha dichiarato Accardi prima del match dell’Olimpico, e ora c’è da capire quale direzione prenderà l’Empoli nelle prossime ore. All’orizzonte un’altra partita che si preannuncia a dir poco complessa, quella contro l’Inter: se davvero sarà l’ultima spiaggia per Zanetti, di sicuro non ha avuto fortuna nella scelta dello stabilimento.