Champions League
Ivan Provedel e il carnevale calcistico
Il gol del portiere della Lazio permette ai biancoazzurri di pareggiare in Champions League contro l'Atletico Madrid
Quando segna un portiere è un carnevale, il mondo ribaltato. È mica il loro mestiere quello di segnare, devono fare l’esatto contrario, evitare di far segnare. Sono la negazione stessa del motivo per cui il calcio piace, quei secondi di pieno e assoluto godimento quando la palla supera la linea di porta e si può urlare gol! È per questo che quando un portiere è bravo, molto bravo, e gioca per la squadra che si tifa, non lo si vorrebbe vedere andar via, perché è un anatema contro le urla degli altri. Certo un portiere sbaglia sempre, per cui sarà mai amato quanto un attaccante, ma tant’è, il calcio è così e i portieri lo sanno, per questo restano comunque tra i pali.
I portieri bloccano e respingono urla avversari, oltre ai palloni, al massimo fanno bloccare il fiato o generano respiri di sollievo, a volte strappano qualche applauso. Non fanno mai urlare. Anche se a volte fanno imprecare ad alta voce, altissima voce, perché non esiste portiere che abbia il vuoto nella casella errori in carriera. Pure Lev Yashin e Gordon Banks, i migliori di sempre, ogni tanto sbagliavano. Si narra che in una settimana il russo sbagliò due prese e causò altrettanti autogol e che il governo sovietico allarmò il servizio segreto per indagare su eventuali sabotaggi occidentali.
I portieri fanno spesso disperare, a volte esaltare, mai impazzire. A meno che non sia carnevale. A meno che non sia martedì 19 settembre 2023, di notte, ultimo carnevale calcistico che Eupalla ha mandato in terra. A meno di non essere Ivan Provedel al novantacinquesimo minuto che in area di rigore avversaria, si libra in aerea, colpisce di testa la palla e la indirizza alle spalle del suo pari ruolo. Lazio-Atletico Madrid 1-1.
C’erano riusciti solo Hans-Jörg Butt, Vincent Enyeama e Sinan Bolat a segnare in Champions League coi guantoni a coprirgli le mani. I primi due sue rigore, che si sa che fa sempre spettacolo quando un numero uno tira un rigore, il terzo di testa ma su calcio di punizione diretto. Solo Ivan Provedel c’è riuscito su azione. Un primato, un premio alla convinzione, all’amore per un ruolo che di solito respinge, o attrae solo scrittori o musicisti dai capelli colorati: “Giuravo che avrei fatto il portiere / Era l'unico a differenziarsi / Pensavo che non fosse della squadra / Era vestito meglio e stava fermo”, cantava Morgan, all’epoca nella sua versione in forma di Morgan dei Bluvertigo. Perché Ivan Provedel faceva l’attaccante e decise di lasciare il Pordenone – non certo l’ultima delle squadre, soprattutto per il settore giovanile – per andare dove gli avessero permesso di fare il portiere. Per fare qualcosa del genere o si è folli o troppo innamorati. Per Provedel è evidente che fosse la seconda ipotesi: non è tornato indietro, ha continuato a indossare i guantoni e a divertirsi un sacco a tuffarsi di qua e di là per negare agli altri la gioia del gol.
C’è riuscito bene in questi anni. Bene a tal punto da giocare nella Lazio, da concludere un campionato tra i migliori numeri uno d’Italia, da essere riconfermato e debuttare in Champions League. E segnare al debutto in Champions League, meglio di molti attaccanti. Dei suoi senz'altro.
Da domani Ivan Provedel dovrà pensare a tornare a strozzare in gola al pubblico avversario il tanto agognato urlo gol, più che a pensare di nuovo di generarlo. Un gol del portiere è tanto bello perché è raro. E si sa che carnevale viene solo una volta l'anno.