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Crocicchi #5

Terracciano ha deviato l'esito di Udinese-Fiorentina

Enrico Veronese

Il portiere della Fiorentina è stato il grande protagonista della domenica di Serie A, permettendo con le sue parate alla Viola di tornare da Udine con tre punti. L'ennesima grande prestazione in una carriera da sottovalutato

Primissimo autunno, stagione di trekking. Nelle montagne della Serie A si moltiplicano i crocicchi: diramano dal principale, il rigore fallito da Victor Osimhen che avrebbe potuto mantenere i campioni d’Italia nella scia delle prime (l’Inter vola già a +7). Svicolano il fallo di Domenico Berardi su Gleison Bremer, che sarebbe costato l’espulsione al suo autore prima del gol del secondo vantaggio neroverde, e s’intravede il bivio anche verso l’epilogo di Salernitana-Frosinone: il diagonale troppo aperto di Jaime Báez lascia sul prato dell’Arechi la sublimazione del sogno ciociaro, che comunque continua per le rivincite di Eusebio di Francesco.

Ma l’alternativa più sostanziosa scende dalle Alpi carniche sopra lo stadio Friuli, o come si chiama adesso (cit.), e s’infrange ripetutamente contro il rifugio Terracciano dipinto di viola: l’estremo gigliato, si diceva un tempo, ha investito molto del suo nel deviare più volte l’esito di Udinese-Fiorentina, significando ben più dei tre punti finali. Non è trascorso ancora un minuto quando le ginocchia di Pietro respingono la botta mancina di Florian Thauvin: avvisaglie di una partita che non sarebbe stata in discesa per i giochisti di Vincenzo Italiano. Tempo tre minuti, e la stellina triste Lazar Samardžić scaglia un siluro verso l’incrocio dei pali, confermando tutta la sua classe e l’ambizione a palcoscenici maggiori: ma il numero uno di San Felice a Cancello risponde presente in bello stile, neutralizzando proprio a ridosso della ragnatela. I testardi di casa ci riprovano ancora col francese, pare cosa fatta ma la valanga è arginata sempre dall’ultima speme. Udinese-Fiorentina avrebbe già potuto essere almeno 1-0 più e più volte, con altre mani e altri baluardi tra i pali ospiti: il punteggio invece cambia in senso inverso, finora senza merito, e Pietro Terracciano deve tornare a fare gli straordinari di sorveglianza, negando il pareggio ad Hassane Kamara nel recupero del primo tempo.

Ripresa, e non cambia la storia: i bianconeri - in maglia improbabile - come natura creano, Terracciano conserva per il lungo inverno. Mettendoci tutto se stesso: dice no con i pugni a Sandi Lovrić, chiama all’appello i reni per arginare un infido colpo di testa all’indietro dello stesso vicino sloveno, indirizzato inesorabilmente nel sacco. E quando il muro non può proprio farci niente, ci pensa Lorenzo Lucca a graziare i toscani nel loro giorno fortunato. Il viatico al raddoppio terminale di Giacomo Bonaventura è preparato così dalla ruspa campana che chiude la porta e spiana la partita, ma va molto oltre: Terracciano pare dover sempre dimostrare qualcosa, anche a trentatre anni. Non è mai considerato abbastanza da chi lo ha costretto dapprima all’alternanza con il guascone Bartłomiej Drągowski, poi alla minaccia del rampante Pierluigi Gollini, indi alla rassicurante protezione dell’altrettanto esperto Salvatore Sirigu. In estate la Viola ha deciso che il guardiano dell’Hertha Berlino neoretrocessa in Zweite Bundesliga, settanta goal subiti, facesse al caso proprio: Oliver Christensen sbarca a Firenze senza nemmeno i galloni della propria Nazionale, e giocando a intermittenza da oggetto misterioso non ha ancora dato tutte le certezze attese. Se non appunto creare una competizione interna nel ruolo, sempre meno comprensibile dai tempi di Arrigo Sacchi. Perennemente in discussione, come molti uomini volanti che vengono dalla gavetta del sud, Terracciano a Udine più che in altre circostanze ha diretto il traffico, stabilendo da solo dove la palla dovesse magnetizzarsi per evitare la gol line technology. Riga in parte d’altri tempi nelle figurine, incarna le celebri liriche di Umberto Saba in una squadra votata al calcio offensivo: “Presso la rete inviolata è rimasto, la sua gioia si fa una capriola. Pochi momenti come questo belli, della festa - egli dice - anch’io sono parte”.

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